VITA NOVA suo svolgimento, gli dètta. Egli non si domanda, a priori : come governerò? con la libertà o contro la libertà? Con i più o con i meno? Invaderò i campi dell'attività privata o lascerò fare e lascerò passare? Sarò per lo Stato giuridico o per lo Stato di cultura? Permetterò o vieterò organizzazioni di partiti e di classi? .Terrò soggetta la Chiesa o la tratterrò da par,i a pari? Queste e altrettali domande sono, per il buon politico, perfettamente melense. Egli sa che chi governa non può e non deve im.pegnarsi in alcuna ideolqgia; che i principi non valgono per sè stessi, bensì per l'applicazione concreta che se ne fa nella storia; tanto vero, che principi opposti possono condurre a identici effetti reali. I Termidoriani e i Realisti volendo combattere, in r1ome del legittimismo e della reazione, gli eccessi commessi dai robespierrani e dai giacobini, in nome della Rivoluzione, s' incontrarono nella stessa politica terroristica. Il Terrore bianco valse bene il · ·Terrore rosso. Che senso ha dunque la politica dei principi? Tutto è mutevole ed elastico in politica, perchè tutto è mezzo rispetto all'unico fine che è la vita e l'onore dello Stato. Questo solo principio è assoluto; ogni altro è relativo, serve a quello e si conforma alle sue ideali esigenze. *** Abbiamo detto che ogni politica vera è esplicazione di energia e prodt1zione di forza; e tale è soltanto quella politica che non ha basi ideologiche e dottrinarie, ma che posa, invece, su terreno storico. Resta da provare ora che una tale politica è quella che si accorda colla morale. Il pregiudizio di un preteso conflitto tra morale e politica va spazzato al più presto dal nostro campo, come quello che incrina e debilita la solida compagine dell'arte di governo. Un tal conflitto non c'è nè ci può essere; e il giorno che fosse possibile, lo Stato stesso crollerebbe, perchè lo Stato, massimo tra gli organismi morali, perderebbe la sua intima forza di coesione. Gli antichi, per i quali la vita morale non era che un riflesso della vita . politica potevano non porsi il problema dei rapporti di morale e politica. Queste due attività dello spirito facevano uno ai loro occhi, ì Biblioteca Gino ■ 1anco come il cittadino era tutt'uno con lo Stato : . erano un' identità indistinta. Il problema, invece, è più vivo che mai per noi moderni, che siamo stati scaltriti dal Cristianesimo a distinguere una ·vita interiore dalla vita esteriore, una legge della coscienza dalla legge del diritto e dello Stato. Orbene, è in forza di questa · distinzione che noi ci domandiamo se la cosi,., detta ragione di Stato possa costituire.una deroga alla comune coscienza nÌorale. E permesso allo -Stato fare quel che ali' individuo è interdetto? Può .lo Stato peccare, senza far peccato, contro i comandamenti divini? E consentito, in poliP' tica, offender la vita umana, spogliare altri del suo, mentire, frodare, e operare consimili cose che basterebbero a dannar l'anima dell'uomo singolo? Sembra che di fronte a tali dubbi non si diano ·se non due vie di uscita: o dire che lo Stato è sottoposto, egli pure, alla comune legge ffiorale, e quindi non possa sfuggire alle sanzioni che colpiscono I~individuo, che trasgredisce quelle leggi; o giudicare che lo Stato è addirittura di là dalla legge morale, di là dal bene e dal male, e perciò a lui tutto sia consen- . tito senza eccezioni, quante volte si tratti della sua salvezza . .E ~l salus publica suprema lex romano, che si riproduce nella celebre sentenza di Macl1ia~- velli: il fine giustifica i mezzi. E in verità sem,., bra che Machiavelli si adoperi a sciogliere lo Stato da ogni vincolo morale, e a creare il tipo dello stato, se non immorale, certo amorale. Dico «sembra», perchè, chi ben guardi, l'assoluto immoralismo del Segretario fiorentino, è un argomento polemico costruito dai suoi avversari più machiavellici di lui, a cominciare dai Gesuiti fino a Federico I I di Prussia autore dell'Antimachiavelli. Dove il concetto di egoismo, di utilità personale, di bene particolare è superato, ivi si entra già nella moralità ; e la virtù machiavellica, questa virtù che campeggia in tutte le sue opere, anche col nome di bene comune, trascende il tornaconto particolare, gli si oppone come bene al male, ed è .tutt'uno col bene della patria. Attraverso questo concetto di abnegazione dell'egoismo personale, nell' interésse supremo ed esclusivamente idealistico dello Stato, si entra difilato nel regno della moralità. ,
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