Vita fraterna - anno I - n. 3 - 10 marzo 1917

94 VITA FRATERNA membra piagate raccolte immobili nella trincea, ~ les armées se terrent ». Io non so se mai furon dette con più umile e più intima verità, con tanta disperazione e con tanta rassegnazione insieme la sofferenza del corpo vinto e dell'animo. che non può più nulla contro il dolore. Quarant'ore, dice, da che siamo in un fossato pieno d'acqua, ser– rati gli uni contro gli altri e la pioggia ci aggiacchia e ogni movimento è uno spasimo, il pensiero si è spento, sembra che sia morta per sempre ogni luce, ogni bellezza: « une plainte dolente hululait au fond de 111011 coeur douce et cruellement obstinée à me rendre fou •. Parole precise nel senso e che pur si perdono in una lunga risonanza, tragiche come una voce inarticolata di disperazione. Ululo di dolore che l'uomo ascolta con dolcezza perchè, solo per lui può credere an– cora di vivere, e avverte ancora la sua umanità. Ho freddo, dice qualche pagina dopo il Genevoix, freddo come le foglie bagnate e tremanti dei boschi, freddo come la terra dei campi che a poco a poco si stempera e scioglie. - Ci han dimenticati sotto la pioggia, nessuno più verrà a toglierci a questa pena: « ieri forse era tempo ancora, oggi è troppo tardi :. non ci salveranno più, non vale sperare. Dal primo rapido fischio di shrappnell, che Io fa impallidire e chi– nare, quanti suoni ha raccolti e notati il Genevoix: lo spaventoso scoppio degli obici, il rombo festoso dei 75 che incuora come una voce di famiglia, il sordo interrarsi delle granate, l'atroce, molle spe– gnersi del sibilo nelle carni umane. Le file s'assottigliano, i compagni d'oggi non saran più quelli di domani, la lenta tragedia di ogni vita umana si rinnova rapida, preme ad ogni minuto; nulla di cui Io sforzo della nostra volontà, il nostro amore prolunghi d'un'ora la vita. Il Genevoix capisce con simpatia fraterna l' anima degli uomini che egli guida; son forti come lui nel sacrificio, ma nella mente sem– plice raccolgono più spaventosa, piena di sgomento, la minaccia della morte. Scendono per la stessa via per cui egli va a gettarsi coi suoi uomini nella mischia, i feriti, i vinti della battaglia : essi che hanno in volto lo spavento del fuoco e lo spasimo delle ferite sem– bran dire ai sani, agli arditi che vanno a prendere il loro posto: « Vedete, noi siam la battaglia che passa. Vedete quel che ha fatto di noi ... » e son a centinaia, a centinaia dietro noi che non han saputo soIJevarsi e son ricaduti.. .. « Se andrete là di dove veniamo noi, le palle vi uccideranno come hanno ucciso loro, vi feriranno come han Biblioteca Gino Bianco

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