Vita fraterna - anno I - n. 4 - 10 aprile 1917

VITA FR,\TERN.\ 117 Così, lentamente; 111' avvicino ali' anima del povero morto. P~nso che egli è solo, in un gelido ambiente, vegliato da alcuni soldati che montano la guardia a baionetta inastata. Dopo quel breve tuffo nella vita intima del!' amico, gli austeri onori militari mi paiono freddi, senza conforto ... E vincendo quel vago senso di pena che tende ad allontanarci dalla contemplazione della morte, entro nello stanzone in cui è stato portato il cadavere. Una lampada gitta un po' di luce sul morto, ed io rimango in tacito colloquio con lui. Istintivamente, davanti a quel– !' essere che nella vita m'era parso scettico, pronuncio la preghiera che fin dall'infanzia ripetiamo pei nostri morti, il De Profundis, unica preghiera· che risuona sino negli intimi recessi del!' anima; così ho gridato anch'io un poco dal profondo dell' an_ima verso Dio, perchè l'amico abbia a trovare la luce e la calma eterna. P9i ripeto dolce– mente il saluto che egli non ha potuto udire, che non udrà mai più: « Ciao, zio Pep ». Fuori, dopo una breve sosta, ricomincia a cadere la neve. » Ed ecco una delle ultime lettere al Padre, che non si può leg– gere senza un brivido. Ernesto Begey lo conforta dapprima per la perdita di un caro amico. Poi lo riprende dolcemente di alcuni giu– dizi che egli doveva aver dato di se stesso: « Non parlare di liquidazione . ... Riposa, e contempla la grande catena spirituale che tutti av– vince ... La guerra, dura scuola di dolore, obbliga a discendere nel- 1' intimo dell'anima e a risolvere i problemi più grandi che il mi– raggio di un' apparente calma spirituale ci aveva fatto lasciare fin qui insoluti - e in qualunque momento la società abbia bisogno di uomini forti che lottino per il bene, tutti quelli che sono oggi dispersi risponderanno ali' appello e lotteran1;10con fiducia pel suo trionfo. Tu hai pure un debito che non si può estinguere; un debito di lunghi e lunghissimi anni di esistenza, che permettano al tuo figliuolo di · provarti che nella vita vuole mostrarsi sempre interamente degno di suo padre. » Ernesto Begey ebbe, subito dopo questa lettera una breve li– cenza: dal 4 al 9 aprile visse in mezzo ai suoi Cari, che non dove– vano rivederlo, mai più, Egli sapeva tutto quello che l'aspettava, non si faceva nessuna illusione sui pericoli che avrebbe corso. Pure, il giorno stesso della separazion~ scriveva alla moglie: « Io ritorno. al mio posto con una grande serenità e qualunque cosa sarà di me, ti assicuro che mai avrò un pensiero di sfuggire, BibliotecaGino Bianco

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