r .- ) STILE DI GOVERNO ' I Una frase che accade di notare sovente, in aspro rilievo, nei discorsi di Mussolini, è « stile di governo». Siccome Mussolini .- l'antirètore _per eccellenza, tra ttitti i politici antichi e .moderni - non è uomo da invanire della frase rotonda, çonviene dare a questa u11valore più che letterario•. Almeno, s~ per letteratura s' intenda lo studio della forma ornata e della locuzione strombettante. Certo, anche la locuzione mussoliniana, battuta a martello nella fucina dell'azione, e non colante, viscida bava, dalle accademie democratiche, deve imporsi alla considerazione de' letterati. Quella prosa scarna e ossuta, tutta cose e idee, che pur zampilla a volte in un ascendente lirismo e ricade in una spruzzaglia di ironici motti, quella prosa che non è ambiziosa di nulla (ambitiosa recidit ornamenta) salvo che. di energia, passerà ai posteri come modello di prosa politica. Ma non è un'energia verbale, sì bene una reale energia, quella che rompe dalla personalità del Duce: qui bisogna cercare il segreto del cosidetto « stil~ di governo ». L'energia è elemento essenziale della politica; anzi, più ancòra, tutta la politica. Solo chi ignora la• sostanza ideale dello Stato, può credére vi sia altra forma di governare fuori del1' energia e della forza. Lo Stato è volontà, lo Stato è potenza: possiamo dir-meglio, volontà di potenza. Un uomo, una famiglia, un ceto, una classe, vuole, con la forza, predominare su altri uomini e ceti, sulle altre classi -e famiglie: su tutti. E da questi non esige consensi, ma obbedienza, non convinzioni ma soggezione. La volontà della maggioranza o di tutti, la cosidetta sovranità popolare è un mito che non ha neppure il pregio della bellezza. Lo Stato è creato·, all'opposto, contro la volontà del popolo. Nato, il più delle volte dalla guerra o dalle rivo- . luzioni, è la volontà di una minoranza che s' impone alla totalità dei consociati. Tutte le altre teorie che si formulano, per spiegare l 'esistenza dello Stato (compresa quella democratica , Bibliot ca Gino Bianco della sovranità popolare e del contratto sociale) sono travestimenti dell 't1nica teoria ver.a, che è quella della forza. Le dottrine, che sembrano così squisitamente umanitarie, di Rousseau, non fanno che spostare il centro di gravità della forza politica dal re al popolo, non fanno_ che sostituire l'assolutismo del demo ali' assolu_- tismo del monarca di diritto divino. La Rivoluzione non fece che mandare ad effetto, di un sol colpo, il programma che la monarchia realizza va progressivamente: la cen-- tralizzazione del potere. Essa soppresse il Parlamento, il clero, la corporazioni, la nobiltà, per non lasciare sussistere se non il potere centrale di fronte alle massa degli individui ridotti. allo stesso livello dall'eguaglianza politica. Ma, in fondo, quale differenza tra la Convenzione e un qualunque monarca asso,., luto, si chiami Luigi XVI o Federico I I o Napoleone I? Non continuò la Convenzione le tradizioni dell'assolutismo, giustificando, per via della ragion di Stato, l'esecuzione di Luigi XVI e le crudeltà del Terrore? . Che lo Stato sia essenzialmente potenza non è dunque una scoperta del Fascismo; è una verità vecchia da quanto la storia; èhe la politica sia uno spiegamento di forze, e non una serenata di amore, sotto la finestra delle nazioni, non è una trovata del nuovo regime, ma una lezione che ci dà la storia da quando esistono forme, siano pure le più rudimentali, di ~eggimento politico. La differenza tra il fascismo e le altre dottrine politiche, che più gli dissomigliano è nella concezione della forza e della potenza. Secondo la concezione democratica la forza è, rispetto allo Stato un fattore . ' contingente: ossia non consustanziale e necessario allo Stato, ma venuto dopo a cementare Hn contrasto liberamente stipulato dai consoc~ati..Nec~ssario, ~ioè, solo. nel caso che questi ric~s1no d1 adempiere gli obblighi contrattuali, e ~1 ?ebbano essere astretti loro malgrado. Per noi, invece, la forza è originaria e immanente;
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