Via Consolare - anno II - n. 6 - giugno 1941

un distacco totale dall' oppressione dei riferimenti per• sonali. Sarebbero giunti cosi ad accordare ad ogni scatto un valore documentario, immersi nel godimen• 'to puro della contemplazione, anche se immediatamente nocivo alla loro piccola storia umana. Sui figli agiva sempre la speranza inconfessata di sorprendere quel soffio di vento che da secoli aspettavano su tutti i paesi. Anche se la speranza fosse venuta meno non avrebbero resistito dal gioco capriccit>so che traduceva la loro moralità. Occorreva ricercare nel giardinetto povero di quella piazza gli angoli più remoti, dove l'esistenza poteva rifugiarsi nell' ultima senzazione di magico offerta dal continente abitato. Ora la Luciana aveva detto che l'amica non era ancora rincasata, bisognava attenderla e poi si sarebbe deciso sul da farsi. Intanto potevano risalire da lei e riposarsi un poco. Quel divano coperto di una seta a fiorami e quelle sedie laccate potevano forse esser~ un invito alla melanconia per cuori meno ancorati nelle loro spe• ranze di quelli di Valerio e Diego. Per essi erano solo i segni esterni di un probabile abbandono all' ansia della regione ambita, che solo per Valerio cominciava a svanire in una timida acquiescenza al sospetto della sua irraggiungibilità. Dei fiori riconducevano la memoria alle antiche cattedrali abbaglianti di sole, ai fiumi accompagnati ai lati da alberi alti e percossi dal vento. Diego abbandonato sul divano e .Valerio seduto compostamente sulla sedia sostenevano le domande della ragazza. Affioravano i motivi per riesplorare i sentimenti attuali attraverso la cronistoria dell'ultimo viaggio, durante il quale tante volte si erano riposati sotto l' ombra di alberi strani. La sera temperava il calore che fin(\ allora aveva accompagnato il pomeriggio, la Luciana si era spogliata e cantava per loro correndo dalle braccie di uno in quelle dell'altro con risa infantili. P. ZVETEREMICH Sul/' ampia distesa del mare tranquillo una ninfa discese e un l(arrulo trillo sali nel 'azzurro profondo del cielo quand' essa s' avvolse nel!,'ampio suo velo. Il mesto tritone dal gorgo profondo la vede sì bella e pensa ad un mondo non d' acque cerulee e sottil! cristalli che le perle racchludon nel gelidi . val/I, ma a plani gioiosi cui Il sole sorride, che l'occhio suo cerulo si belli non vide. NIVE Fondazid~ Ruffilli - Forlì Ali guerriere (Apoteosi allegorica in un atto e quattro quadri) di CORRADINO CARELLA Il Centauro alato I PERSONAGGI Il Messaggero di Dio Il Messaggero della Patria La Tempesta QUADRO PRIMO (Un canto nella sera - invocazione del Centauro) Centauro: Profitmi soavi di piante che in questa sera morite nel/' ultimo afflato di. gioia, ritornerete a primavera ? Ritornerete quando stille ali del vento percorreremo il cielo ? A lla ventura e dove eccheggieranno rombi e scoppi osceni di cannoni in furia e dove sentiremo il sangue rosso rifluire ardente nel le vene ! E dove moriremo forse e in quel morire visione estre,na, un angelo s' adagierà sul/' ala ! Mess. d. Patria: Un cantico di fede, strofe alata a Italia nuova Centauro: sull' orma vasta della nostra gloria io ti porto o Centauro. I o sono come l' eco che la notte rinfrange, come uno squillo di tromba guerriera, come un richiamo lontano che dice indicando la meta : " È già venuta l' ora nostra ! ,, " La meta · nostra di passion prefissa noi giungeremo e con l' unghie e coi denti e coi ginocchi. Alimenta la fiamma I e ammanta d' az:imrro la tua carlinga, e infiora le ali e porgi il calice di nettare al motore che vuol cantare l'alleluia di gioia, e poi libra nel cielo. Ecco io ti dico tutta la J ede che mi brucia il cuore; e dico che per noi l' ignoto è vita e vivere pericolosamente è necessario. Nella carlinga trovo il focolare che mi riscalda, sul/' ala c' è la brezza che ravviva e nel motore ho il cuore che deporrò sull'ara santa della Vittoria.

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