era dunque successo di me ? Quale forza oscura e misteriosa si era sostituita alle mie solite ? Non so dirlo, non so dirlo I Ma certo la mia allègria cresceva, non diminuiva ; e tra ,ne e me mi sorprendevo ed esclamava : « Il pugnale; l'arma bianca ! ». Poi comi.n.cio a parl~re ai soldati ; ma la .mia attitudine, quel mio gesto, quel riso diabolico tra le labbra vedevo che agghiacciava. « Che il tenente sia amm~ttito? » Non sono ammattito, ragazzi ; io rispondo, poichè li vedo esitanti e sorpresi. Ma che vi pare? un'impresa come questa; di notte; col pugnale; in pochi. Ma chi dirà più che il nostro plotone è il più scalcinato ? « Una · impresa bella ~e lo dico io! Questi fucili, queste •mitragliatrici amma~zeranno, ma di lontano : non si ' .vede il sangue nemico con questi fucili e lnitra.gliatrici. ·Ma il pugnale, ragazzi I » Un discorso, slegato e con- , citato; che io non mi dominavo più; io ero esaltato, frenetico. E dopo da solo, nel mio ricovero con- , tinuavo a palpeggiare il pugnale tra I~ mani e ripetevo : « un'impresa bella I Il pugnale solo! ». *** V ers~ sera preparo i miei uomini, studio il cana- ·Ione n~i suoi punti meno scoscesi, e più tardi seguito dal solo attendente, tento persino una ricognizione. Portano il pranzo, portano il caffè, portano i giornali ; ma io non mangio, nòn bevo, non leggo neppure il bollettino di guerra. lo son li che aspetto la notte con un'ansia ed un desiderio che ora a parole non ti saprei esprimere. . . Il mio io di ieri non esiste· più : e, se io chiudo gli occhi per cercarmi come ero, scopro, ma lontano, lontanissimo nella memoria un blocco di carne floscia che· non sa parlare, agire, neppure muoversi. lo non sono .più· quello di prima, in nessun modo. Passo intanto da un uomo ali' altro, ripetendo, le mie raccomandazioni ; e, tra mano, ho sempre· il pugnale che luccica, freddo. I miei colleghi, ad uno ad uno vengono a salutarmi ; ma più che per darmi il loro « In bocca al lupo » essi vogliono sincerarsi se è vero quello: che i graduati vanno sussurrando intorno : che io sono diventato ali' improvviso uni altro, uno spregiudicato, una pellaccia : che parla di pugnali e di sangue e non vede l'ora di buttarsi sul nemico. Io· li ricevo,. sorridendo : e dico loro : « Sono veramente felice e orgoglioso di battermi a corpo a corpo. Il pugnale, questa è l'arma che si confà alla mia natura: si vede il sangue col pugnale ». « Ma dici sul serio? », domanda. « Uno tranquillone -come te: » E un altro: « Puoi lasciarci la pelle, bada I ». Io rido : o che forse penso alla pelle io? Quell'altro mio io ci pensava ; e aqche al pranzo, al caffè, al giornale. lo . invece non ho ora 'che una smania ; combattere, con questa arma e vedere il sangue davvicino ». « Te la faccio corta. Viene l'ora dell'assalto ed io esco per primo, dopo aver dato ai soldati i mi~i ultimi ordini. E, per primo, anche, arrivo lassù. E ~ notte ; non si vede un filo d' erba a due palmi dal nostro naso; ma, una volta su quel cocuzzolo, io sento l' odore della carne umana e. . . Quello che ho fatto non te lo so dire, ora·; nia ho ammazzato, ho sentito il sangue spriz~nni in. faccia, .caldo, più volte ... Paura? ' Neppure per sogno; e quando vidi le prime mani che si alzavano, divenni anche più violento: e non ho~ lasciato scendere giù neppure un .prigioniero. . . ma giunse di li a non molto l'alba, la qua le subito o quasi, ci scoprì al nemico : ed eravamo in pochi, appena ,upa dozzina. Il resto del plotone, chi di qui chi di là, era rimasto a mezza costa. Una dozzina, non più. Qui ahimè comincia la seconda fase e forse la. più oscura della ~ia avventura. Sfogato, io non ho più il sangue , freddo della notte ; sfogato, •"io sono come un sacco di foglie secche. I miei soldati, e sopratutto il ~io sergente, dicono : « Bisogna rafforzarsi~ signor tenente perchè gli austriaci fra ·poco ci attaccheranno ». Ma io colJle un ebete non rispondo. Verso le sei del mattino, l' artiglieria comincia infatti a batterci; e dopo un fuoco di due ore, ecco le fanterie austriache che s• inerpicano. ' Il sergente urla : « Mano alle bombe, ragazzi I ». Ma io ~to a guardare e non fiato. La paura, ancora la mia antica paura I I miei soldati combattono, ·solerti: vedo ancora le loro faccie insonni~ barbute, soffregare una bomba dopo I' altra sulla carta vetrata del polso e lanciarle; mentre una mitragliatrice nemica, collocata non so d_ove,ci soffia le sue pallottole d'infilata rabbiosament~. Disteso nel fosso· della trincea, tremo, batto i denti, invoco mio padre e mia madre. . . Ma d'un tratto, scorgo a un passo da me un pugnale. ' insanguinato. E il mio? Non lo so; ma la vista di quel pugnale mi fa tremare anche di più, mi da\persino qualche brivido. « Se io potessi toccarlo - dico tra me ; - Se potessi toccarlo, ritornerei come prima . . . ». Ma la mia mano io non la articolo più, la mia ~ano è dura e immobile. Allungo allora un piede, e raggiunt~lo, lo faccio rovesciare. Il sangue cola giù lenta- ' mente. lo penso, ma non dico : « E proprio sangue I ». · « Eccoli, eccoli I - urla frattanto il' sergente -. Sigi:ior tenente, ci dia una mano che gli austriaci giungono I ,.• Dico a me. stesso : « Parla a te il sergente ; - 26 - Biblioteca Gi'no ■ 1anc . .
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