Vita Nova - anno I - n. 8 - agosto 1925

NEO-CLASSICIS!'10 Se un Greco antico o un Romano potessero risuscitare, troverebbero, credo, prive di senso le nostre interminabili disputazioni sul classicismo. Sono secoli che se ne disputa e ancora non si è riesciti a capire a quale parte della realtà concreta debba e possa applicarsi questa etichetta. In teoria il concetto della classicità appare nitido come una formula geometrica : ma quando si tratta di applicarlo, ogni preci- • • s1one svanisce. Cosa si intende, comunemente, per classico? Questa parola può avere due significati. Uno più ristretto, limitato ali' arte e alla letteratura ; uno più vasto, che si identifica con una concezione generale del mondo e della vita. . Artisticamente, chiamiamo classica un'opera che si conforma a certi limiti, a certe regole, desunte, più o meno arbitrariamente, dai modelli ellenici. Filosoficamente, è classico ogni sistema poggiato sull'autorità, sulla tradizione, sul riconoscimento di regole assolute e di verità obiettive. Al contrario, romanticismo sarebbe sinonimo di soggettivismo, di individualismo, di rivoluzione. Chiaro? Sembra. Ma se ora tentiamo di applicare questi concetti, di classificare secondo di essi uomini, opere ed istituzioni, ci accorgiamo subito che l' elemento classico e il romantico sono talmente compenetrati e fusi da rendere impossibjle districarli. Per di più, quasi sempre il classicismo artistico e letterario fa a pugni, nello stessa opera, persona o età storica, con il classicismo fìlosofìco. Non vi è, insomma, fra arte e fìlosofìa, fra arte e· politica, parallelismo. E anche dal puro lato artistico un autore può essere classico e romantico ad un tempo. Parrebbe un paradosso ~e non fosse invece la storia! Cominciamo ab ]ove, cioè da Omero. Potrei dimostrare che il più grande poeta della classicità era un romantico. Del resto, credo che qualcuno I' abbia fatto ·prima di me. Lasciamo anBiblio a Gino ■ 1anco dare. Saltiamo, per far presto, dall' età antica al medio evo: da Omero a Dante. Non c' è dubbio, per chi consideri le idee _di Dante, che egli era un classico. Pure la sua arte non fu sempre giudicata tale. Lecomte De Lisle, il capo della scuola parnassiana, che di classicismo doveva intendersene, classificò Dante fra i poeti barbari. E Giuseppe Rensi, in Italia, gli fa eco. " Possiamo del resto allargare la controversia a tutto il Medio Evo. Dominato, come il suo poeta, dalla grande idea cattolica e imperiale, il medio evo è dunque l' età classica per eccellen~a? Sostenerlo mi sembra un po' azzardato. I classicisti moderni, a cominciare da Carducci, sono pieni di invettive per l' età tenebrosa. Viceversa, come tutti sanno, i romantici fecero di tutto per risuscitare le idee e le forme del1' età di mezzo. D' altra parte, data l' antitesi storica che vi è fra Medio Evo e Rinascenza, se noi chiamiamo classico il Medio Evo, dobbiamo chiamare romantica la Rinascenza. E infatti la Rina-- scenza non è forse umanesimo, cioè individualismo? L'umanesimo del Rinascimento è in un certo senso l' equivalente latino del protestantesimo. Parrebbe a prima vista il contrario. Ma, nell'un caso e nell' altro) è l' individuo che si ribella alla tradizione, sia pure appellandosi, come spesso avviene, a una tradizione più antica; cioè, gli umanisti alla civiltà pagana, a Platone, i protestanti al cristianesimo primitivo ... Or dunque la Controriforma, che reagisce al protestantesimo e in certa misura anche ali' umanesimo, ci appare come la restaurazione della classicità contro i classi~i. Ma se giriamo l' occhio alla letteratura del seicento secolo cattolico per eccellenza, ci troviamo in 'piena ribellione contro il classicismo. I secentisti tendono al futurismo. ~asciai:no a Benedetto Croce fare l' apologia dell Arcadia e a traverso il settecento, secolo

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