Vita Nova - anno I - n. 8 - agosto 1925

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• ANNO I. Numero8 AGOSTO 1925 Conto corrente con la posta Pubblicazione m nsile illustrata dell'Università Fascista di Bologna ABBONAMENTO ANNUO LIRE 60 ) FONDATORE: LEANDRO ARPINA TI DIREZIONE E AMMINISTR. - CASA DEL FASCIO BOLOGNA - VIA MANZONI, 4 - TELEF. 4-52 EDITA A CURA DELLA CASA DEL FASCIO DI BOLOGNA ~ VIA MANZONI, num. 4 • · o Bianco NUMERO SEPARATO LIRE 6,- • •

.. Biblioteca Gino SOMMARIO - e ontrori/orma GIUSEPPE SAITT A VOLT - .Neo-Classicismo C. C. - Un pittore italiano: EdgardoCurcio ARMANDO CARLINI · - Il Cattolicismolaico nella scuola italiana ATTILIO FRESCURA - Tele, acqueforti e smalti di un " Giramondodi Romagna,, ERNESTO CODIGNOLA - Scuola e Fascismo MARIO SANDRI - Una fiaccola di italianità: Zara GIOVANNI PÉRÈS - La filosofiadel Fascismo DANTE MAN ETTI - Italia sconosciuta RASSEGNE: Politica interna Politica estera Filosofiae letteratura Cultura Fascista Politica scolastica EconomiaPolitica RECENSIONI: - CARLO CURCIO - WIDAR CESARINI SFORZA - EMILIO BODRERO - G. L. MERCURI - GIUSEPPE SAITT A - GINO ARIAS VINCIGUERRA - Un quartodi secolo (V. Piccoli) GEORGE V ALOIS - La révolutionnationa_le (V. Piccoli) RUGGERO PILLETT - Le preghiered'amore (G. L. M.) QUESTIONI DEL GIORNO: Note di B. B. NOI E GLI ALTRi: Spunti polemici di RUSTICUS DOCUMENTI PER LA STORIA DEL FASCISMO: -------------------- Il discorso del Ministro Rocco a Perugia LEZIÒNI DELL'UNIVERSITÀ FASCISTA G. GENTILE - Libertà e liberalismo - G. SAITTA - Il matrimonio - Religionee Stato - V. MASI - L'organizzazionedel lavoro - La produzione. - I. GEMM·A - Diritto internazionale ■ 18 CO

CONTRORIFORMA Alcuni scrittori fascist_iper una reazione naturalissima alle forme liberali e socialistiche si rivolgono con senso nostalgico al periodo della Controriforma, la quale rappresenterebbe ai loro occhi la vera tradizione italiana che è tradizione essenzialmente cattolica, ed esprimerebbe il senso più profondo della autorità, che il Fascismo si ·è proposto di restaurare. Anche in questo tentativo di riesumazione di un periodo definitivamente tramontato codesti scrittori non sanno essere per nulla originali : essi, senza che forse ne abbiano chiara coscjenza, condividono gli entusiasmi artistici di un Sten-- dhal o di un Baudelaire o di altri letterati segnatamente francesi. Giacchè precisamente noi italiani, che cerchiamo da circa un ventennio di rifarci una coscienza che sia tutta nostra, spesso non facciamo altro che riecheggiare idee o concetti che ci vengono d' oltralpi, dimenticando quelle che sono le ragioni stesse della nostra vita nazionale e quindi del nostro essere stesso. Ma ciò che può sembrare paradossale è questo, che l' appello ad un ritorno al periodo della Controriforma si fa in nome della tradizione italiana. Può darsi che codesto appello sia effetto di un ·estetismo che corrode ancora l' anima italiana, e quindi di un decadentismo, contro cui, ad ogni modo, occorrerebbe prendere posi-- zione di battaglia. Ma può anche darsi che esso sia il risultato di una immaturità politica e storica, che bisogna battere spietatamente in breccia, perchè il Fascismo non ne sia avvelenato e consunto. Difatti la concezione fascista ha avuto nel1' anima italiana una prof onda risonanza, perchè . ' . . essa s1 e presentata come una 1ntegraz1one e uno sviluppo mirabile del nostro bel Risorgimento, il quale come instaurazione del sentimento nazionale non potè non essere fieramente avverso alla Controriforma. Gli