VIADClLCAl~~ODACNO Attraverso il panorama che con abile e non distratta mano Vittorini ci traccia del teatro spagnolo, immensi costruzioni artificiali ci seguono, con l' ambizione di uscirne al più presto. Forse nulla, veramente, ba servito peggio la Spagna che la Spagna stessa, con le sue suggestioni coloristiche e già sfacciatamente scenografiche; ma anche se ognuno ha quel che si merita, si trova che al teatro di Spagna è toccato fortunatamente, qualcosa di più sottile che un istinto scenico, e che non tutte le frivolezze scemano la sua grandezza, con il vanto di un' aridità metafisica. Il turbolento, il gonfio, il ribollente della maniera attribuita agli spagnoli, rimane attaccato come una coda pagliereccia alla penna dei volgar,izzatori romanzi~ri viaggiatori stranieri ed estranei, dei• coloristi esotici: che dovunque essi giungono il mondo diviene esotico, e difficili è per essi giungiere alla lapolissiana verità. Per• tanto, accettato faticosamente questo equivoco esotismo, e rinchiusi in nn cassetto i nastrini fronzoli penaccbi dei " toreros,, cari alle folle, il paesaggio della Spagna si incava impavido e pietoso come la Mancia di Palost, che alla Spagna ba dato appunto il simbolo più aperto e elementare: desolazione di pietra e risoluzione d.i fiamme. Del mistero spagnolo si è ancora tentata l' interpretazione: eguale, per lo più, facile e sfrenatamente sensuale, mentre non era che un'arida e intellettuale macerazione, una voluttà di uscjre dai sensi. Questo velo tenero dei sensi nasconde quasi sempre la vita e il suo significato, ripudia addirittura la vita e la tramuta in febbre, da cui non ci si salva che lasciando queste spoglie alla terra, e allontanandosi con finale purezza. Cos' ba dato il teatro alla Spagna? Tutto. Mentre la Spagna è stata prodiga di mantiglie e bascbigne, infante e arcivescovi, e carnevali a Sevilla. E il teatro ha affidato esclusivamente a se stesso la propria esistenza, non contando su un'equazione, ma su FondazioneRuffilli- Forlì una trasformazione umana; nè il realismo, per queste ed altre ragioni, può 1ninin1an1ente interferire in un palcoscenico che attrae a sè cielo e terra, cose e persone come un potente occhio deformante. Questo volume mostra che il teatro, in Ispagna, ha un potere di assorbimento a cui nulla resiMe, e che solo spiega il teatro, la sua funzione, il suo esistere. li teatro è qui in termini religiosi, e non si può quindi, come insiste la prefazione, ricercarne aspetti pacificamente letterari; mentre esso si. spiega come un cataclisma, un incubo, l'invenzione della doppiezza e dello specchio magico difronte alla folla estatica del Giovedì Santo. Tutto questo senza bisogno di informare che le prime inanifestazioni sono religiose, e senza bisogno di ranunentare i pr·i,nadi e il Misterio de los Reyes Mogos; e tutto resla religioso, e ostinatamente, fino a del Valle Inclàn e Garcia Lorca. Tutti i. sensi volatilizzano, femmine nude si portano sotto le •chiese, e sangue viene versato accanto ai morti: è una catarsi violenta e volontaria, che stupisce come un enig.ma. Ma il popolo non permette che gli si proponga la vita, e la fredda inversione della vita: la vida es sueno, e i suoi occhi sono pieni di illusioni e i sensi avidi cli rivelarsi. el caos degli spettatori, la medicina non può essere che risoluta e immediata: questo del teatro spagnolo è radicale come il desiderio che l' ba generato. Tutto si sublima nel deciso istinto di assorbimento, di estasi. La pace che si apre su questo teatro è il silenzio dopo un'immensa fuga di Bach. È tutto questo che, a parte ogni riferimento coloristico e ornamentale (da troppo tempo, ormai, sono il nostro incubo), dà a questo teatro un'essenziale purezza e una tragica nnità come atti che si ripetono, continui auto - da - fè di un'umanità dolorante. Il sacrificio di Melibea e di Calisto richiama la tragica cadenza della morte in Bodas de sa.ngue: identico è il perire dei sensi nella morte. Questi personaggi non sopportano il peso della carne e dei desideri, e la macerazione della colpa: ne soffrono fino a morirne, o fino a una crudele disperazione. Ugualmente delle loro implacabili vendeue: l' Alcade di Zolamea, di cui non si possono spiegare, io una falsa rappresentazione, le movenze bonarie e parodistiche. (Mentre, ad un tratto: "Aprono una porta e si vede il Capitano strangolato su una sedia,,). L'immenso equivoco di una Spagna da aspetto e lievemente partenopea, ci affligge durante la lettura di pagine così serie, come un rimoi;so, assorti in una rappresentazione di così gravi allegorie. Mentrn sempre più lucidamente si pervade questo fenomeno di una civiltà teatrale superiore, non vana; di un teatro che trasforma, non riflette (è di un teatro popolare non la triste conispondenza di immagini, ma il ribollire del domani, il presagio dei sensi, Ì' appagamento del proprio avvenire). E tanti no1ni quando noi avevamo appena Machiavelli, e poi le mature rotondità del Goldoni: indi il teatro borghese. Mentre nulla più del teatro di Calder6n e Lope e Cervantes risuona di una verità intatla e semplice,lontana dalla generica umanità e dalla inutile verosimiglianza. Come il teatro si spinga attraverso le accese prove della verità, a un dubbio senza pari gelido, libero da scrupoli ma cavillosamente accanito, ci rivela Alarcòn : la ~·erdad sospechosa. Se pure l'intero teatro spagnolo è una verdad sospettata, una metafisica e continua riprova della verdad ( il vecchio geloso, il quadro delle meraviglie - fantasia di Don Cbisciotte - attestano un'attività incessante contro l' inganno dei sensi, ma il demonio ba ragione), si giunge con Alarcòn a un punto in cui l'intrigo è il protagonista, le insidie si moltiplicano, la scena diviene un tranello ; una sagra del falso. Las poredes oyen: alla fine di qnest' intrigo si è ormai 31
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