Vita Nova - anno I - n. 6 - 15 giugno 1925

I · .... • - 30 • I ' r' • ; j ,giuridica per la quale si dovrebbe supporre l'agente diplomatico, che si trova in un determinato stato, si trovi invece al di fuori di esso. Ma ciò fa forza alla realta (l'agente diplomatico estero che si trova in Italia si trova realmente in Italia, e quindi gli atti che esso compie sono effettivamente compiuti in Italia) mentre poi in quanto si a_mmettache l'agente dello stato e~tero non opera come privato, ina come funzionario _delloStato ester6, è inutile ricorrere alla finzione della extra territorialità per dedurne la insindacabilità dei -suoi atti. Solo in taluni paesi orientali si può parlare in senso preciso di extra territorialità perchè certe piccole zone di territorio si considerano come sottratte alla sovranità .locale. Si denominano · corpi di nazione, quali il Fanar, che è il quartiere dei Greci· a Costantinopoli, ed altri"quartieri europei nell'estremo oriente. Ma abbiamo questa situazione solo perché i due Stati, lo Stato ,orientale e l'altro Stato europ~o a cui appartengono i cittadini di questo quartiere, con vecchi trattati o per consuetudini hanno ammesso che sia cosi; un regime , dunque di ·eccezioneeh~ non·può invocarsi per la condizione generale degli agenti esteri. Allora rimangono le due prerogative più generalmente note della inviolabilità e della immunità dalla giurisdizione locale. Notiamo però che il diritto moderno gàrantisce a chiunque l'inviolabilità personale, la quale non è più un privilegio del_ cittadino, ma una appartenenza generale delle persone. Allora l'inviolabilità diplomatica significa soltanto che l'agente estero non solo nonpuò essere malmenato, o angariato o colpito da atti ostili da parte del governo locale, ma anche deve avere una particolare protezione contro atti che potessero venire da privati. Ben s'intende che ci sono state delle eccézioni, perchè la storia fornisce sempre eccezioni a tutte le regole.Ma uccisioni e imprigionamenti di inviati _esterisono sempre stati considerati atti contrari al diritto anche nei tempi antichi. Ricordiamo soltanto un episodio narratoci da Giulio Cesare nel « De Bello Gallico ». Gli Aremorici gli avevano imprigionato certi suoi legati; ma, egli asseriva « quantum in se facinus admisissent intelligebant, legatos, quod nomen ad omnes nationes sanctum inviolatumque semper fuisset, retentos ab se et in vincla coniectos » ••• onde, a guerra vinta, « eo gravius Caesar vindicandum statuit quo diligentius in reliquum tempus a barbaris ius legatorum conservaretur ,,. E prosegue tranquillamente a narrare: "Itaque, omni senatu necato reliquos sub çorona vendidit.u ' .. ,, Biblioteca ino Bianco In tempi meno lontani troviamo un'altra bella eccezione proprio. nella persona di uno scrittore di diritto internazionale, nel Pufendorf che ha scritto un'opera importantissim~ per nc,i: "Juris naturae et gen~iumlib~i octo.,, Il Pu- · .fendorf era al seguito dell ambasciatore svedese a Copenaghen, Goyet, e per un diverbio sorto -fra l'ambasciatore e il governo locale, furono · arrestati tutti e messi in prigione. 11 libro, anzi, é stato scritto in prigione, e l'autore si scusa dicendo che le citazioni di,Grozio e di Hobbes le deve fare a memoria. Oggi, certamente, tra gli Stati civili, non sarebbe più possibile nulla di simile, come l'ha del resto mostrato l'ultima guerra mondiale, allo scoppiar della quale tutti gli ambasciatori poterono partire incolumi. · Questo per la inviolabilità della persona. Quanto alla dimora, le questioni sono sempre ' molto delicate, perchè c'è una doppia esigenza, ossia che, da una ·parte, non potrebbe essere toccata la di:nora dell'ambasciatore, perchè si teme' che, se non ci fosse questa ttitela l'autorita locale avrebbe il mezzo di violare dei segreti d'ufficio; e, dall'altra parte, non si può ammettere che essa dimora serva di rifugio, essendo oggi misconosciuto un qualsiasi diritto di asilo. Onde è facile nella pratica vedersi incrociare il rimproveroda una parte della violazione di una prerogativa, e dall'altra parte di una scorrettezza internazionale: ecco perchè queste questioni sono politicamente delicate, come lo prova l'ultima provocata dal rifugio di un comunista ricercato dalla polizia nell'ambasciata dei sovieti a Berlino. Altra prerogativa è quella che riguarda la immunità della giurisdizione locale. Ci po.ssiamo cioè domandare in quale situazione l'agente diplomatico estero si trovi rispetto alla giurisdizione del luogo. Deve esserne sempre im1nune, o deve esservi .sempre s1Jggetto? . La questione non si risolve in modo assoluto, ma cercando una linea discretiva. E' intanto fuor di dubbio che, in quanto l'agente estero agisce come tale, la sua immunità deve essere completa per quello che ho detto prima, cioè perchè l'azione sua deve essere considerata azione di Stato estero, e come tale non può essere soggetta alle autorità giudiziarie locali. Ciò è cbsì ben sentito che, in generale, la pratica si pronunzia senz'altro in favore della immunità. Tuttavia, se noi ci domandiamo se sia propcio impossibile distinguere nell'agente diplomatico l'azione del semplice privato da quella del rappresentante dello Stato èstero, non credo, a priori, che si debba dichiarare

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