stessi cattolici neoguelfi · o cattolici liberali come Gioberti, Balbo, Capponi, Lambruschjni, ecc., scorsero nella concezione puramente legalitaria della Biblioteca Gino Bianco Controriforma il nemico più formidabile della formazione e della costituzione dell' Italia come nazione. Essi avevano capito chiaramente questo, che la Controriforma si identifica perf ettamente col Gesuitismo, e il Gesuitismo significa arresto definitivo della spiritualità umana e indiamento della autorità, che non è poi se non una determinata autorità. Solo certi fatui nazionalisti· che hanno un candore storico che può fare il paio con quello democratico possono nei loro sogni di restaui;-azione austriaca o clericale invocare un ritorno àlla Controriforma. Il . Fascismo che è espressione possente dell'anima del popolo tende innegabilmente alla restaurazione dei valori morali e religiosi, ma non può identificare, pena la sua morte, la sua politica con la politica della Controriforma. Con ciò non intendiamo per nulla negare i meriti grandissimi che questa ebbe indubbiamente nell'epoca turbinosa in cui sorse e si sviluppò, ma è da stolti non tener conto del fatto che essa coordinò tutte le 1nanifestazioni spirituali ali' unico scopo di consolidare il potere politico del papato. In altri termini, la Controriforma non è se non l'espressione più tipica, più rappresentativa, della politica papale, e come tale essa va giudicata. I suoi teologi--filosofi come il Suarez, il Bellarmino e il Mariana non ebbero altra mira che quella di fondare saldamente l' assolutismo papale, che voleva significare annullamento di tutti gli altri poteri e specialmente del potere statale concepito come contingente e dovuto solo al consenso popolare. Essi si ponevano sulla stessa linea dei giusnaturalisti o contrattualisti, ma per porre in grande rilievo I' unico potere, che è appunto quello papale, indiscusso e indiscutibile, e quindi irrazionale, dispotico. Ora una tale concezione dell' autorità rigida ed irrazionale può presentare una certa seduzione o un certo fascino presso popoli deboli, decadenti, che non hanno acqui-- stato o hanno perduto la coscienza della propria personalità, ma non può non essere ripudiata interamente da tutti coloro che sentono tutto il •

r .. • 4 ----------------- _____ ~:.,:___!!!!'!-~ VITA NOY A -- - ---- -- - . valore immortale, eterno, della personalità uma-- na. L'autorità è forza, ma guai se questa forza non è interamente pervasa dal lievito del con-- senso : essa diventerà un mito qualsiasi non meno nefasto di quell' altro mito, che è la libertà. Occorre l'autorità ferma, inflessibile, ma essa non può fare a meno della libertà se vuole ope-- rare nella realtà del popolo, che è la realtà spiri-- tuale. E quindi mettiamo da parte la Controri~ forma, ma anche la Riforma. L'una e l'altra non esprimono prese in sè che due. posizioni unilaterali, parziali, false. Nella prima è il concetto dell'autorità come necessità ferrea, a cui non è lecito sottrarsi: nella seconda è presente il concetto della spontaneità, della libertà, ma la spontaneità e la libertà sono dell' individuo, e però rappresentano il regno dell' arbitrio. A cui si rivolgono con animo accorato gli .antifascisti di tutte le gradazioni, eredi di qu·ell'illuminismo che fu il risultato più grandioso dello spirito della Riforma e del Rina-- scimento. Dunque, nè il Cattolicismo, nè il Pro-- testantesimo possono offrirci considerati nella loro peculiare politica le ragioni vere della na-- tura dello Stato moderno, che