Vita Nova - anno I - n. 6 - 15 giugno 1925

• - 35 mesi, ond'esso ogni tre mesi, può sempre denunciare la convenzione, e noi siamo sempre sotto questa spada di Damocle. Certo è che mezzi di difesa giuridica non ne abbiamo; non possiamo fare che delle trattative, e vedere se la Francia si convince della opportunità di non fare tanto danno a una Potenza amica. Non si deve poi dimenticare che, a parte ogni soluzione giuri dica, si può agire indirettam·ente in altre forme, per conservare i vincoli morali tra gli italiani all'estero e la madre patria, vincoli che valgono per lo meno altrettanto quanto il formale ·rapporto giuridico. Ad esempio: il fatto cui ho accennato che ora molti italiani acquistano terreni in Francia, è a mio avviso molto pericoloso, perchè per noi saranno presto o tardi fatalmente perduti. Quando uno diventa proprietario di una terra, vi si affeziona e vi si sente più legato: i suoi figlioli poi che nascono costi e probabilmente sposano donne francesi, si faranno francesi prima moralmente e poi legalmente.. · lo credo perciò necessaria un'azione molto energica, nel senso di tener sempre vivi i rapporti morali, e sopratutto culturali e linguistici .con la madre patria, perchè altrimenti poco vale conservare individui che del cittadino abbiano la veste esteriore e non l'intimo sentimento e il fervore. In questo senso è stata anche avanzata e merita studio, la proposta di organizzare per i nostri emigrati l'esercizio del voto politico per modo che essi possano partecipare alle elezioni e interessarsi cosi deg!i affari del paese. Tornando ora allo stretto diritto positivo, dobbiamo rispondere a questa domanda: Ogni autorita 'di ogni singolo Stato (chè autorità internazionali in questo campo non ve ne sono) come deve decidere in caso di perplessità circa la cittadinanza di un individuo perchè più leggi lo reclamano o nessuna lo vuole? La risposta più ovvia, che cioè ogni autorità chiamata a decidere dovrà farlo secondo quei principi che furono posti da quel legislatore da cui essa dipende, non è stata data nè tanto presto nè così unanimainente come si potrebbe credere. La ostacolarono alcun~ concezioni generali filosofico-giuridiche che ora trovano minor credito, ma che non sono però ancora CO in tutto esulate dall'opinione giuridica contemporanea e che si assommano in queste due: da un lato attribuire all'individuo certi diritti internazionali tra i quali verrebbe anche compreso ,quello di avere una propria cittadinanza e di poterla mutare; dall'altro contestare il valore positivo di quel sistema legislativo che si trovasse in contrasto con tali diritti che si assumono quali assolutj ed universali. Così potè affermarsi che ove legalmente l'individuo appartenga al tempo stesso a due organismi politici, egli è naturalmente membro di quello col quale· abbia più conformità di tendenze, di affetti, di pensiero, di quell'organismo insomma di cui egli ravvisa la sua nazionalità. Cosi potè parlarsi di uno status civitatis come di un diritto personalissimo del1'uomo che gli spetti di fronte a tutti gli Stati dell'Uriiverso e sostenersi che il diritto di espatriare e di naturalizzarsi si deve conside- _rare un diritto internazion·ale dell'uomo talchè la naturalizzazione ottenuta in uno Stato, deve produrre la necessaria conseguenza di far perdere la cittadinanza originaria. E' quasi inutile uha dichiarazione da parte nostra, dopo ciò che si ebbe occasione di avvertire ormai più volte. Poichè nessuna norma autoritativa obbliga sino ad oggi gli Stati a seguire, in materia di cittadinanza, uno piuttosto che un altro criterio, poichè pertanto il regolamento del rapporto di cittadinanza è di competenza del diritto interno e non dell'internazionale, e poichè, pur nel diritto interno, trattasi d'un rapporto di diritto pubblico, nessun individuo potrà tenersi svincolato da quella cittadinanza che una legge gii attribuisce, nessun individuo potrà pretendere una cittadinanza che una legge non gli concede, nessuna autorità, o amministrativa o giudiziaria, potrà giudicare con criteri diversi da quelli della legge propria nè ammettere l'applicazione _di una legge estera. Quindi le autorita italiane non potranno considerare cittadino italiano chi non ne abbia i requisiti secondo la fegge nostra, senza preoc- .cuparsi se ciò porti per l'individuo. la conseguenza di privarlo di cittadinanza, mentre _òovranno considerarlo italiano quando tale è ritenuto dalla legge italiana anche se contemporanemente un' altra legge lo rivendichi a sè. • •

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