- . - • .. . . 30 - I • I " . • • I I cose assurde nè strane, a Trieste venti anni ·ancora di dominio austriaco, con una situ.a1ione immutata, avrebbero portato coll'aiuto·~di un colpo di violenza una maggioranza slava nel consiglio comunale. A Zara sareb~e. basta- ·to anche minor tempo, e, come vi ho accennato l'altro giorno, il gran passo, quello capace di avviare alla mutazio.necompleta, al rivolgimento rapido ·del destino di qn paese con le forze che un governo; come era quello austria·co, poteva avere a sua disposizione, era quello della conquista dei consigli comunali. Quello che l'Austria fece e riusci a fare ·' in Dalmazia nel periodo successivo al 1866 fu · appunto questo,. di spossessare, mediante efezioni comunali addomesticate, gli italiani dal dominio amministrativo e quindi dal do- . minio scolastico delle ~ingole città, -e di rivolgere quindi il peso della bilancia in favore degli slavi nei centri maggiori ov' era tutta '"la cultura e tutta la forza economica dell'elemento italiano. Ora, data questa situazione, il giorno iti cui gli italiani sbarcarono in Dalmazia, il giorno in cui l'occupazione. di mezza Dalmazia, sia pure per un periodo che fu troppo breve, fu concessa all'Italia, in quel giorno il rivolgimento da una situazione come questa era ancora possibile ; era· ancora troppo breve il ten1po nel quale il potere a·mministrativo della città era stato consegnato dagli italiani al partito slavo, troppo breve perchè il rivolgi- ·mento non potesse avvenire con la stessa facilità nel senso opposto. Il dominio dell'Italia, _ se •in Dalmazia .fosse continuato, sarebbe stato rapidamente fruttu.oso e, accolto, com'era, da simpatie locali vastissime, avrebbe rimesso .in brevissfmo tempo il paese_ nella antica situ-azione. Ma il destino, come sapete, fu diverso per il peso che ebbe la campagna dei rinun- . ciatari, di quelli in buona fede e di quelli in mala fede, e per l'inco·mprensione e ·l'ignoranza, l'una e l'altra volute, dagli uomini di governo italiani. · . Quale sia poi la situazion~ d'oggi, quali siano le previsioni per l'avvenire, bisognerebb·e quì dire, ma sarebbe come sempre · un grave mestiere quello di fare il profeta. Certo la situazione é ben peggiorata oggi da quel che fosse avanti la guerra, perchè non essere andata l'Italia in. Dalmazia poteva essere grave per la sorte degli italiani dell'altra sponda, - ma esservi andati per tornarsene via dopo due anni soltanto; J;tsciando nell'abbandono, tradendo tutti quelli che sull'altra sponda si erano fidati di noi, questo fu assai più grave, - • Bibliot ca inoBianco perchè di tutti i numerosi ita!ian} e italofili del paese dalmata, ben poc9 e rimasto fu?rchè nella nostra roccaforte di Sp_alato: moltissimi, quando le navi..ita!iane hann_osalpat?, · han seguito le truppe 1tal1anenel loro cam_m1no, tante famiglie hanno ab_bandonato questo che era un posto di battaglia, che ~ra ti post0 che noi stessi disertavamo. Questi che portavano · alto il segnacolo d'Italia sull' altra sponda si sono trovati, da un di all'altro, in una situazione in cui le loro forze par~vano mancare del tutto non sorrette più dalla madre patria che li abbandonava, qulndi tante famiglie di Sebenico, tante. famiglie d' altre località hanno abbandonato 11 paese e son venute di qua, sotto la nostra protezione, di_m~- nuendo, ahimè, in ·misura troppo grave, ti numero di quelli, gia pochi, che erano le . scolte d'Italia sull'altra sponda. Pochi wima, in minor numero adesso, consegnate le sorti del paese a un governo il quale non pub avere per programma che quello di inalzaré, quanto è possibile, i suoi, di imprimere quanto è possibile l'impronta della nazionalità slava. e l'impero della lingua croata o serba su queste spiagge, e di far suo quello che l'Italia possa avere ancora d'i.taliano in tutto il ·territorio della Dalmazia. Dobbiamo dire per questo, che quella dell'italianità dalmata sia una partita perduta? Di italiani, secondo i calcoli, quanti ne sono rimasti ? e in che condizioni sono rimasti, che scuole hanno, in che modo possono diffondere la loro lingua e la loro superiore cultura, così soli ed isolati in questa marea crescente di un popolo giovane, forte e vo~ lonteroso di affermarsi sulle rive di un mare su cui esso vede grandeggiare iJ proprio av- . venire ? in che modo manterranno la loro lingua questa gente, che deve battersi perchè la lingua patria viva almeno nel seno delle famiglié nella conversazione quotidiana · da pa-· dri_ ~ figli che si_~edono preclusa la ~ia degli uff1c1,la prospertta professionale se essi ,,or- . . . . ' _ranno serv1rs_1unicamente della lingua materna e astrarsi da quella che è ormai il ling~aggi_o.~fficiale del paese, imposto in tutti gh uff1c1,1n tutta la vita pubblica ? Io non vogHo rispondere a questi interrogativi, voglio dire una cosa sola : che l'Italia h~ sempre dominato sull'altra sponda, ed ha d1~uso presso tutte quelle popolazioni la . propria cult~ra col fatto di una lingua e d'u. na cultura immensamente superiori a quello che sono· la lingua e la cultura serba e croat~ : sono. le forze di. una tradizione ·gigantesca d1 fronte a quell~ QI tanto minori, sono queI
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