si è rivelato come una cosa sola colla natura della nazionalità. La quale non può essere cattolica per la stessa ra-- . . ' . g1one per cui non puo essere protestantica o buddistica o maomettana: essa è la sintesi origi-- nale dell' autorità che è libertà e della libertà che è autorità. Questo, se non ci inganniamo,. espri-- me nella sua prof onda anima il Fascismo, che vuole essere ed è realmente tutt' uno colla nazione. Ma chi dice nazione, dice assoluta autonomia, cioè capacità assoluta a governarsi da sè senza chiedere a prestito concezioni estranee al' suo modo di vivere. Il che avvertono certamente quanti non si fermano alla corteccia dei processi • • • • • • I\ • stor1c1o non s1attaccano a1pr1nc1p1come a pezzi di panno da sventolare continuamente dinnanzi agli allocchi. Insomma, autoritarismo e libera-- lismo sono due posizioni rigide, antitetiche, da cui bisogna risolutamente uscire e da cui per fortuna dell' Italia è uscito il Fascismo che colla sua potenza creativa le ha conciliate in una sintesi, che rappresenta davvero la nostra personalità. *** siero di taluni fascisti la contrapposizione del Cattolicismo al Protestantesimo, ma anche quella della latinità al germanesimo. • • • • • • Questi contrasti rec1s1tra concezione e concezione, tra popolo e popolo, non hanno, in fondo, che un significato molto transitorio, e non ne- • • • ghiamo che essi possano giovare come mezzi per ridestare nel popolo il senso politico che si oscura talvolta per il concorrere di situazioni determinate, ma che essi rispondano allo sviluppo storico non possiamo assolutamente ammettere. Dire difatti che la Riforma sia il risultato più genuino della mentalità germanica è un grosso sbaglio storico: essa, invece, nel sua nucleo sostanziale è il prodotto del nostro Umanesimo e del nostro Rinascimento. Siamo noi italiani i gestatori dei più grandi movimenti religiosi, filosofici e politici dell' epoca moderna. Dal secolo XV in poi la civiltà europea non fa che s·viluppare tutti i germi che l' Italia, con meràvigliosa originalità che ha del prodigio, aveva posti. Che questi germi si siano diversamente sviluppati o atteggiati nei vari popoli, monta ben poco dal punto di vista che qui vogliamo mostrare. Lo stesso romanticismo filosofico mal si comprenderebbe se non si cercasse di inquadrare nel Rinascimentp nostro. G. Battista Vico, per esempio, che è tutto pieno del1' Umanesimo e del Rinascimento, preannuncia non solo Kant, ma i più grandi romantici tedeschi Fichte, Schelling ed Hegel. Laddove la Controriforma pure accettando alcuni elementi umanistici, non è se non la tipizzazione del medioevalismo, che rappresenta bensì l'universalismo del cattolicismo, ma non rappresenta la coscienza dell' italianità, che è quanto dire dell' essere nostro come nazione. Questa coscienza della italianità è assolutamente assente dal movimento della Controriforma ed è invece viva e gagliarda nel per.iodo dell'Umanesimo e del Rinascimento, che storici orecchianti ci avévano abituati a considerare come restaurazione dell' arte e della scienza dell' antichità. Il sentimento profondo della personalità umana, che emergeva dagli interessi e dalle passioni dei nostri padri dell'Umanesimo e del Rinascimento, coincideva col sorgere del principio .. della nazionalità, anzi dello Stato~moderno. La La contrapposizione della Controriforma corruzione dei costumi che si rivelava nel lusso alla Riforma noi:i vuol essere soltanto nel pen- sfrenato, nell' ansia febbrile di godere tutta la Bibliot ca Gino ■ 1anco ..

