Via Consolare - anno II - n. 6 - giugno 1941

tin L1ità ,, e dell' ,. nnità ,, del proprio Teatro. Principi che si com• penetrano e si fondono in una coscienza che trascende il contingente e l'individuale per la costituzione di CJUella ricchezza sempre maggiore e sempre più preziosa che deve conservarsi anche CJUando l'organizzatore di oggi, domani sarà solamente un medico od un avvocato. È usanza comune che l' organizzatore, invece, in u1oltissimi casi, a_bbia anche la funzione specifica di regista e di attore. Ad essere rigidarneute teorici CJUesto feuomeno non dovrebbe accadere, percbè il direttore del Teatro avrebbe il precipuo compito di in<Juadrare l' attività artistica dei suoi collaboratori, imparzialmente, e di accontentarsi solamente della buona efficienza del suo organis~no. Questo non accade che assai cli rado. Generalmente gli organizzatori, sia perchè an1ano il Teatro ovviamente pi,, come fenomeno artistico che come fenomeno organizzativo, sia perchè si sentono il diritto di essere compensati della loro improba fatica anche come artisti dagli applausi del pubblico, s'improntano a registi e ad attori principali. Quindi in forma diversa, proprio in molti Teatri-Guf, si è tornati, all' atto pratico, a CJUel fenomeuo che si pensava relegato al vecchio palcosce11 ico : il " Capocomicato ,,. Questa denuncia può apparire sensazionale proprio ora, CJUando si credeva che il " Capocomico ,, fosse ormai tanto impopolare per CJUegli uuiversitari che sono gli aspiranti uomini cli Teatro di oggi. Il fatto è che la teoria,' come sempre, è cosa assai ben distinta dalla pratica. Esiste una forza atomica che regola tutti i complessi drammatici e li fa tendere ha costituirsi intorno ad un nucleo centrale (si chiami CJUesto direttore, primo attore, allestitore, regista, capocomico)? D'altro canto la centrifugazione organizzata di molti Sperimentali dei Guf (.Sperimentale cli Firenze, di Roma, etc.) ha dato i suoi buoni risultati basandosi su nuove valenze e nuovi stati allotropici. Quale sarà, in conclusione, la struttura organica dei complessi drammatici di domani ? Questo rin1ane ancora un grave punto Una annata feconda del Teatro Guf dell' Urbe 11 giorno 29 del mese scorso si è cbiusa ufficialmente l'attività del Teatro Guf con il quarto e ultimo spettacolo dell'annata, CiP.li di Giovanni Gigliozzi. Ed è bene rilevare subito come il pro• ponimento iniziale circa il numero degli spettacoli è stato soddisfatto ; sebbene i richiami e le partenze dei volontari abbia• no assottigliato le nostre file. Uno sguardo al repertorio realizzato ci fa credere per lo meno ad un tentativo di tono uniforme circa la scelta dei lavori, ad un programma che pone dei limiti di mllssima e di ruinirna da La Pentoli,ia di Plauto a Cieli#di Giovanni Cigliozzl. Forse non trovano un preciso posto il dramma di Saroyan Il mio cuore è sulle alture e l pa::i sulla m.ontagna di Ales- " La Procura ,, di Turi Vasile FondazioneRuffilli- Forlì interrogativo. Potranno Guf, 'attraverso le loro i Teatrioriginali costruzioni, le loro vergini impalcature, le ntuuerosissime vivaci soluzioui pratiche ed artistiche, fornire un contributo di esperienze tali da costituire un nuovo e più perfezionato indirizzo all' organizzazione di domani? oi giovani ci augurian10 di sì, percbè speriamo che tutto ciò che abbiamo fatto, facciamo e faremo in CJUesto campo non vada del tutto perduto e messo nel bagaglio sentimentale della nostra prima giovinezza piena di entusiasmi c di fe. conda verginità. ALBERTO PERRINI sandro De SLefani. Ma almeno per que• st' uhimo vige la giustificazione di un criterio dimostrativo reazionario, e di un interesse polemico forse non troppo evidente e comuuque rilevnnte. Ciò premesso, esaminiamo in linea cronolçgica gli spettacoli realizzati. 11 primo constava dei tre atti / pa;:i sulla montagna di Alessandro De Stefani, con la regia di Guglielmo Morandi, scene di Eugenio Rossi. Lo spettacolo ottenne consenso di critica e di pubblico. Cowpone,•ano il programma del secondo : Il mio cuore è sulle alture cli \ViUiam Saroyan, novità, regìa di Lina Costa; e Qui s' i,uegn.a a rubare di Stefano Landi, con regìa <li :Mario Beltramo. Del primo lavoro di~emo che si mostrò insufficiente quanto a realizzazione. Le scene erano ri• spettivamente, degli universitari Ugo Travagli ed Eugenio Rossi. Il terzo spettacolo - La Pentolina di Plauto con la traduzione e regìu di Turi Vasile, scene di Roberto Marsico - ha inteso intonarsi ad un piano tipico e ad un programma definito • per un culto riOesso - scrive Diego Fabbri - <li una certa perenne romanità •· li quarto spettacolo, che conclude l'anno, ha avuto il Javoro di un giovane: Cieli, favola in tre atti e quattro quadri di Giovanni Gigliozzi. La commedia, già prescelta dalla Com• missione dei Prelittoriali per l' invio a Firenze, era entrata nella graduatoria dei poi sospesi Littoriali del Teatro A. XIX. La regia di :Mario Beltramo; e le scene i co• stumi di Marsico, Marrucci e Ragona. Diremo che la critica si è stranamente comportata con questo lavoro di uu giovane, ossia di un autore che più di og1li altro ha bisogno di incoraggiamento e di com• , prensione, dal momento che il giudizio di due Commissioni certifica per lo meno l'esistenza di un campo intenzionale e di un temperamento. Ed è bene segnalare che si tratta di quella stessa critica la quale, dinanzi ad 31

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