Vita Nova - anno I - n. 1 - 15 marzo 1925

I Si tratta insomma di cose utili, e cosa utile vuol dire cosa che serve; ma si tratta anche di cose che esistono in quantità limitata e che hanno la capacità diretta ·o indiretta di soddisfare .un bisogno. _ ' · Quando le cose delle quali cr serviamo o ci possiamo servire, esistono in quantità illimitata, non sentiamo il bisogno di queste cose. Esse non sono perciò beni economici, ma sono semplicemente beni, o anche, come si dice, sono beni non economici. La luce del sole è un bene, ma non dobbiamo svo1gere alcuna attiv·ità per goderla. . Sorge dunque il bisogno solo quando sentiamo la mancanza di una cosa che è capace di soddisfarlo e che esistendo in quantità limitata richiede lo svolgimento di una deter- .minata attività per ottenerla. Ed ·è quest'attività particolare nella qu:-ile ·si osserva che l'uomo svolgendola tende ad ottenere il massimo risultato possibile con il minimo dispendio di forze, che dicesi attività • I economica. Per questa concezione l'economia è stata ritenuta « scienza della ricchezza » o anche, quale estrema èd erronea conseguenza di tale concezione, come scienza dell'arricchimento. Essa è invece scienza dell'attiv;tà umana diretta al procacciamento dei beni economici atti a soddisfare i bisogni •umani nei limiti dell'onesto e del lecito. Suo oggetto è perciò l'attività umana diretta al procacciamento lecito della ricchezza. Suo ufficio teorico è di ricercare le leggi che regolano questa attività, o le uniformita che vi s·i osservano. In altre parole ammesso che un atto· umano riferito all'acquisto o all'uso della ricchezza sia onesto e lecito, l'economia ricerca i modi migliori coi quali esso possa divenir utile e sopratutto efficiente. Ufficio pratico della scienza di che parliamo è quello di dar norme all'umana attività onde la ricchezza che si produce possa vantaggiosamente bentficare l'intera società. Cenni storici intorno al sorger~ dell'economia come scienza. - La nozione che dell'economia politica abbiamo· esposta si riallaccia alla concezione smithiana di questa scienza, o meglio muove da essa _per quanto ne differisca sensibilmente. · Quando, dopo. l'epoca del mercantilismo e della fisiocr.azia,l'Inghilterra ebbe un grande · aumento di ricchezze specialmente per effetto dei suoi traffici e dei suoi commE.rci,Adamo. Smith cominciò a pensare sull'origine e sulle cause della ricchezza delle nazioni, e formulò - • • Bib-lioteGaGino Bian.co 2 , dei principi che furono ritenuti corretti. Egli sosteneva, contrariamente alle dottrine delle scuole precedenti - di cui ci riserviamo di · dire in seguito - che il centro dell'attività è l'uomo, mentre i mercantjl.isti consideravano fonte perenne di essa la moneta· e i fisiocratici la natura. · _ Lo Smith rilevò correttamente che l'uomo non svolge dà solo la predetta attività, ma suole da un lato utilizzare le forze della natura, dall'altro destinare a nuove produzioni anche ciò che è il risultato di una precedente produzione; cioè suole trasformare i beni economici che ha ottenuto e che sono in esuberanza, in altri beni economici· che gli permettono la soddisfazione di altri bisogni. In un certo momento, ad esempio, si può avere una tnassa di ricchezza prodotta, la quale è .più che sufficiente per il consumo. ; Questa Fi_cchezzasi trasforma in ricche~za · operante e ad essa ·si dà il nome di capitale. Il quale non è altro, perciò, che il risultato di una precedente produzione destinata ad una nuova produzione. Ricorriamo ad un esempio pratico: chi ha della merce e la vende ha un un ricavo;· l'eccedenza tra il costo della merce ed il ricavo costituisce quello che è l'utile. Tale utile può essere destinato al consumo che permetta il soddisfare diretto dei bisogni ma anche servire all'acquisto di altre merci: sotto questo aspetto allora diventa capitale. Discende da qu2.nto abbiamo detto che nella concezione Smithiana sono tre i fattori della produzione: natura, lavoro e capitale. Per essa anche si riteneva. che l'uomo era mosso, nel conseguimento dei suoi fini, da quella leva potente che è rappresentata dall'jnteresse individuale. Da questo doveva dipendere l'interesse sociale. Si lasciava all'uomo piena liberta d'azione, non dovendo. lo Stato ingerirsi nello svolgimento dell'attività eeonomica dei singoli. Si comprende però che se noi spingiamo• al massimo questo concetto arriviamo ad un effetto disastroso. La molla dell'interesse in-- dividuàle porta a questi risultati pratici: che l'uomo, se in un primo momento agisce per . soddisfare il proprio interesse, alla fine vuole solo questo suo interesse senza preoccuparsi se esso possa- essere di nocumento agli altri. Vi sono certametJte molti atti umani che ledono interessi altrui, ma che sf~ggono a qualsiasi controllo. E se si ammette come unico motore dell'aftività economica l'interesse e il tornaconto individuale, questi, in breve ora, degenerano. in un utilitarismo egoistico. La concezione Smithiana, nelle applicazi~n~ • • •

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