VITA NOVA 5 vita, nella debolezza del célrattere 110n era che , la manifestazione più visibile della crisi tre ... menda di tutto il contenuto medioevale, rive ... latosi impotente a soddisfare i nuovi e gagliardi bisogni dello spirito italiano. Era il nuovo universalismo che si ergeva di contro al vecchio universalismo che era quello medioevale: nuovo universalismo in cui è dato scorgere tutte le linee che formeranno il quadro della civiltà moderna, che è essenzialmente umanismo. Ora di questo umanismo la Riforma accettò incorporandoselo qualche elemento vitalissimo, il principio della intimità della religione, che presto però si essiccò in un formalismo riefasto e intollerabile, che ebbe solo un riscontro nello spirito della Controriforma. In conclu .... sione, tanto la Riforma quanto la Controriforma sono due movimenti reazionari che nel loro contrasto grandioso produssero certamente un avviamento più positivo, cioè più aderente alla · _realtà, della storia umana. Ma, riconosciuto questo, bisogna risolutamente affermare che nè l' una e nè l' altra possono essere invocate come periodi da cui lo spirito fascista tragga le· leggi del suo avvenire. Il Fascismo che non è un movimento reazionario, retrogrado, bensì un movimento decisa ..·. mente rivoluzionario ma che non ripudia tutta la esperienza storica, non può per 1:1nsemplice contrasto col liberalismo, che risale naturalmente alle sue origini e quindi alla Riforma, aggrap .... parsi alla Controriforma per servirsi di essa come di catapulta contro tutti i suoi avversari. Un grande movimento politico, come il Fascismo, non può non agitare problemi ideali o, se piace meglio, categorie ideali, che non si trovano affatto nel movimento della Controriforma, la quale, possiamo dirlo con piena coscienza, non rappresenta che la n'egazione integrale di ogni vita di pensiero, in cui solo spiriti miopi o intellettualmente ottusi trovano facilmente rifugio.- GIUSEPPESAITTA - · Ormai, siamo tutti più o meno, della stessa opinione, quanto al concetto stesso della nazionalità. Questa non è più per noi, anzi non è stata mai, una sempliee espressione geografica, come diceva il ministro d'fiustria. E' più che il semplice costume, la lingua stessa, l' arie e la letteratura·, il sentimento e la intuizione. Questa nazionalità noi l'abbiamo da un pezzo e non ce ne siamo contentati. Nazionalità è per noi unità: unità viva, libt ra e po tenie come Stato. G perchè noi vogliamo questa unità come libero Stato~ Perchè noi sappiamo che solo nella unità come libero Stato possono spiegarsi liberamente tutte le potenze della nostra vi(a ; solo in quello noi possiamo essere e saperci veramente noi. B. SP A V ENT A ( Della nazionalità nella filosofia). · · · eca Gino Bianco •

NEO-CLASSICIS!'10 Se un Greco antico o un Romano potessero risuscitare, troverebbero, credo, prive di senso le nostre interminabili disputazioni sul classicismo. Sono secoli che se ne disputa e ancora non si è riesciti a capire a quale parte della realtà concreta debba e possa applicarsi questa etichetta. In teoria il concetto della classicità appare nitido come una formula geometrica : ma quando si tratta di applicarlo, ogni preci- • • s1one svanisce. Cosa si intende, comunemente, per classico? Questa parola può avere due significati. Uno più ristretto, limitato ali' arte e alla letteratura ; uno più vasto, che si identifica con una concezione generale del mondo e della vita. . Artisticamente, chiamiamo classica un'opera che si conforma a certi limiti, a certe regole, desunte, più o meno arbitrariamente, dai modelli ellenici. Filosoficamente, è classico ogni sistema poggiato sull'autorità, sulla tradizione, sul riconoscimento di regole assolute e di verità obiettive. Al contrario, romanticismo sarebbe sinonimo di soggettivismo, di individualismo, di rivoluzione. Chiaro? Sembra. Ma se ora tentiamo di applicare questi concetti, di classificare secondo di essi uomini, opere ed istituzioni, ci accorgiamo subito che l' elemento classico e il romantico sono talmente compenetrati e fusi da rendere impossibjle districarli. Per di più, quasi sempre il classicismo artistico e letterario fa a pugni, nello stessa opera, persona o età storica, con il classicismo fìlosofìco. Non vi