Vita Nova - anno I - n. 10 - ottobre 1925

.. l'intera qua<Jriga del peso di ben cinquanta tonnellate. Ogni tanto a Roma in .nome del1 'arte, si protesta contro qualche cosa ·,ma nessuno si fa caso. Oggi è la volta della Villa Aldobrandini. Questa magnifica dimora cinquecentesca, messa nel ~uore d1 i Roma, a Via Nazionale, presso il largo di Magnanapoli, è uno degli orgogli della Capitale. Durante e dopo la guerra il principe Aldobrandini la destinò munificamente a ospitare i reduci ciechi che impiantarono l~ngo gli ameni viali diversi laboratori, a.iutandoli, così, a sopportare la loro sventwa. Tutto procedeva bene quando, nel mese di ottobre del 1920, il prirncipe vendette la villa. Quasi subito dopo alla signorile eleganza di un teni~ po succedeva la maggiore incuria, e recentemente, in occasione di una mostra di arte tenutasi nella sua càsina, avemmo modo di notare in quale stato compassionevole fossero ridotti viali, aiuole e fontane. Oggi tutto si spiega. Una fitta fila di . carretti porta via la terra per dar posto a aree sulle quali dovrebbero sorgere grandi alberg-hi moderni. E non si 1f a nulla per impedire questa rovina. Non. so a chi il principe abbi!a venduta ,la sua villa ; ma chiunque ne sia il proprietario attuale, penso che non ha il diritto di rovinare a codesta maniera quello che deve considerarsi patrimonio artistico nazionale, e che .il Comune potrebbe e dovrebbe inteivenire. Il principe Al<lobra!ldini a un giornale che spiegava la ~·endita con le sue difficoltà economiche, ha risposto che essa non è stata originata da nessun dissesto finan1.iario e che in ogni modo al pubblico inon ,dovrebbero .interessare le ragioni per le quali si è disfatto deH 'avita dimora. Ma quando uno si chiama Aldobrandini se ha dei diritti ha anche dei doveri, e come il pubblico ne rispetta ed onora il nome, esso pure deve fare di tutto per conservare quel prestigio da cui dipendono rispetto ed onore. Pazienza se &i fosse trattato di dissesti finanziari: di fronte al bisogno non ci sono ragionamenti che tengano. ,Ma se, come egli dice, VITA NOVA . non fu :mosso da simili necessità, perchè to·lse a sè stesso ed alla cittadinanza una villa che era l'orgoglio della sua casa e del popolo romano ? Speriamo che chi ne ha la forza intervenga e vieti la distruzione di questa magnifica dimora cinquecentesca. Se no, iii pubb'lico non potrà ·mai perdonare al principe Aldobrandini di avergli sottratta, trovandosi ·a.I coperto dal ,bisogno, una così bella visione di verde, oasi riposante nel cuore della turbinosa Capitale. Mentre Villa Aldobrandini è . ' . . . ' . g1a passata 1n mani non p1u principesche, rl Palazzo Spada corre pericolo di essere acquistato dal Governo degli Stati Uniti che ne farebbe sede della sua ambasciata, oggi ridotta in una specie di ufficiolo indegno di una grande ,nazione. Certamente qui non si tratterebbe di manomissioni perchè il compratore è più nobile : ma il Palazzo diverrebbe dominio straniero con quanto decoro per l'Italia e con quanto vantaggio pel pubblico che non sarebbe ammesso più a visitarlo, è facile comprendere. Un paio di mesi fa 1'Associazione romana fra i Cultori di Arc·hitettura, prevedendo la cosa, emise un voto che lo Stato acqQistasse il maginifico edificio e Diego Angeli colse l'occasione per rifarne la storia e mettere in guardia il nostro Goverino sulla eventualità di una perdita così importante. Egli ricordava che gli Spada sono una famiglia estinta e che il Palazzo è adesso proprietà del principe Gino Potenziaini, ·marito dell'ultima femmina degli Spada, Donna Maria. In realtà il Potenziani ne è solo condomine, perchè degli Spada esiste ancora la duchessa donna Olga Spada •Montevecchio, proprie-- taria essa pure del Palazzo. In tutti i casi, se i.I Palazzo non può rimanere ai padroni attua·li, che stnza dubbio lo terrebbero con tutti gli onori, è augurabile che il Governo . lo acquisti.. Opera dell' aichitetto Mazzoni, cui venne commesso dal cardinale Capo di Ferro, questo edificio, ricco di sontuose, fantastiche decorazioni in stucco sulla facciata e nella splendida corte, è s·iblio ec • I Bi.a co ( unico nel suo genere, e sorge presso Via Giulia a pochi passi dal Palazzo F arnese in un angolo romito, che spesso sfugge agli stessi f orestieri. AJmpliato più tardi dal Borrominì, esso contiene raccolte di arte preziose, fra cui in· prima linea, la statua di Pompeo, rinvenuta nel 1553, ed otto bassorilievi alessandrini raffiguranti scene mitologiche gr.eche. Nei p.iaini superiori vi è, infine, :la GaHeria ricca di quadri del Guercino, Reni, Caravaggio, Pietro .da Cortona, ecc. Degli attuali proprietari del Palazzo abbiamo già detto: avvertiremo, per chi non lo sapesse, che oggi esso è sede del Consiglio di Stato e che il pubblico è sempre amn1esso a visitarlo. Ed allora sorge di nuovo logica la domanda : perchè jl Governo, che già lo tiene in fitto, nòn ne fa acquisto ? In questo modo sarebbe evitato il pericolo di qualsiasi futura ·manomissione o intrusione, e i diritti dell'arte e quelli del popolo romano, che pure conta qualche cosa quando si parla di edifici consacrati dalla storia, sarebbero protetti. Come di consueto ali 'Istituto di Belle Arti si tiene l'esposizione annuale dei saggi degli allievi dei vari corsi.' Dico di consueto perchè una volta si usava tenerla alla fine · di ogni anno solastico. Ma bisogna avvertire che da un triennio l'usanza era rimasta nel regno dei ricordi. Oggi si ripristina e, speriamo, per riprendere il suo ritmo normale. lnf atti questa specie di pubblico riconoscim,ento del loro lav9ro e della loro inteHigenza è un degno premio per quegli alunni che mostrano di coltivare l ~ arte con passione: stimola le loro energie, so·- stiene il loro amor proprio, desta la emulazione, giova, insomma, come corroborante dello studio. L'Istituto di Belle Arti di Roma ha un complesso di insegnanti veramente ottimo. Si spiega che gli allievi apprendano. La mostra, per quanto lo permettono i locali, scarsi di luce e di capienza (come è noto, sono quelli di un vecchio convento) ,è prdinata tbene. Ciò torna ad onore di Pietro Canonica, direttore dell'Istituto e del corso di •

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