Vita Nova - anno I - n. 5 - 1 giugno 1925

.. t I 17 ancora, quando altis_simi salari e .bassissimi orari, concessi sotto la pressione della politica di categoria, finiscono per far apparire le condizioni dell'avventiziato migliori di quelle del salariato fisso, del partecipante ecc., e contribuiscono talora. a staccare dalla terra queste categorie._ . Ho nominato gli orari. L'irrigidimento degli orari di lavoro nell'agricoltura è un altro grosso errore. Le otto ore di lavoro ! Ma questa. è un'altra di quelle riforme sociali che .ha ragione d'essere nello stabil.imento industriate. Nell'agricoltura, la elasticità dell' orario giornaliero è, ancora, il mezzo di superare le punte del diagramma delJa distribuzione annua del lavoro, da parte di lavoratori fissi nell' azienda, i quali - come in certe stagioni pos-. sono avere pochissimo da lavorare, e far orari brevissi1n:i- in altre stagioni è naturale che facciano orari molto lunghi. La meccanica uniformità dell'orario non è propria dell' agricoltura, come nulla di ciò che è meccanico è rurale. La elasticità dell'orario giornaliero è una necessità di un' organizza1ione economica della produzione agraria, che deve impiegare lavoratori fissi, nei più largh~i limiti possibili. Dunque, tutti questi principi di politica dei· braccianti sono, ripeto, in contrasto, non in armonia, con un economico assetto della produzione. Badate. Io non sono tanto teorico da non riconoscere che anche quei mezzi che ho criticato - turni di lavoro, lavori pubblici, eli· minazione di macchine ecc. - non possano rappresentare, in certi momenti, una necessità per superare momentanee crisi. Ma dico che essi non sono rimedi : che essi curano le ma- - nifestazioni esterne del male, senza risalire alle origini : che essi anzi, spesso, consolidano le cause profonde del male. VI. Altri sono i veri rimedi. Essi sono dello stesso tipo di quelli che ho accennato a pro- - • a posito dei rapporti fra classe colonica e clas- . se di braccianti. • Come là si trattava di rimpicciolire, nei limi.ti della economicità, i poderi, di fare nuove colonie, o di stralciare dai vecchi troppo ampi poderi il terreno superfluo - quì - nella terra non ancora appoderata di c·ui ci occupiamo - si tratta di accelerare. quel processo di trasformazione del regime fondiario I e del regime colturale, che consenta di arri- , vare alla costituzione di aziende a lavoro annuo meglio distribuito e capaci quindi di assorbire in modo stabile, con contratti almeno · annui, il maggior numero possibile di quei lavoratori che oggi sono avventizi. E', ancora, il riassorbimento della categoria che dissi patologica dei braccianti, nelle categorie fisiologiche dei lavoratori d.ei.campi. . E' in sostanza ancora un problema tecnico di migliore ordinamento dell' agricoltura, che ha per base l'acceleramento, il completamento di quella che fu chiamata bonifica a- • grarta. . Non bisogna intendere questa espression~ in modo troppo rigido e schematico : arrivare celeremente a nuovi poderi, a nuove unita coloniche, è più presto detto che fatto. Basti pensar~ agli enormi costi da sostenere, per convincersi che solo attraverso graduali tra- . _sformazioni, e forse non sempre, si può arrivare a quella mèta. · .Ma esistono altre soluzioni tecnicamente possibiH, varie da luogo a luogo, sulle qu~li per ragioni di tempo, e perchè quì non mi rivolgo ad un pubblico di tecnici, debbo sorvolare - soluzioni che, se non ci . danno il classico podere, con la sua famiglia colonica, permettono tuttavia di fissare il lavoratore al:- la terra, con rapporti stabili, con più o men vaste cointeressenze,dandogli lavoro continuativo e sicurezza di vita per tutto l'anno. Questa è la mèta da raggiungere, attraverso mezzi e rapporti vari da caso a caso, adattati alle circostanze particolari dei singoli tipi di agricoltura. Questa, del resto, è la via nella quale anche la pratica si è messa. • • - • •

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==