Vita fraterna - anno I - n. 4 - 10 aprile 1917

VITA FRATERNA 115 confido che Dio ci aiuterà. Caro Papà, la tua corrispondenza mi è sempre tanto cara. Io rimango sempre il figliuolo che alla fine del pranzo veniva sulle tue ginocchia a farsi accarezzare e sento un po' di nostalgia di quei cari momenti. » Questo lato così caratteristico di Ernesto Begey, la sua tenerezza, quasi infantile col Padre, soave e protettrice coi suoi soldati tanto da essere stato paragonato da essi ·ad una madre, dà un risalto ancora più grande e commovente alla virilità della suà resistenza e del suo coraggio. Il 2 marzo 1916, scrive alla sorella Maria: « I miei 28 anni mi hanno ritrovato quassù tra la neve che cade da più giorni, con intermezzi di bel tempo. Le montagne sono anche qui molto scoscese, e vi mando a parte una serie di fotografie da cui potrete meglio rendervi conto di que_sti luoghi. In questi giorni ho molto lavorato colla testa, leggendo una quantità di libri e cer– cando così di ingannare le ore di reclu~ione a cui il mio ginocchio (1) mi condanna. Ma l'anima è troppo presa dall' attesa degli eventi che stanno maturando, per poter godere di quello che una volta ci dava commc;>Zione: e' solo le parole di vita vera posson~ trovare una ri– spondenza in noi. Si avvicina la primavera, e già sentiamo dal tepore del sole che pare voglia vincere la neve, che verrà il risveglio di tutto quanto ha dormito nell'inverno. Ed anche a noi pare di risve– gliarci ad un sonno tranquillo, per ripiombare nella tragica realtà di cui abbiamo vissuto una parte già nell'autunno. Io sono perfettamente tranquillo e solo spero di essere presto rimesso della mia indisposizione. Certo passeranno ancora· molti giorni prima che ci si possa muovere da questa parte - e credo ormai che difficilmente ci cambieranno di zona. Del resto, il caso nostro non è che un piccolo incidente nella immane guerra che di– vampa e quando si pensa alla terribile lotta odierna in Francia, la nostra vita ci par quasi un idillio ... colla montagna . .,, E sulla montagna, che egli ha sempre tanto amato, scrive nel suo diario, a Edolo, il 24 marzo, questa magnifica pagina: « ... la luce della montagna d'inverno non è gaia; essa può stor– dire ma non rallegra. Permane in essa un senso di desolazione; si sente che manca la vita. E l'anima si abitua allora ali' idea della morte; la rinunzia a quello che è la nostra gioia è più facile perchè noi ci sentiamo davanti ad essa troppo piccoli e diventiamo timidi. Oriani ha scritto: « Andiamo verso la montagna, là dove l'ombra (1) Contuso per un gra,e <;forzo, Biblioteca Gino Bianco

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