Vita Nova - anno II - n. 5 - maggio 1926

LA "CENGIA MARTINI,, ED IL V. CHISONE 9 come comandante un uomo di fede, di fegato, energico e giusto, affettuoso coi dipendenti, impavido dinnanzi al nemico e pagante sempre di persona, primo fra tutti? Poco dopo terminato il corso il Martini, promosso maggiore, riceveva il comando del V. Chisone, che doveva tenere, con tanto onore, per quasi due anni, ed insieme gli veniva affidato l'incarico di prendere e mantenere la Cengia, che poi doveva prendere il suo nome. Cos'era questa famosa Cengia? Era una delle non poche posizioni paradossali di questa nostra gue~ra, ma, fra tutte, forse la più paradossale. Era una cornice di roccia sospesa a metà di una enorme parete discendente a picco dalla cima del Piccolo Lagazuoi, I I I • I i I I ( . ' t •.\ 1 H , I l ; • s~ Passo Falzarego. Una cengia non più larga, nei suoi punti più larghi, del marciapiede di Aragno, ma, a differenza di questo, non piana, bensì fortemente inclinata verso l'abisso. Una posizione che il V. Chisone riuscì a strappare al nemico per un miracolo di valore e che riuscì a mantenere per un miracolo di perseveranza, abnegazione e sacrificio. Posizione preziosa perchè, sebbene dominata d l l d l /='S!;ooJ• a tre ati da nemico, e quarto era essa stessa dominatrice e pre - /'o/"~/·-- cisamente a quello soprastante al Rio di Andràz. Da questo lato essa batteva il Passo di V. Parola, che costituiva un punto di transito obbligatorio per i reparti avversari ; e da qui essa prendeva d' infilata, di fianco ed alle spalle, le difese nemiche del Sass~ di Stria, q:.ielle di Monte Castello e di Settsass molestando così terribilmente gli Austriaci, che avevano giurato di riprenderla e quanto meno di cacciarne il presidio, sì che nessuno nè amico nè . . . nemico v1 potesse rimanere. . L' impresa poteva sembrar facile, perchè, come s'è detto, per tre lati era dominata dalle soprastanti posizioni nemiche, e quasi avulsa dalle nostre, colle quali di giòrno comunicava col telefono (spesse volte interrotto dalle artiglierie nemiche), mentre i rifornimenti dovevano farsi di notte e solo con nebbia. « I feriti gravi cd i morti (questi ultimi quando non si seppellivano prossimamente sul posto sotto la neve), dovevano - scrive il Colonnello Martini - venir calati con funi giù per il vuoto costituente l'abisso spaventoso sopra Falzarego, ravvolti in coperte od in sacchi »• E continua : « Attacchi furibondi di fanteria venivano sferrati, contro di noi, .preceduti da violentissimi e prolungati bombardamenti con largo uso di gas venefici, e da valanghe e da frane di sassi, provocati da numerosi barilotti • Biblioteca Gino Bian o di Denarit, da enormi bombe e da granate di grossi calibri. Contemporaneamente diverse mitragliatrici e molti gruppi di tiratori scelti molestavano le nostre spalle ed il nostro fianco destro, col fuoco e col lancio di bombe a mano e con rotolar di sassi. Ma tutto ciò, pur causandoci gravi danni e perdite e rendendoci l'esistenza tormentosa al punto da divenir difficile e pericoloso persino il soddisfacimento delle necessità più impellenti ed imprescindibili, non bastava a fiaccare il nostro animo, centuplicava anzi la nostra attività ed il nostro coraggio. Sicchè il nemico~ pur non desistendo dai consueti metodi di lotta, decise ZONR DI 1 : 250 .000 COL DI LRNR é, ~~rs _.., ~ss1a/?o -. 1 -,..ff"7 TCf"l-1H~ ,fr TO~t;f~~ Il . L~Gfì2U0t .. TOf'~""R I"' r· LAG~ZUOt .Ps.:~c;/~ha✓6:f'oos 1 ,,1 . ~ ./ lf> M . AVE Re;:> U ~/A7rc;?Z di ricorrere ad altre armi per sloggiarci da quella bolgia infernale; e si decise di ricorrere alle mine, che, nel suo intento, avrebbero dovuto farci saltare tutti in aria )>. Cominciò cosi quella, che A. Fraccaroli giustamente chiamò << Guerra di montagne , nella quale chi colpisce non è più l'uomo o l'arma dell'uomo, ma la roccia stessa, che tra volge altra roccia e con essa gli uomini che la presidiano. Duello terribile e 1neraviglioso, del quale rimarranno, nei secoli, i segni indelebili impressi nelle rupi immani dell'opera distruggitrice del piccolo uomo. Tre furono le mine fatte scoppiare dagli Austriaci, mentre la posizione era presidiata dal V. Chisone; una quarta segui nel settembre 1917; ed una quinta e definitiva sat ebbe dovuta brillare nell'inverno del 17- 18, se non fosse sopraggiunto Caporetto. È un vero peccato che la ristrettezza dello spazio non ci permetta più ampio resoconto, che, sulla scorta delle note favoriteci dal Col. Martini, stiamo per dare ora al lettore .

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