Vita Nova - anno I - n. 1 - 15 marzo 1925

popolate da divinità difformi; ho sostato a F atphur Sikri, la città della vittoria creata dal potente Akbar, che all'orlo del suo lago disecca.to, chiusa dai suoi bastioni di calcare rosa, sopravvwe alla ruina del tempo; e ho visto i:l miracolo unico al mondo dei T àj-Mahal, il mausoleo dell'amore e della morte, che glorifica nel candore di un marmo tessuto di trine aeree e di luce, la memoria della sultana adorata dal suo . imperatore. La sera cercavo riposo nelle stanze di albergh: strani, ove tra la folla dei servi in turbante, qualche inquieto viaggiatore mi parlava di paesi ancor più lontani, qualche vergine britanni•ca mii ricordava le leggii dell'ipocrisia sociale, qualche espansivo amico m1 1n1z1a.vaa1 gelosi recessi degli i~d~eni, a1 con- ~~ Per l'ultimo tiffin a bo-rdo, prima dj levare le àncore, avevo radunato alcuni amici ospitali verso lo straniero di passaggio; tra essi, una signora dalla pelle oipaca, le labbra carnose, i fianchi dondolanti come lç bajadere, uno di quei prodotti di stupende mescolanze di razze che noi ignoriamo nella nostra terra. Rievocazioni di corse in longa sull'asfalto della metropoli, lungo l'oceano sotto le palme al raggio della luna, cli cavalcate, di balli, di vicende stravaganti.· E l'addio scambi,ato in fretta, l'ultimo ansioso saluto pri,ma eh' essa scomparisse, ripresa dalla città assurda che mescola la flemma anglosassone al tripudio dell'oriente, il banchiere al paria, il campo d1elle corse Benares sul Gange Yegni sacri e profani ove ci si inebria delle danzatrici religiose, del hetel e deU'oppio. Tornando, l'auto aspettava sotto la chioma dei banian--tree il boy apriva lo sportello accettando con dignità principesca la mezza rupia; .e si voìava _nell'os~urità piena di brividi, piena dello stormire dei palmeti, del frusciare dei cobra, del lagno degli sciacalli. Nella corsa lungo le vie deserèe accadeva talora d'incontrare qua,lche corteo funebre rischiarato dalle torce a vento e ' . di vedere entro vasti recinti, gli indù bruciare i loro morti. La - spoglia umana fasciata di bende come le mummie egizie, era posta sul rogo. Al morso della fiamma, il cadavere si svestiva della teca funeraria~ sc~piettava, fischiava, si torceva spasimando. Una fumea bassa ed acre sta,~ava ·a fior di terra; e l'atroce lezzo di carne cotta riempiva la notte senza vento. • BibliotecaGino Bianco 30 alle torri degli avvoltoi, le bionde ladies viziose e viziate alla plebe ainn1antata di bianco gandhista che si nutre di erbe e biascica preghiere. . ~o~ay, fulminata dal sole, sfila diggià innanz,i all~hublot, impiccolisce lontanando. La costa di Malabar H'll ' t · 1· 1 s asso - hg 1a, tremola sull'acqua che sfavilla, svanisce. I vapori della P ~ and-0, le fuste leggere, i velieri arcaici dri1leguanomghiottiti dalla luce. . ,L'India è scomparsa ai miei occhi. Quanto vi ho vissuto? un ora o un se.colo: Ciò è assolutamente· senza importanza in un n:ondo ove 11fluue del tempo si misura a millenni. ;!/.;!/,;!/, Si · , naviga sul II.lare ove muore l'ultima traccia giallognola delle acque terrestri. Al volo dei corvi· e de1· falch· ' 11 . . . 1 e successo que o dei gabb1an1, ultimi seguaci delle navi· che ••• • se ne vanno.

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