è, insomma, fra arte e fìlosofìa, fra arte e· politica, parallelismo. E anche dal puro lato artistico un autore può essere classico e romantico ad un tempo. Parrebbe un paradosso ~e non fosse invece la storia! Cominciamo ab ]ove, cioè da Omero. Potrei dimostrare che il più grande poeta della classicità era un romantico. Del resto, credo che qualcuno I' abbia fatto ·prima di me. Lasciamo anBiblio a Gino ■ 1anco dare. Saltiamo, per far presto, dall' età antica al medio evo: da Omero a Dante. Non c' è dubbio, per chi consideri le idee _di Dante, che egli era un classico. Pure la sua arte non fu sempre giudicata tale. Lecomte De Lisle, il capo della scuola parnassiana, che di classicismo doveva intendersene, classificò Dante fra i poeti barbari. E Giuseppe Rensi, in Italia, gli fa eco. " Possiamo del resto allargare la controversia a tutto il Medio Evo. Dominato, come il suo poeta, dalla grande idea cattolica e imperiale, il medio evo è dunque l' età classica per eccellen~a? Sostenerlo mi sembra un po' azzardato. I classicisti moderni, a cominciare da Carducci, sono pieni di invettive per l' età tenebrosa. Viceversa, come tutti sanno, i romantici fecero di tutto per risuscitare le idee e le forme del1' età di mezzo. D' altra parte, data l' antitesi storica che vi è fra Medio Evo e Rinascenza, se noi chiamiamo classico il Medio Evo, dobbiamo chiamare romantica la Rinascenza. E infatti la Rina-- scenza non è forse umanesimo, cioè individualismo? L'umanesimo del Rinascimento è in un certo senso l' equivalente latino del protestantesimo. Parrebbe a prima vista il contrario. Ma, nell'un caso e nell' altro) è l' individuo che si ribella alla tradizione, sia pure appellandosi, come spesso avviene, a una tradizione più antica; cioè, gli umanisti alla civiltà pagana, a Platone, i protestanti al cristianesimo primitivo ... Or dunque la Controriforma, che reagisce al protestantesimo e in certa misura anche ali' umanesimo, ci appare come la restaurazione della classicità contro i classi~i. Ma se giriamo l' occhio alla letteratura del seicento secolo cattolico per eccellenza, ci troviamo in 'piena ribellione contro il classicismo. I secentisti tendono al futurismo. ~asciai:no a Benedetto Croce fare l' apologia dell Arcadia e a traverso il settecento, secolo

bastardo, siamo arrivati alla rivoluzione francese. « Rivoluzione = Romanticismo! » gridano qui in coro Soffici e Maurras. Piano. Intanto Ippolito Taine pone lo spirito classico fra gli elementi essenziali della mentalità giacobina. I rivoluzionari sono pieni dei ricordi dell' antichità : ogni portinaia, nell' 89 è Lucrezia, ogni ladro di polli è Bruto. E in arte, nasce proprio allora il neo-classicismo: çioè il se~ondogenito dell' antichità greco-romana, dopo il Rinascimento, che è il primogenito: neo-classicismo, per intenderci N. 2. L' arte neo-classica, sorta dal seno della rivoluzione, trionfa con il primo ed il secondo impero. Classici sono i poeti ammiratori di Napoleone in Italia, classici sono i poeti precursori del Risorgimento. Ma il Risorgimento, viceversa, è romantico. Domandatelo a Rovetta ... Romantico è Mazzini, come Victor Hugo. Ma Carducci, ammiratore di Mazzini e di Victor Hugo, è classico. E anzi il laudatore di un nuovo classicismo italiano : neo-classicismo N. 3. · E D'Annunzio? E Pascoli? Sono dessi classici o romantici ? G. A. Borgese ha dimostrato, successivamente, che D'Annunzio è classico, e poi che egli è romantico. Aveva ragione tanto la prima che la seconda volta. Il prof. Galletti ha scritto un libro per dimostrare che Pascoli era un romantico. Anche il Pascoli dei Poemi Conviviali e delle odi in latino~ *** Ed ora, se la testa incomincia a girarvi, consolatevi : siamo giunti alla meta del nostro discorso, cioè al fascismo. · E il fascismo un movimento di natura classica? Sì, risponderà la maggior parte dei lettori. Ma non tutti. L' on. Grandi, per esempio, afferma che il fascismo è un fiume derivato da tre confluenti : il nazionalismo, il sindacalismo e il romanticismo. Vi è in. ciò una parte di vero. E non ha torto neppure Marinetti quando rivendica le origini futuriste del fascismo! Poichè insomma il fascismo è stato una rivoluzione. E rivoluzione significa dinamismo, sovvertimento di antiche