Via Consolare - anno II - n. 6 - giugno 1941

Film e anche da noi dà una scoperta mimica, uno scoperto teatro dilettevole. Ma il pubblico anela al teatro lirico e, poicbè la moderna poesia ancor troppo si libra nella discussione, si volge ai classici (un esempio ne è il successo della presentazione classica nelle ultime due rappresen- -·-· e IE ti,,,, di {Ji,o.v.anni t;i~{j./l,IU Il Teatro Guf cieli' Urbe ha presentato, come suo ultimo spettacolo dell' A. XIX, la commedia in tre ani e quattro quadri, " Ciel i ,, , di Giovanni Gigliozzi. Il lavoro era stato presen Lato ai Littoriali, ed era anche entrato in graduatoria, assieme agli altri due (" Qnello che il muro ha visto,, di G. Santoni - "la procura,, cli T. Vasile) del Guf di Roma. Ora, se il parere del pubblico và preso come elemento relativo di giudizio, bisogna subito dire che il pubblico romano aderì allo spettacolo, realizzalo con molla cura dal regista Mario Beltramo. Ed il valore cli questa adesione è tanto grande quando si pensa alla fragilità e alla quasi inconsistenza del tono in cui il lavoro è portato, un tono tra il " logicamente fiabesco,, e quello "a tulli i costi irreale,, prossimo alle smelaLure e spesso anzi del Lutto smelato e dolce. Si aggiunge al tono ulla cert~ iugennilà di situazioni, e un fan• ciullesco baloccarsi di espressioni fatte cli luoghi comuni, riconosciu Li come enfatici e elette con un'aria candidamente trasognala. E con tutto questo il pubblico non ha "beccato,, cbe poche volle, e in quelle pocbe volle lo ha fatto come per divertirsi e aderendo !ancora. Ha poi - ed è importante - fas_ciaLo cli opportuni silenzi di sospensione e trascorso nelle cordiali risate di commento, e ha applaudiFonda2$8leRuffilli- Forlì tazioni cli guerra a Berlino). E ricomparse c1·isi occasionali possono, servire cl' incitamento poichè il teatro per il Tedesco ha un m~rale compilo nazionale. Come fonte di elevazione spirituale e cli perpetuo interiore rinnovamento il nostro Lealro vivrà, finche il nostro popolo vi ve ! GVELDE K1\RWEHL to convinto ad ogni fine d'atto. Allora non c'è che da ricercare la mancanza di queba reazione che si credeva evidente dopo l'esame del tono e del modo. A noi pare che sopratutto il lavoro non è un baloccarsi nn gingillarsi con i fantasmi di un mondo fantastico. A parte quel fanciullesco baloccarsi di espressioni cli cui dicemmo pritna - come il gatto che gioca e scherza con gomitolo di lana e ci prova gusto e non sa perchè. - C' è invece - in Cieli - un contenuto preciso, che è contenuto morale guardato con gli occhiali variopinti della poesia e della fantasia. Già dal primo atto questo contenuto morale si afferma iu ano svolgimento poetico e drammatico, con una concitazione lievissima innestala in personaggi simbolicizzanti come Viviano e Micbele, ed in una creatura da un certo margine di nmanjtà quale Sabina. Bello in proposito il trepido risveglio di lei dopo l'abbandono di Viviano ; e c1uel 1·ichiamo e quel passo che si avvicinano, che ella desidererebbe di Viviano e sono cli Michele. el secondo atto invece pare che le lenti cli quegli occhiali di cui dicemmo acquistassero delle proprietà eccessive, come quella di decomporre la lu,:e. Il contenuto morale così si svela in pieno - ecl invece di prender vita poeticamente, si attarda e ristagna in divagazioni inutili e in episodi slegati. - Siamo nel " mondo che è che non è ,, cioè il mondo della pura fantasia: ed è già evidente che l' autore non pnò nemmeno staccarlo in modo netto eia uu altro mondo che non sia della fantasia, dopo quello fantastico che ci ha presentato nel primo atto, non solo nei toni, ma sopratutto nei suoi valori. E in questo caso l'adesione del pubblico, ossia la mancala reazione ad un mondo tanto fiabile, è cla spiegarsi per quella serie cli espedienti esteriori con cni l' autore ha ravvivato le altrimenti noiose cantilene delle fate e degli altri abitanti il " mondo che è che non è ,,. La scena è tra le nuvole; sfondo il cielo; ornamento la Via Lattea. JT., li ATTO DI "Cl ELl,, È' in scena il " mondo che è cbe non è ,,

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