Vita Nova - anno I - n. 10 - ottobre 1925

VITA NOVA 29 sono esservi dei fatti politici che non hanno nessun fondamento nell'ordine economico. . Esempi di questa constatazione, ed eloquentissimi, sono la rivoluzione inglese del 1689 che inaugllrò il regime rappresentativo in Europa, il nostro Risorgimento, e la stessa guerra mondiale che è inspiegabile come fatto economico,- ma che diventa chiarissima qualora la si guardi come conclusione di una crisi politica e morale. · · La presente crisi eLropea è crisi squisitamente politica poichè non colpisce l'attuale assetto economico, bensì la struttura politica degli stati. Le condizioni economiche dell' Europa d'oggi sono migliori di quelle dell'anteguerra : le classi medie stanno riprendendo il ritmo regolare della loro vita, quelle operaie hanno acquistato vantaggi notevolissimi, e qui anzi è uno dei principali nodi della que- . . . ' . st1one su cui torneremo p1u avanti. Il vero ed ormai individuato centro infettivo è lo Stato. L'istituto parlamentare, in mora già nell'anteguerra, è ormai screditato, e ridotto da· presidio della libertà ed organo della volontà popolare, a sede riconosciuta delle dispute di partito. . 11 regime democratico è ovunque nelle mani di uomini vecchi, non deprecabili per l'età, e stimabili anzi per l'esperienza, ma irreparabilmente figli del tempo in cui si formarono le loro prime esperienze. .,, È assurdo pensare che nuovi uomini possano sortire dai partiti esistenti, dal momento che nei limiti segnati da questi chiunque deve accettare la I ' ' '' rea tà cosi com e. ~· Del resto, esemplificando, ce ne danno una riprova il fallimento del tentativo laburista in Inghilterra, e di quello socialista in Francia. Notiamo che salendo al potere, nè Herriot nè Mac Donald hanno espresso propositi, o, tanto meno, tentato fatti rivoluzionari. Erano dei buoni borghesi, simpatizzanti col proletariato, che dinanzi alle responsabilità e al peso, diretti, del governo, rimandavano a tempi migliori il loro socialismo, anche gradualista. ·Che cosa fanno tuttora le masse lavoratrici ? Ce lo dicono i fatti: gettano ponti verso i partiti estremissimi, consolidano la loro forza nei sindacati, e considerando lo Stato come il nemico più prossimo, sferrano contro di esso tutti gli attacchi. Così, preso fra l'impotenza dei. ceti dirigenti, il decadimento delle proprie istituzioni, e la ferrata organizzazione delle forze operaie, lo Stato moderno si sfalda e minaccia rovina. La tesi bolscevica sostiene che ove il potere passasse nelle mani del proletariato la crisi sarebbe risolta. Ma la Russia c' insegna che lo Stato bolscevico non è lo Stato proletario, sibbene lo Stato di una classe di politici, in cui fra pochi proletari ci sono moltissimi non proletari. Il che dimostra che anche una rivoluzione proletaria non potrebbe mutare la sostanza dello Stato che in quanto forza spetta ad una élite di uomini, ad una classe politica dirigente. Biblioteca ■ IO ■ 1anco • La soluzione bolscevica potrebbe provocare lo sfacelo dello Stato attuale, ma dopo ci ritroveremmo negli stessi termini di oggi, dinanzi al problema. I liberali e i democratici per conto loro di fronte alla minaccia si chiudono nel campo trincerato delle formalistiche libertà, senza avvedersi che di queste i loro avversari si servono per rovinarli. I conservatori avrebbero velleità di. resistenza, la loro tattica è in tutto simile a quella degli struzzi che per sfuggire al cacciatore nascondono la testa. La morale della favola non è difficile. · Il problema quale si presenta oggi è complesso ' . . \ e puo r1assumers1 cosi. Lo Stato liberale ign9rò le masse confidando agnosticamente che ogni conflitto sociale, ogni aspirazione politica potesse risolversi in un astratto dibattito di principi, in una vaga imprecisione di formule e di programmi, quali sono quelli che muovono i partiti politici. Al di fuori di questa realtà si producevano due fatti : il sorgere del socialismo rivoluzionario e d·el sindacalismo, lo specifìc~rsi della vita moderna in una complessissima varietà di funzioni, cui per niente poteva rispondere la vita dei partiti. Se il socialismo rivoluzionario fallì alle prove, assorbito dal politicantismo, e snaturato dal borghesizzarsi dei suoi capi, rimase però come uno stato <li fatto la nuova realtà della vita associata, quale divisione di compiti e di funzioni che pertanto non si esprimeva in nessuna forma politica. Lo Stato insomma respinge o quanto meno ignora la funzione sociale del cittadino che appunto vive oltrechè come partigiano di un gruppo politico, come cellula di un organismo che è la Nazione. S' intende che ove questo cittadino appartenga alle classi lavoratrici esso cercherà di far valere la sua funzione riunendosi in un sindacato e dichiarandosi sovversivo, non propriamente per sovvertire l'ordinamento statale, quanto per strappare allo Stato . . concess1on1. · Si tratta allora di assumere, e di incorporare entro lo Stato il cittadino-produttore. ' Come? si domanda. Non certo con una semplice partecipazione al Governo, come vorrebbe il socialismo riformista, nè come consentirebbero i liberali, permettendogli di contrapporre e di sovrapporre i propri interessi a quelli dello Stato. · Il cittadino-produttore dovrà entrare nello Stato come espressione politica di una funzione sociale che egli ha nella Nazione. ~,·--S~i è compiuto il ciclo in cui il cittadino liberatosi dal giogo opprimente dello Stato, ha formato la propria personalità politica, che l' ha fatto sconfinare oltre dai limiti dell'interesse statale. Varcando questi limiti si minaccia però di rovinare lo Stato. Oggi appunto occorre ricomporre entro lo 'Stato il cittadino e il produttore, accordare lo Stato sovrano col suddito libero ed unirli in una indistruttibile unità . , I ' •

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