Vita fraterna - anno I - n. 6 - 10 giugno 1917

VITA FRATERNA 183 senso di penoso disagio. Taluno gli chiese come avesse perduto quel– l'occhio. - A tutti, seccamente, con il tono che sottrae a la noia d'una intervista Leone rispose: « L'ho perduto in trincea. :. Ad una stazione la voce del controllore a'1vertì : « Per Milano si cambia. I> - Molti scesero. Scese anche lui. Seppe che avrebbe do- vuto attendere un'ora. Uscì da la stazione. - Annottava. - Era una grande città. Sul vasto piazzale sfila– vano senza pause i tram elettrici. Carrozze ed automobili confluivano da ogni parte e per ogni parte s'irradiavano. Leone rimase quasi in– tontito da quella rumorosa e intricata mobilità. Vide lontano un rado convegno di alberi. Cercò scampo fra di essi. Scintillavano a pochi passi le vetrine di un grande caffè. Aveva sete. Vi entrò. I tavolini erano quasi tutti occupati. Si rifugiò in un angolo solitario. Alcuni lo guardarono; Altri non s'accorsero di lui. Da un gruppo di borghesi decorati del bracciale tricolore si levò un bis– biglio animato. - Leone con l'unico occhio mobilissimo esaminò mi– nuziosamente uno per uno tutti gli assetati raccolti intorno ai tavolini di marmo. E potè stabilire innanzi tutto che nessuno aveva sete. Ri– pensò al discorso del tribuno emiliano. Senza dubbio era entrato in un covò di imboscati. Gli parve di distinguere nel brusio animato indicazioni di località, nomi di generali, date di azioni, rilievi di· avvenimenti politici. Tese l'orecchio. Non era suggestione. L'esercito italiano pativa nelle molteplici diatribe di quella gente. Chi erano? Vecchi, con o senza parrucca, che tradivano in ogni gesto un'an– tica consuetudine d'ozio. Mercatanti maturi, parassiti palesi della guerra. Professori d'università costretti da l' indifferenza degli studenti a svolgere il faticoso programma di sottigliezze giuridiche tra l'estatica imbecillità degli assetati di nessuna sete. Vegliardi nel disagio dell'uniforme non desiderata. Giovani ufficiali attillati senza giustificazione tollerabile della loro imbellità. E poi la folla dei giova1ii parassiti, che parevano ostentare l' in– segna tricolore della loro pusillanimità autorevole come un distintivo di astuzia gloriosa. Il gruppo più folto di costoro s'andava gradualmente accalorando. « Io dico, - vociava un tale da la posa napoleonica - che la nostra fanteria manca di ardimento. S'arrende con una facilità impres- BibliotecaGino Bianco

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