Vita Nova - anno I - n. 7 - luglio 1925

r decisioni ha dovuto farlo· sempre contro il Parlamento, il qµale dalla dichiarazione di guerra alla marcia su Roma si è sempre piegato suo malgrado ad una volontà, che era per l' appunto la volontà del paese, senza essere quella del Parlamento. E un fatto che Montecitorio si era ridotto ad una maggioranza assoluta di avvocati politicanti che portavano il cavillo e la retorica del foro a sostegn·o e insieme . a velame di piccoli interessi locali quando non di misere beghe personali. E se tutto q~esto è Yero, se l' ironia e il disprezzo del paese accompagnavano invariabilmente la cronaca di Montecitorio, in che modo si può affermare che una riforma del Parlamento non fosse intesa come un' esigenza imprescindibile e non· si imponessse ad un governo che avesse intenzione di agire sul serio? D'altra parte, oltre quest'aspetto puramente negativo del problema, ce n' è uno positivo di gran valore, di cui anzi il negativo è necessaria conseguenza. Esauritosi, attraverso tutto il secolo XIX, il compito dell'astratto individualismo illuministico, si era ormai affermata ·l' esigenza di nuovi istituti che rispon-· dessero a un concetto più adeguato della funzione e del valore dell' individuo nella vita sociale. La svalorizzazione p~ogressiva del Parlamento era appunto l' espressione della sua inadeguatezza ai nuovi bisogni della vita spirituale della nazione: bisogni che si andavano in qualche modo app.agando con il sorgere, ai margini degl' istituti cQttituzionali, di altri organi e particolarmente dei sindacati, i quali, nel fervore di una vita germogliante in antitesi cor1 quella tradizionale, finivano col corrodere intimamente le basi dello Stato. . Orbene, il governo fascista, e per esso la commissione dei diciotto, ha cercato di rendersi esatto conto di questa situazione del paese, e tenta ora d.i venire incontro· alle nuove esigenze con delle ·riforme che possano consentire una azione meno angusta del potere esecutivo, e una funzione veramente fattiva del parlamento e in particolar modo della Camera dei deputati. Tenta di eliminare le ragioni dell' incapacità di .vita in cui tuttora trovasi il Parlamento e insieme, e per la stessa ragione, di immettere in esso e sistemare giuridicamente i nuovi elementi sociali e politici dei sindacati, risolvendo nel Bibliotec sistema corporativo il loro caratte!e ~articolaristico e perciò eventualmente a~tm~z1on_ale.. In che senso poss~ accusarsi d1 ant1stor1Cismo l'opera della Commi_ssione d~i di~iott<;>, non si riesce dun_que a capire. Se d1 ant1stor1- ~ismo può parfarsi è ormai solo rispetto agli attuali istituti parlamentari che si, rivelano sempre più inadeguati ai nuovi tempi. E proprio contro un tale antistoricismo che il fascismo vuol combattere ed è proprio agli avversari delle riforme che si deve ritorcere l' accusa eh' essi con tanta sicumera rivolgono ai riformatori. .Perchè se è dannosa e infeconda una riforma· che non sia ad~guata alle condizioni sociali su cui deve operare, è non meno dannosa al paese una legge che non può essere più rispettata o la cui applicazione mena allo scopo contrario di quello che si. vuol raggiungere. E, d'altra J parte, se è vero che le riforme legislative· devono in certo senso procedere a rimorchio del processo ~ociale e non pretendere di fissarne astrattamente la direzione, non bisogna tuttavia esag~rare nella negazione di ogni possibilità educativa e precorritrice della legge. Certo non è sulla carta e col solo pensiero del legislatore _ che si può cambiare la vita di un popolo, e chi ciò pretendesse oggi darebbe soltanto prova di una inescusabile incoscienza storica e politica; ma è tuttavia vero ed indiscutibile che la legge non rappresenta solo la norma regolatrice di uno stato di fatto, bensì anche la norma instauratrice di un nuovo modo di vita. La legge non può essere l'unico fattore dello sviluppo sociale, ma può ben essere un elemento essenziale di tale sviluppo e contribuire a dare al moto di rinnovamento sociale quella consapevolezza di azione che senza di essa certamente non avrebbe. Quando la questione delle riforme· costituzionàli si consideri in tali termini e si esaminino s~nza false prevenzioni le conclusioni della Commissione dei diciotto, non solo viene a mancare ogni ragione di esitazione, ma forse può nascere anche il dubbio che la Commissione . sia stata troppo poco radicale nella sua opera. Comunque, può dirsi fin d' ora che con le p~opost~ della Commissione si è messa la· prima pietra d1 quel nuovo grande edificio legislativo che il già maturo secolo XX può contrapporre a quello ormai cadente ispirato ai principii del ,,,

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