, . . • 12 UGO SPIRITO avere perfino il coraggio di apparire retori e d'indulgere a . una certa retorica. Quando l'Italia aveva perso coscienza di sè e troppi italiani brontolavano contro il loro paese e rinnegavano più o meno apertamente la loro italianità, la retorica ufficiale delle cerimonie patriottiche era veramente criminosa e vilissima. Ma oggi che la nuova generazione va .acquistando fede sempre maggiore nei suoi destini, ali' affermazione che pu~ apparire ed alle volte è retorica, ingenua e baldanzosa, non è più lecito opporre un giudizio meramente negativo e, peggio, lo scherno. In quella retorica è una grande speranza, una volontà nuova, una consapevolezza in pieno sviluppo. Dai residui retorici dobbiamo certo redimerci, '' . . . . . ma c e retorica e retorica, e oggi ·non possiamo correre il rischio di condannar quella che in gran parte appare tale solo perchè non si sa leggere in fondo ali' anima dei giovani e non si ha fede in essi. Il freddo consiglio del pedagogo può forse avere l'unico effetto di tramutare proprio in retorica quella che è passione. Discipliniamola questa passione, indirizziamola, rendiamola più prof onda e più seria, ma non cominciamo col metterla in dubbio. *** Quando s' intenda in siffatta maniera il nuovo imperialismo italiano, cadono tutte le solite obiezioni che ad esso si rivolgono con insistenza. E cade in primo luogo l'accusa di tardiva imitazione dell'esempio tedesco. Recen--- . temente il Ruffini, in un suo libro sui Diritti di libertà (Torino, Gobetti, 1926) con molto superficialismo osservava: '' E successo fra Germania ed Italia, dopo la guerra, il più inaspettato dei rovesciamenti di posizione, il più paradossale dei chassez-croisez, che darà molto da pensare ai futuri filosofi della storia. Partite in guerra, quella dalle buie selve dell'assolutismo, dell' imperialismo e del militarismo, e questa dalle piane soleggiate del liberalismo, della democrazia e della pacifica intesa fra i popoli, si trovano ora sospinte, l'una dalla sconfitta e l'altra dalla vittoria, lontano dal loro rispettivo punto di partenza, verso quello del proprio avversario. E non diremmo che nel cambio ci Biblioteca Gino Bian.co . abbia proprio guadagnato i! nostro ~ae~e ! An-• cora una volta invero, è 11 caso d1 ripetere:. Graeciacapta /erum victorem coepit. Solamente,. questa volta, non son~ fecondi. ge~mi di supe-· riore civiltà ed umanità, che 11 vinto ha tra-- smesso al vincitore, ma fermenti mortali .di degenerazione e regresso '' (pp. 118-119). E questo uno dei soliti equivo~i in . cui. s' incorre da chi si arresta a una cons1deraz1one puramente estrinseca e verbalistica del movimento fascista. Se imperialismo era quello. tedesco e imperialismo vuol essere quello italiano, l'uno eguaglia l'altro e il secondo ricalca le orme del primo: così si crede di poter argomentare, e non ci si accorge che tra imperialismo e imperialismo corre un abisso il quale ., svuota di ogni significato il confronto tentato. Certo, se in entrambi i casi c'è la consapevolezza di una volontà imperiale e però di una potente affermazione, se in entrambi i casi c'è la volontà decisa di conquistare un primato, non potrà non esserci anche una certa simiglianza in quelle manifestazioni che sono sempre state: le manifestazioni della forza. In un senso così limitato si eguagliano non solo l' imperialismo tedesco e quello italiano, ma tutti gl' imperialismi antichi e nuovi, di ogni nazione che si è voluta affermare nel mondo. Ma quando si tolga questa analogia che per la sua evidente indeterminatezza non può avere neppur I' ombra del significato che ad essa si vuole attribuire, bisogna riconoscere che tra l'atteggiamento dell'Italia d'oggi e quello della Germania di ·1eri non v'è identità di alcuna sorta. E se vogliamo guardare un po' più a fondo e vedere in che cosa propriamente ·consista la differenza essenziale, troviamo subito modo di orient~rci riportandoci a quel concetto di imperialismo che si è dianzi illustrato. Poichè quando per imperialismo s' intenda affermazione dì, personalità nazionale nel mondo, esso anzichè r~gione di identità diventa proprio il motivo più profondo di differenziazione dei popoli, sì che la volontà imperiale di uno non può significare. altro c?e la volontà appunto di distingu~rs1 d~ ~gm altro, e tra imperialismo tedesco e 1m.per~ahsmo it~liano non può restare che quest unica nota 1n comune: ·voler essere entrambi se stessi.
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