Via Consolare - anno II - n. 6 - giugno 1941

una euforia pulsante al posto della fredda inquietudine di poco prima. Anzi dopo un'ora di discussioni 's' avvide d' aver concluso il ·più bell' affare della sua vita. Diecimila lire erano, per lui, men di nulla, se pensava di av.ir fra le mani il marito dell'Elvia, semplicione e testa ottusa, anche se d' aspett~ decoroso e di modi molto garbati. La via Bel Grano è, nei mesi caldi d'estate, frequentata quanto la via centrale, percbè - sopratutto di sera - la gente ama sbucar dai portici e, infilando questa via larga e diritta, affacciarsi direttamente sul porto. Li c'è tutto il lunghissimo molo di sinistra eh' è una passeggiata incantevole, e non solo per i lupi di mare incanutiti. Di sera dopo le dieci, allorchè i vecchi e i ragazzi scompaiono, i passi elastici dei giovani rimbombano stranamente sul duro selciato ed essendo la strada, per vecchia tradizione, scarsamente illuminata, è facile per gli animi, già in qualche modo a ciò avviati, aver l' illusione di rivivere avventure romantiche. Di fatto però una sera di primo settembre ai pochi che s'imbatterono a_ passarvi verso le undici, l' avventura toccò, anche se pochissimo gradita. Fu subito un accorrer di gente, un vociare che ridestò tutta la contrada assopita. Dapprima la calma della notte era stata lacerata da un urlo inumano; poi, dopo attimi di silenzio, il tambureggiare dei passi di corsa aveva iniziato il frastuono. Il quale, anche dopo qualche tempo, si manteneva ad un livello estremo. E ciò non tanto per la gravità dell' accaduto, piuttosto per il fatto che_ la "Croce Verde,,, col suo ambulatorio a dieci passi, era immediatamente intervenuta rimuovendo la causa della curiosità. I pochi che avevano as, sistito ali' avventura, erano anch'essi introvabili. Chi coi carabinieri accorsi, chi con la " Croce Verde ,,, chi addirittura in casa propria a rimellersi con un ponce fuori stagione. Quell' uno o due che restava, era innondato dai fiati di tante boc• che aperte contro di sè, che - aiutato in questo dallo spavento provato - vacillava e riferiva parole mozzate e confuse, le quali iucendiav ano, più che quietare, l'ansia degli accorsi. Ali' improvviso però quel mare Fondazi6neRuffilli- Forlì ebbe una oscillazione violenta: era giunta un auto pubblica. Poco dopo tutti videro uscire dal portone della casa, accompagnati da alcuni funzionari, il rag. Gallo e il signor Spagnolo. Allora tutta la folla rinsavì ed i fatti sconnessi uditi nel gran frastuono poco prima, presero per tutti una evidenza solare. Ognuno col vicino cominciò sottovoce a commentare l' accaduto senza più chiedere altri particolari. Da molti mesi l' Elvia frequentava, nelle sere in cui il marito s'assentava, lo studio del rag. Gallo. Come fosse la realtà delle cose, di fatto non lo sapeva nessuno, neppure due dei tre protagonisti. La scena era stata delle più normali in simili frangenti. Invece Scendi dal cielo e picchi: cadi lenta, lenta e batti in terra: tac! tac! tac! Quasi dai un ritmo dolce, dolcissimo. Batti nei vetri: tac! tac! tac! E dai Il senso del tempo che fugge, della vita che sfugge. Ogni battito è una speranza che cade: un'illusione di meno. Tu vieni dunque e dal/' errore flberl: errar che avea dato Il sereno che pur tanto è amato. Col sole cl par tutto bello, ci par dolce gaio, felice: vediamo un domani di salire sul treno, quella sera lo Spagnolo era tornato sui suoi passi e, a tempo opportuno, si era presentato deciso ali' uscio del rag. Gallo. Prima ancora che i due si affrontassero, era avvenuto l' irreparabile: l'Elvia, aperta la finestra, s'era precipitata sul selciato della via. Come siano rimasti i due rivali di fronte, nessuno potiebbe dire : certo è che non si sgualcirono neppure il colletto della camicia. La Elvia invece morì dopo due giorni d' agonia all' ospedale. Aveva tutto il volto sfigurato e i capelli biondi le erano s·tati tagliati per permettere nn estremo intervento chirurgico. EZIO COLOl\1B0 di gioia: sognamo vicina la felicità. Tu no! tu non cl Illudi! Ci ricordi la tempesta passata, ce ne annunci future; ci dici che è lotta di ieri, di oggi, di domani la vita: che è un sogno ed un mito Il riposo. La gioia si coglie nel 'attimo che fugge, come raggio di sol tra le nubi che presto svanisce. Vieni, vieni: picchi in terra e sui vetri: tac! tac! tac! Dai il senso del/' eternità che si rinnova e pur sempre uguale si ripete. I I , I , I • I AOROANOPATRON> ,i

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