Vita Nova - anno I - n. 2 - 31 marzo 1925

QUEL CH.ERESTA DI .,, SCARRON" ~ In piena Fronda, il poeta Scarron vide entrare una mattina nella sua camera d'infermo una giovinet\a singhiozzante. Era Francesca. d' Aubigné. Dalla seggiola nella quale il terribile male aveva costretto a trent' anni il suo corpo anchilosato, il poeta "levò gli occhi sulla apparizione, e tutti i presenti interruppero i lieti conversari che trasformavano quella camera di tortura in un delizioso e ricercato lÙogo di ritrovo • dei più bizzari intelletti dell'epoca. Scarron vi teneva cattedra di stile burlesco e guidava, agguerrito capitano, la reazione contro il preziosismo. Non è da dire che gli mancassero i successi editoriali, perchè le ristampe delle sue opere, dal Tifone al Romanzo Comico, andavano a ruba, e i parigini del decimosettimo secolo si mostravano più sensibili alla irresistibile comicità di Enea, lagrimoso eroe nel travestimento scarroniano del poema latino, che agli altri lai dei pedanti offesi da cotanta irriverenza. Il destino mise di fronte Scar- • ron e Francesca quasi col proposito di offrire al poeta burlesco un altro motivo autobiografico per le sue pa- ., rodie della realtà, collocando accanto alla sua persona deforme e ripugnante, un corpo d'angelo. Dal èontrasto si sviluppa la duplice personalità del poeta, e negli ultimi anni della sua vita il # marito canuto assume un aspetto tra grottesco e tragico di innamorato geloso, sul quale la realta si ven- , dica delle inesorabili burle del poeta contro gli uomini e la sorte. Francesca era venuta a !ui reggendo il peso della gloria dell' avo Agrippa, e della vergogna del padre, falsario, ed assassino, emigrato prima alla Martinica, . poi tornato in Francia, ove menò una vita vagabonda, sregolata e miserabile, metà della quale passò nelle prigioni de la Rocchelle, di Angeri, di Parigi e di Bordeaux. La moglie, che aveva voluto dividere con lo sciagurato, I' ultima sua cattività, mise alla luce Francesca nelle Concie.rgierie di Niort il 27 novembre 1635. \ - IO Bibliotec Gino Bianco La vita della fanciulla, non fu senza miseria, nè senza romanzo. Ricevette il battesimo, ma poi, fatta più ·grande e recatasi a vivere presso la zia De Vii~ lette, una calvinista intransigente, vi rimase fino alla uscita del padre dal carcere. Il padre, liberato subito dopo la morte di Richelieu, prese seco la figliuola e ·la condusse dalla madre a Parigi. Per la prima volta, Francesca, o come la chiamavano vezzeggiandola nel Pitou, Bignette vedeva l'autrice de' suoi giorni, e fu accolta con tanta freddezza che piangendo, rimpianse di aver lasciata la zia. Preso dal suo istinto nomade, e anche dal bisogno del guadagno, Costante di Aubigné, lasciò la Francia, e con tutta la famiglia fece vela di nuovo per l' America. Francesca si ammalò lungo il viaggio. La credettero morta, e stavano per gettarla in mare, quando la di lei madre, volendo~a vedere per l' ultima volta, s' accorse che respirava ancora . I poveri e tristi emigranti, giunsero• così alle Antille, a MariaGa- . lante, dove però non fu loro possibile di restare, perchè l'isola, era popolata da selvaggi. E si spinsero fino ali~ Martinica, dove dimorarono più di due anni, dal giorno dell'arrivo, a quello della morte di Costante. Anni duri, vissuti sott~_ la vigilanza della madre, che educava i figli con una severità intransigente. · Rimasta senza il capo, la famiglia, tornò in Francia, povera com'era partita ; e Francesca fu· di nuovo raccolta dalla zia D~ 'Villette, che, riprincipiando la sua opera di proselitismo, riuscì a converti~e la nipote giovanetta al protestantesimo, che era stata la religione del suo nonno. Da questo momento la vita della povera F ràncesca, acquista una certa notorietà. Il suo protestantesimo, disgusta la moglie del Governatore di Niort, dov' ella abitava, che, per piacere ad Anna d~Austria, combatteva a gran forza gli eretici. Fu presa, da questa dama, zelante ma avaris-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==