Vita Nova - anno I - n. 2 - 31 marzo 1925

. . . principali fogli, che ne facciano richiesta, « lo spartito » per canto e pianoforte ; col vincolo della parola d'onore circa il segreto. Cosi il critico andrebbe alla prova generale conoscendo a memoria o quasi l'opera; dopo aver già fondato e architettato· il suo giudizio, che potrebbe completare dopo « la prova » con tutti i numeri dei valori della strumentazione e teatrali e scenici. Il giorno dopo po~rebbe dare gli ultimi tocchi definjtivi e decorativi ·alla propria visione estetica. Allora il gran pubblico riconoscerà alla critica la piena rispettabilità, la piena responsabilità ; una coscienza. Allora, camerati d' Italia, potre~o sostenere di ess~~e uomini che ·lavorano onesta.mente per la musica italiana; per la sua vita e la sua groria. Mentre oggi lo diciamo sì, ma c'è della gente, specialmente quella ~he ha i baffii, che sorride sotto i medesimi. GAIANUS PROSA . . Il problema della 1nodernità I fenomeni registrabili delle nuove tendenze del teat~o mondiale non sono stati in questi ultimi tempi sufficientemente copiosi, perchè la linea diagrammatica iniziata con la precedente rassegna possa essere· continuata. Non vedo ~ulla di rilevante - salvo errori ed omissioni - all'infuori del fiasco della Galleria degli Specchi di Henry Berstein, e del successo veramente significativo ·del Fabbriçatoredi Dio di Alfonso Mongiardini. In fondo i due fenomeni rispondono ad una identica mentalità, ad una corrispondente tendenza, perchè, in Galleria degli Specchi il re dei casi particolari, il sovrano della meccanica scenica, il grande burattinajo di una determinata società contemporanea, che ·si è rettoricizzata in lui e di lui, ha sentito il bisogno di mutare strada. La nuova Italia, bisogna dirlo con orgoglio, ha nel teatro segnato una prima originale interpretazione o per dire piti esattamente sensazione del dramma moderno, scardinando coraggiosamente tutte le definizioni che di teatro, di arte, di espressione comunque, si era tenuta fin qui. Invero non esiste più un solo pubblico nelle grandi città italiane, che, pure accettando la produzione classica, per così dire, del romanticismo formalistico francese o francesizzante, nòn esca dallo spettacolo con la precisa sensazione di essere ad un grado di superamento di quella sensibilità. In tutti è viva, in altre parole, la se~sazione che qualche cosa di nuovo deve accadere, poi che le nostre anime macerate dalla meditazione tragica, che non può accomunare due generazioni separate dalla guerra, non si appagano più di una vicenda o di una parola che abbiano termine in sè stess_e. Si sente il bisogno di vivere, dopo l'arte in una atmosfera di poesia. Non avevamo invece che il teatro di movimento da un lato - oh, la dinamica dei vecchi maestri come ci sembra malinconica talvolta f - e il teatro di parole da~t•altro quanta malinconia anche negli atteggiamenti dei cosi detti esteti! -. Un barlume di luce veniva soltanto dall'opera gigantesca di Maeterlinck, sulla quale pesava per altro, almeno per noi, il peccato ·originale di una intenzionalità più che metafisica, simbolistica, ~ccultistica, teosofica in una parola ; nella quale la ~ sensazione » teneva il posto del colpo di scena, tanto appariva sapientemente « costruita »; alla quale infine non era lecito aderire se non alle spiritualità raffinate; decorporate, capaci dunque di sospensioni astrali, di stupefazioni ascetiche. Per modo che, mentre il dinamismo, il realismo, I' estetismo, riducevano la creazione ad una vicenda di burattini, la superpoesia la dissolveva nell'astrazione. Da un lato fantocci, dall'altro ombre di spiriti. Niente sangue, nè da una parte nè dall'altra I Altro è invece il nostro dramma, altro il nostro tormento, cioè la fonte autentica della nostra poesia. È nella fraseologia più consumata dei critici, la formula ~ cercare sè stessi ». Ora sarebbe inutile una tale ricerca della ' propria individualità se non la considerassimo nel tempo di cui è necessariamente il prodotto .. Prima che nell'intimo nostro, è necessario veder bene nella umanità clìe ci circonda, nell'ora che passa su di noi. Quindi troveremo - se potremo - il nostro posto e il nostro destino. Senza questa rispond~nza intima della monade con r universo, nel tempo e nello spazio, ogni sforzo di perfezione è inutile, peggio dispersivo, distraente. Il fatto poi di sentire e di amare cose belle che pur non appartengono a noi, allo svolgersi della nostra mentalità, che potrebbe sembrare un argomento a favore della libertà dell'individuo creante, dai vjncoli della creazione di Dio, a favore della vantata anarchia dell'arte, non &ignifica· nulla. Noi possiamo ammirare ed amare opere di tempi e di uomini superati. Ma ritorniamo al nostro problema, anche perchè non vorrei avere l'aria di suggerire I' infallibiie ricetta per diventare ~ genio ». · E questo voglio dire : che è dovere degli artisti incamminarsi alla ricerca di sè stessi muniti di idee chiare, di molta fede e di un grande spirit~ di rinuncia, perchè i capolavori non si fanno: vengono fa~ti quando è l'ora, cioè quando, senza dispersioni dannose, senza distrazioni,. una, due, tre generazioni di artisti hanno martellato con tutta la loro forza, la grande muraglia ; quando alla Dea sembra bastevole, per la grazia di un suo sorriso,· che illumina i vivi e i morti, il sacrificio delle lacrime di rinuncia, di disperazione, di .delusione di mille e mille pionieri sventurati. Chi ha forza nei muscoli e voglia di • • • camminare, camm1n1. ,, Henri Berstein aveva voglia di piangere quando ha scritto la Galleria degli Specchi. Da dieci anni oramai l' Italia ha gridato in faccia a tutta la dogmatica artistica dell'ultimo ottocento il suo « basta I ». Il futurismo~ Non aveva nulla di fatto da sostituire. La ricerca~ Ha innalzato e abbattuto cento altari senza identificare mai il nucleo sostanziale della poesia moderna, ma presentendolo. Da Marinetti, che creò il dramma sintetico per non sentire .. - 38 - · Biblioteca Gino Bianco ..,

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