gerarchie, di tradizioni inveterate. lioteca Gino • 1anco 7 Poi viene il momento di ricostruire, di consolidare le nuove posizioni. E allora l'elemento classico riprende il sopravvento. Possiamo quindi concludere che il fascismo, nato romantico, tende di più in più verso la classicità. Ciò è del resto la regola di tutti i grandi movimenti nella storia. E questa antinomia, che non è contraddizione, si riscontra anche nella massima incarnazione vivente del fascismo: Mussolini. Consideriamo la sagoma fisica e morale del Duce. Non c'è dubbio: è quella di un eroe di Plutarco. Ma, adesso, ricordate il suo culto per la velocità; la confessione o meglio il vanto di non aver posto il piede più di due volte in sua vita in un museo; l' invettiva famosa contro il « suocerismo sedentario » ( vi è al mondo istituzione più classica della suocerà?): e Benito Mussolini vi appare sotto le specie di un futurista. ! Tutto ciò serva a dimostrare quanto sia art~ ficiosa la pretesa di voler abbinare ad ogni costo il fascismo, movimento politico, con il neo-classicismo in arte e letteratura ( 1). Vi è certo oggi, in arte, una certa rifioritura di stile « pompier >j, ma fra questo fenomeno di stanchezza creativa e la rivoluzione non vi è relazione di causa a effetto. Neanche in teoria l'abbinaménto è logico. Se noi propugniamo in politica il principio · di autorità, l' ossequio alle gerarchie, il rispetto delle sane tradizioni (poichè ve ne ha anche di insane) ne consegue forse l' obbligo di ispirarci ad una concezione esclusivista dell'arte? Per ragioni storiche forse? Ma noi Italiani non siamo più Greci di quello che siamo Germani o Celti. Il genio latino è stato sempre eclettico. Non si pretenda dunque di asservirlo a forme e modi di espressione legati a quello che fu dopo tutto solo un momento della nostra storia. Imitiamo piuttosto la geniale spregiudicatezza di Giulio ._Cesare : questo conservatore della grandezza romana così odiato dai conservatori del suo tempo. Nel regime d'autorità inaugurato oggi dal fascismo l' arte sarà così una divina valvola di • sicurezza. (1) Già il neo classicismo n. 4, quello per intenderci, che fece capo alla «Ronda)> è anch'esso ... romantico, nel peggior senso della parola. I suoi banditori sono individualisti, anticl~ricali e filo-protestanti. Dove vanno a finire Je armonie prestabilite col fascismo? VOLT

UN PITTORE ITALIANO: EDGARDO CURCIO Una mostra personale postuma - postuma di un mese - di Edgardo Curcio alla seconda Biennale Romana ha posto senz'altro questo giovane pittore napoletano, troppo presto rapito - e per giunta in maniera tragica - ali' arte, in prima linea tra i pittori italiani contemporanei. Nòn è stata proprio una rivelazione, ma un'affermazione. Da oltre quindici anni Curcio esponeva nelle principali mostre nazionali ed estere con un successo sempre costante. La morte, si capisce, facendo trarre una conclusione di massima sull' opera complessiva dell' artista, ha mostrato SATIRO meglio.:la sua singolarità ed il suo valore. Diciamone, dunque. . L'arte di Edgardo Curcio esprime due caratteri essenziali : mentre da un lato è schiettamente tradizionale, e cioè italiana, portando impressi anzi fortissimamente le qualità e i modi della scuola napoletana dalla quale è venuto, dall'altro afferma una personalità nettissima, imprime alle sue tele una individualità indubbia. Che cosa vuol dire essere tradizionale, esser fedeli ad una maniera? Esiste una tradizione in arte? T radi- ..... zione non è scuola, insegnamento, accademia. E stile, linea, senso del colore, sensibilità. Vedete la scuola napoletana: dal secolo decimosettimo essa ha visto, sentito con calore, plasticamente, sensualmente. Ha portato ___impressifortissimamente i caratteri della natura. E, si può dire, naturalistic.aJ nel senso che Biblioteca Gino ■ 1anco s' è sempre. lascia~a inRuen~ar~ dall~ esterno. C~lorii toni, attegg1ament1, contrasti v1ole!1ti son natura, qu c'è il senso del movimento, della vita, del calore, della passione. Romantic~smo senza s~ilinquimenti. È una tradizione, questa, 1n fondo assai san~, _tutta sangu~, direi, e niente cervello. In Curcio essa s1ritrova. Curc10 ama la natura tutta libera, non vede figura, se non illuminata dal sole o sopra uno