Vita Nova - anno II - n. 2 - febbraio 1926

VITA -NOVA di ·scritti~non possono essere che una m,assa di _errori. Anche tquando sono ispirati dal protagonista, c'è sempre di mezzo l'amor proprio, o ·almeno la vanità che non permette di svelare il male e ingrandisce il bene. Sono così pochi gli uomini franchi e di spirito superiore! E così, in questi scritti, si copia quello che sullo stesso argomento hanno detto gli altri prima di noi. E quello che non si sa, si inventa ". Più oltre Verdi si accusa di somma ignoranza musicale: " Nè creda che lo dica per blague. No: è la pura verità. Non ho quasi niente di musica in casa mia, non sono mai andato da un editore per guardare un pezzo, mai in una biblioteca. Sto a giorno delle cose teatrali non mai studiandole, ma sentendole in teatro. Se non producono in ine che ammirazione, le sento da capo a fondo ; se non mi fanno impressione, parto subito e non le sento più. Le ripeto, dunque, che io sono fra i maestri passati, presenti e futuri, il più incolto di tutti. Intendiamoci bene: cultura, non sapere musicale. Mentirei se dicessi che nella mia gioventù non ho fatti lunghi e severi studi musicali. E gli è per questo che mi trovo la mano abbastanza sicura, sia nel modulare, sia nel disporre_ le parti, sia nella sicurezza di ottenere quello che immagino, e quando scrivo qualche cosa di irregolare si è perchè la stretta regola non mi dà l'effetto che voglio, e perchè non credo nemmeno buone tutte le regole ora adottate ''. *** Dato il carattere di Verdi, possiamo capire la sua maraviglia allorchè seppe che un critico musicale si recava apposta al Cairo per assistere alla prima rap-- . presentazione dell'Aida. Lo ricorda Eugenio Checchi. Nel dicembre 1871 il Filippi, critico della Perseveranza, prima di salpare da Genova, volle recarsi a visitare il Maestro che abitava a Palazzo Doria. Per un quarto d'ora la conversazione andò benissimo. Poi Verdi chiese: " E che cosa siete venuto a fare a Genova? " " Oh, bella, per imbarcarmi! " " E dove andate, se è lecito? " " Ma, in Egitto! Non si dà, alla fine del mese, l'Aida? ". Chi ha conosciuto Verdi afferma che i suoi aggrottamenti di sopracciglia e le sue collere davano a chi ne era la causa I' impressione quasi di paura. E il Filippi confessò di avere avuto un po' di paura anche lui quando vide il Maestro alzarsi da sedere, battere un pugno sulla tavola, e lo sentì gridare e imperversare contro tutte le forme più sciocche della pubblicità, da lui sempre aborrite. " Andare al Cairo? E perchè? In gennaio o in febbraio l'Aida si dovrà dare alla Scala di Milano, e i signori critici possono benissimo aspettare un mese o due senza quell'incomodo del lungo viaggio ". Ci andava, forse, lui, Verdi, al Cairo? Il Kedivè di Egitto gli aveva offerta una cospicua somma se fosse andato ad assistere alle prime rappresentazioni. Ma lui non volle saperne. " No, no, • caro Filippi - · concludeva Verdi - questo vostro viaggio non ha senso comune : pigliatela come volete, Biblioteca Gino Bianc ma anche il fatto di venirmelo a· dire è per me qu8$i un 'offesa! " Nè ci fu verso di rabbonirlo. Il povero Filippi dovè battere in ritirata con la coda fra le gambe; ma partì lo stesso. Nel 1873 si vuole Verdi a Trieste per l'Aida ed egli scrive subito al suo editore : " Ricevo lettera della Presidenza di Trieste che mi invita ad andar là per la prima rappresentazione dell'Aida! Per Dio santo, ma sono dunque considerato come un ciarlatano, un pagliaccio che ami farsi vedere come un tompouce, un ouragoutang o un altro accidente? Povero me! Povero me! Non capiscono ancora, nè impresari nè direzioni, che se io sono andato per tre volte ad assistere all'Aida si è perchè ero certo che l'avrei fatta eseguire meglio di quello che potevano gli altri ''. Con maggiore calma ma con uguale fermezza egli scrive nel '75 al maestro Pedrotti che dirige a Torino: " Leggo sui giornali di una lettera che mi si vorrebbe mandare da Torino per invitarmi ad assistere ad una delle rappresentazioni di Aida. Ammettendo che in tutto questo ci sia qualche cosa di vero~ e· sperando sia in vostra facoltà impedir l' invio di questa lettera, prego cli volerlo fare, perchè io possa così evitare il dispiacere di rispondere con un rifiuto a un invito tanto cortese. Voi capirete, caro Maestro, che io posso e forse anche devo presentarmi al pubblico quando scrivo o assumo la responsabilità di un'opera mia .._ Ma questo non è il caso. Cosa verrei a fare a Torino? Verrei al solo scopo di farmi vedere e di farmi applaudire! No: non è mai stato nelle mie abitudini, anche quando ero al principio della carriera. Immaginatevi, poi, se potrei e vorrei farlo ora! Cercate, dunque, ve ne prego, di persuadere quei signori a rinunciare a questo progetto, assicurandoli, in· pari tempo, come io sia sensibile alla stiffili che vorrebbero manifestarmi personalmente ''. Il Pedrotti insiste ed allora Verdi scrive a Ricordi così: '' Stamattina ho ricevuta la lettera di Pedrotti in cui mi chiede se per tutta risposta, deve pubblicare la mia lettera. Gli ho mandato subito un telegramma autorizzandolo a stampare questa lettera, prima perchè sono così, sbarazzato da questa noia, e poi perchè vorrei anche che impresari e direzioni mi lasciassero un po' in pace. Figuratevi, non c'è paese in cui si diano o Don Càrlos, o Forza o Aida in cui io non venga invitato ad andare a una rappresetazione per fare quattro pirouettes sul palcoscenico! Perfino a Perugia, a Cremona, a Mantova ed ora perfino al Carcano per la Forza! Spero, così, che dopo la mia lettera, nessuno mi inviterà più pel solito balletto ''. Pubblicata ·la lettera nascono degli equivoci, sicchè Verdi deve spedire ai giornali una rettifica : " Non è il Senatore Verdi - egli scrive - che rifiuta di andare a Torino, ma· il Maestro Verdi che si rifiuta di fare il pagliaccio. Fatemi il piacere di far pubblicare in questo senso un piccolo cappello alla mia lettera·. Se pizzica e punge sarà meglio, perchè, ripeto, Pedrotti non ha fatto bene ''. Un uomo tanto semplice, non è a maravigliare • •

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