\ VITA NOVA come nel 1 ° volume: non inveisce più contro i sup..- posti reazionari del Parlamento, per giustificare la sua condotta benevola verso i socialisti; è più calmo, più obbiettivo; come pure, bisogna confessare, che giudica il Nitti in modo molto severo per i suoi rovinosi atti di Governo; e in qualche parte anche deplora finalmente la condotta dei socialisti. Parlando dell'occupazione delle fabbriche, confessa che essa, io tutti i suoi episodi concomitanti, non . rappresentò che lo sfogo supremo di quella situazione rivoluzionaria, che si era lasciata formare sotto il precedente Ministero Nitti; e confessa che in dette occupazioni ci fosse una vera preparazione a scopo rivoluzionario; e ciò fu poi provato dal fatto, che dopo terminate le occupazioni, furono sequestrate in molte fabbriche occupate ed in ogni parte del paese, oltre a parecchie migliaia di fucili e rivo},. telle, e bombe a mano, ed armi bianche di ogni genere, circa cento tonnellate di chiadite e di nitro glicerina; ed aggiunge che ci è da presumersi che molta parte delle armi e degli esplosivi fossero state portate via · nello sgombero, che fu compiuto dagli operai volontariamente, e senza contrasti, e quel notevole residuo, così abbandonato, può dare la misura della mole di quella preparazione. Confessa che fu una fortuna l'essere stato prevalente in un convegno indetto a Milano dalle varie organizzazioni socialiste per discutere se il movimento avesse dovuto essere spinto ad una decisiva azione rivoluzionaria e che, il buon senso, specie da parte delle organizzazioni che rappresentavano le masse lavoratrici, evitò al paese episodi sanguinosi. Confessa che gli operai che avevano effettuato l'occupazione in ogni parte non erano meno di seicentomila, e che i caporioni comunisti si ripromettevano di fare uscire da quel movimento la vera e propria rivoluzione sociale come era avvenuto in Russia. Questo scrive Giovanni Giolitti nel capitolo ottavo delle sue memorie, in un momento di reale ravvedimento; ma poi ritorna alle solite sue giustificazioni per non avere fatto il suo dovere verso la patria; e dice che egli e·bbe sin dal primo momento la chiara e precisa convinzione che l'esperimento non avrebbe potuto a meno di dimastrare agli operai l' im..- possibilita di raggiungere quel fine. Non mi dilungo a seguirlo in tutte quelle astruse argomentazioni che scrive per giustificare la sua indifferenza di capo di Governo, Ministro dell'Interno, di fronte ai preparativi di una formidabile rivoluzione con lo scopo di distruggere la nazione Italiana. Egli non ardì opporsi al colpevole tentativo dei socialisti; ma dopo abbandonò il potere non ostante che la sua devota maggioranza alla Camera gli avesse dato un voto favorevole. Perchè abbandonò il potere che egli aveva sempre agognato· e che, per ottenerlo, aveva anche ricorso a mezzi tanto nefasti al Governo della sua patria? Egli espone alcune ragioni che l'indussero a questo atto finale della sua vita politica. Le mie impressioni però • Biblioteca Gino • 1anco ·non corrispondono alle sue ragioni. Giunto egli ad una età nella quale non si pensa più a nuove lotte, a nuovi' eventi; ma si medita pi~ttosto sul passa~o, si è presentato alla di l_ui.memoria la sua lun,ga vita di Presidente del Consiglio quale realme~te e. stata: senza illusioni senza speranza. Nel turbine d1 tanti ricordi ha do;uto finalmente riconoscere gli errori da lui commessi per la malsana mania del potere; la libertà lasciata ai partiti rivoluzionari pei loro tristi scopi, per renderseli benevoli; !a f~coltà data _aiDepu: tati della sua maggioranza d1 disporre dei prefetti col danno della giustizia e della moralità nei loro collegi. Insieme a questi ricordi, dinnanzi a!la su~ coscienza, si sono presentate le consegu~nze d1 questi errori che chiamerei follie, per non chiamarle colpe, i pericoli corsi dalla patria e dalla dinastia, alla quale nel fondo dell'animo suo, come buon Piemontese, è fedele; e addolorato di questo passato, che alla sua età si presentava freddo, senza illusioni, ~a se~tito il bisogno di cancellarlo dalla sua memoria; e non potendo far ciò, ha fatto l'estrema risoluzione di ritirarsi dalla via battuta, e per sempre. Queste sono le mie impressioni intorno alle ragioni che l' hanno spinto· ad abbandonare la vita di capo di governo. Risvegliatosi dalla pericolosa incoscienza, prodotta in lui dalla esagerata ambizione di esercitare sul suo paese il potere di uomo di stato, si spaventa del male che gli aveva fatto e si ritira nelle sue Valli Alpine. E conchiudendo ripeto, se si vuole ricercare la ragione vera dell'opera sua di governo, tanto rovinosa per l'Italia, si deve ricercarla, nella sua eccessiva ambizione; e quindi nel suo interesse personale. Egli ambiva essere continuamente capo del governo· del suo paese. I dieci anni dal 1892 al 1903 furono anni tristi per l'animo suo. Furono anni tristi perchè nulla potè fare per raggiungere il suo ideale. La fallenza della Banca Romana durante quel suo primo ministero; l'essere stato egli, forse ingiustamente, accusato di certe responsabilità; i processi, le inchieste, gli scandali di ogni sorta, derivati da questa fallenza, gettarono una fosca luce su lui, capo del Governo, che non volendo rinunciare alla sua carriera di. Presidente del Consiglio, nè esporsi con coraggio ai feroci attacchi degli energumeni dell'estrema sinistra, dovette fare la risoluzione di non provocare in alcun modo I' ira dei partiti rivoluzionari. La parte sana della Camera non comprese l'intimo programma del Giolitti. La Destra, ehe era più diret..: t~m~nte d_a_lui att~ccata, era già priva dei suoi magg1or1uomini, quasi tutti spariti. Il Rudinì, rimasto a c~po di quel glorioso partito, non reagì contro gli attacchi del Giolitti diretti particolarmente contro il Cri spi, -che. egli odiava. Tutti gli altri componenti d~l,la vecchia Destra avevano perduto la combattivita .e. non amavano apparire meno liberali degli altri partiti; benchè non si trattasse di vera libertà e di libertà per la parte onesta della popolazione itaiiana. E così anche 11Centro e la Sinistra. Solamente nel ....
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