sfondo verde o cielo; ama toni vigorosi, toni naturali. Sente, in una parola, la passione della vita c~e è gioia ed a~ore_. . . , Ma è qui che Curc10 porta la sua 1nd1v1dualita, I la sua schietta personalità artistica. Ho. detto natura, istinto del colore, senso del mondo esteriore. Ma resta in Curcio questa natura veramente natura, quest' istinto solamente istinto, il senso semplicemente senso? In altri termini natura, senso, istinto son dati tutti esteriori, che il pittore traduce brutalme!1te? Curcio in fondo, nega così la natura, come I' istinto, come iÌ senso. Li nega, in quanto questi dati non gli vengon dati dall'esterno, ma sono in lui piuttosto prodotto di fantasia; e c' è, sì, l' elemento naturale, ma di una natura tutta creata dall' artista, tutta voluta, tutta sentita. Le sue opere maggiori - Sme« ralda, Convegno armonioso, Adunàta sincera, Notturno e via via, son tutte, è vero, un elogio del mondo esteriore, del mondo che sappiamo; ma son veramente un elogio, in quanto la descrizione è superata, la natura rifatta, veramente creata. È, a volta a volta, la creazione di tanti nuovi mondi, tutti completi, · ove linee, colori, tonalità si fondono, senza cadere nel patetismo languido decadente, e danno una unità compiuta, ove il colore è nella linea, che dev' essere quella e non altra, e la linea è nella necessità di quei toni, in una totalità, che dà veramente il mondo nuovo dell'opera d'arte e, quindi, caso per caso, dell'artista. Il dissidio natura-fantasia, dato esteriore-atto spontaneo, tutto libero dell' ar ista, è superato, giacchè non è più la natura che comanda all'artista, ma I' artista che crea la natura. Questo è, certamente, il processo ultimo di Curcio: al quale è arrivato relativamente assai tardi, dopo aver compiuti i due esperimenti, che soltanto potevan condurlo a questa fusione: dapprima, cioè, l' esperimento tutto naturalistico e poi quello inverso, tutto fantasia, tutto anti-natura, semplificazione e superamento della policromacità e dell'analisi. Del primo periodo son opere come Coquetterie, la prima Lydia; del secondo Luce e ombra, In giardino, ed una serie di composizioni senza titolo, progressivamente numerate, tanto il contenuto v'era escluso nel modo più assoluto, In fondo questo carattere della formalità

VITA NOVA 9 prevalente, della assoluta espressione intuitiva, fanta- dualità è quella che vien poi dalle sue opere e dal,la stica è restata sempre predominante nell' opera di sua arte, non certo volgari e tutte volte ad una sinCurcio. cera sublimazione dei valori dello spirito e della gioia Pittore, dunque, tutto interiorità, ove il mondo della vita, manifestata in una armonia di linee-·colori dell'opera d'arte è cdmpiuto nella sua espressione, purissima. Curcio afferma insieme un prin- __ ·---- ____: __ cipio ed una individualità nettissima nell' arte italiana contemporanea. Il principio è che si può . . . . . . . ' essere t1p1c1, caratter1st1c1, e c1oe indiscutibilmente personali, senza lasciarsi forviare· dalla tradizione nazionale, che è espressione di uno spirito ben deciso; l' indivi- • Certo, Curcio è morto assai giovane: due anni fa, in maniera tragica ed accidentale. Ma non è a dirsi che « avrebbe fatto ». È di quegli artisti già maturamente compiuti, che lasciano alla gloria della nazione un nobile retaggio d' arte ed un insegnamento, che non può andare perçluto. CARMENCITA La vita nella sua concreta pienezza non è per l'uomo nè arte, nè religione, nè scienza. E' bensì moralità. Giacchè noi possiamo disinteressarci almeno per un momento dell' arie dell'artista; e possiamo i,olger le spalle alla scienza per ricrearci negli affetti caldi della vita o nel vago sogno della fantasia. [J\[_oipossiamo attutire nell'animo nostro il senso del divino e lucrezianamente cantare la redenzione dell'uomo dalle ombre aduggiatrici della libertà. Possiamo beninteso; in quanto guardiamo a quello che c'è di specifico ed esclusivamente in queste /orme della i,ita spirituale : da ciascuna delle quali, in quanto essa si distingue dalle altre, noi possiamo in/atti trascorrere alle altre. ~a quello . che noi· non possiamo /are è di passare da un momento morale della nostra i,ita ad un altro momento che non sia tale. G. GENTILE (Discorsi di religione) o Bianco c. c. .. •

... · Il cattolicismo laico della scuola italiana 1. Educazione è formazione dell' intelligenza e del sentimento, della personalità spirituale: dal ritmo stesso in cui si realizza l'attività autocosciente sorge la necessità di porre alla base della nostra vita il problema religioso. ~La religione, non soltanto dà ali' uomo una visione della totalità del mondo e della storia umana, ma, ben piu, mira - quando sia sentita veramente (altrimenti non ha di religione· altro che il nome) - alla formazione di una Jede attiva, di un' intuizione vitale eh' è uh pensierovolitivo, impegnante l'uomo a realizzare in sé e fuori di sé quei valori dello spirito di cui riconosce la fonte prima e ultima in Dio. In quel ritmo, eh' è l'atto autocosciente, trovano la loro concretezza tutti i problemi del pensiero e ·della vita. La scienza si limita, e deve in quanto tale limitarsi, al mondo sensibile, dei fenomeni o della natura eh' è oggetto della nostra esperienza conoscitiva. Ma la scienza non è lo scienziato! Il quale, invece, è una realtà morale, e questa non sarà mai oggetto di nessuna scienza naturale, ma soltanto di quella sc.ienza che sorge dal di dentro della stessa vita in atto come pensamento e riflessione critica di essa. La religione, tuttavia, come non pretende di · rubare il mestiere allo scienziato, ~neppure entra 1n gara con la fìlosofìa propriamente detta: per quanto la scienza e la fìlosofìa, cosi come la storia e l' arte, acquistino, al contatto con il problema religioso·, un senso religioso anch' esse, pure il loro dominio proprio è il mondo della cultura laica, lo spirito nella sua immanenza. Similmente, pel rapporto tra la religione e la morale: un sistema morale senza un presupposto trascendente, ossia senza un principio religioso, non ha senso. La morale razionale autonoma o resta nell' astratto formalismo, o per trovare la concretezza si fa storica, e perde, cosi, la sua assolutezza. Noi non mettiamo minim:imente in contestazione I' indipendenza della cosi detta morale civile, delle virtu del costume e di quelle patriottiche, e via dicendo: le quali tutte, posto Bibliot ca Gino • 1an o il concetto dello spirito nella storia umana, in quanto fanno capo a esso e. da _esso~ipendon<;>, non han bisogno di altra g1ust1fìcaz1one. Il bisogno d·' un' ulteriore giustificazione _sor~e appena spunta il sospetto che le rag1on1 della nostra vita interiore non si esauriscano nella storia, la quale, se basta a intendere la virtu del «borghese», rìon basta piu a intendere quella dell' « eroe », di chi è mosso da una fede che nelle piccole come ;nelle grandi azioni s' ispira a un ideale, abbastanza efficace se per esso si può sacrificare la vita storicamente considerata, eppure niente affatto determinabile e spiegabile su la bàse di una mera situazione storica. C' è un di piu, nell' azione religiosamente ispiràta e mossa, che nell' azione umanamente e storicamente considerata manca. La fede religiosa, essa sola, è speranza, eh' è carità, amore di Dio e impulso a realizzare il regno di Lui nel mondo umano: quella fede consiste in una disposizione d' animo permanente nel fondo di ogni nostra azione, e dà a questa un tono e un orientamento rivelatore di una piu profonda esigenza del1' atto spirituale in sé e per sé considerato. 2. Rigorosamente parlando, nessun tipo di scuola dovrebbe mancare d' un insegnamento religioso: perché la religione non è già un monopolio delle scuole miranti alla formazione del sacerdote, ma è un problema di cui nessuno può far a meno; e perciò, come non è un problema che possa caratterizzare un tipo di scuola sino al punto da escludere gli altri tipi, non è neppure un problema che interessi la scuola elementare piu di quella secondaria e universitaria : se è vero che la scuola è tanto piu scuola, quanto piu favorisce la formazione di una mentalità e di una personalità veramente spirituale. Parlando d' « insegnamento di religione» è ovvio che intendiamo questa frase come sino..- nimo di « educazione religiosa » nella sua con-- cretezza: educazione religiosa in· concreto non ci sarebbe se ci limitassimo a quella religiosità che, come abbiam detto, si accompagna anche •

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