Via Consolare - anno II - n. 5 - maggio 1941

UNA PROPOSTA FAVORIRE Gli AUTORI NOSTRI Delle numerose novità straniere che le nostre compagnie hanno rappresentato quest'anno fino ad oggi, la maggior parte è composta di inutilità teatrali facilmente riconoscibili come tali. Queste inutilità· che attraverso mari ed anche l' Oceano per giungere fino a noi, offrono alle compagnie una garanzia di ordine commerciale la quale poi in di~nitiva non sempre si regge. E pacifico che ci sono - al1' incontro - tanti autori italiani non rappresentati o rappresentati poco, e il cui valore intrinseco ha sopratutto il pregio della nazionalità, che è un fattore fondamentale nel tempo di guerra e segno di una tenace autarchia spirituale e culturale nel momento in cui giova non spargei-e o trascurare le proprie forze. Ed ancora è evidente come gli autori non rappresentati o rapUna scena della commedia "Là nascita di Salomè" di Cesare 11-fea,io presentati pochi siano proprio tra i giovani, e tra i più iu senso puramente commerciale, disinteressati. Giustissima ci pare quindi la proposta di Ugo Betti, che sostiene l' esclusione degli autori stranieri dalle nostre sce~e per tutta la durata della guerra. * che il cinema non è un comune investi mento di denari, come - per esempio - potrebbe essere quello su una partita di patate, ma che è a oche legato strettamen• te a quel.la certa cosa che abbiamo chia• mato Arte. t\i'I Ci-JE Jl -DJVlSNlO Concludendo, non pretendiamo che gli esteti capiscano in pieno cosa siano lndu• suia e commercio, e che gli industriali cosa sia precisamente l' A rie: solamente de· sidereremmo che gli uni e gli altri, per reciproca comprensione, addivenissero a quelr auspicato accordo che darebbe al nostro cinema il sospirato tono di media levatura, senza capitomboli indesiderati. . . . Recentemente un redattore di una importante rivista cinematografica, constatando come a Roma ben 13 film italiani nuovissimi abbiano tenuto il cartellone alcuni giorni meno di soli 6 film americani, incolpava pubblico, esercizio e noleggio di "una coscienza politica se non altro strana,,. Non è nostro intendimento entrare ora, nè sarebbe il caso, in una discussione che potrebbe diventare prolissa· ed in fondo inutile; non vogliamo tirare in ballo ancora una volta questioni estetiche, artistichc:-, organizzative, ecc., questioni c·be purtroppo non deporrebbero certamente a favore della maggior parte delle pellicole in questione ed in par1icolare di tutto il . cinema italiano. Ci sia però concesso fare alcune OS• servazioni che non ci sembrano del tutto peregrine. È evidente ed indiscutibiJe come la produzione americana abbia raggiunto un livello talmente notevole ed abbia acqui• stato una così salda posizione nel campo artistico, tecnico, organizzativo, dalla quale noi non potremo sbalzarla, anche coi prov• vedimenti più draconiani, provvedimenti che del resto si impongono nell'attuale momento di emergenza, se non faremo una politica cinematografica intransigente. So. FondaziOjfj Ruffilli - Forlì prattutto perchè la fama del cinemtt ame· ricano, teniawo a precisarlo per quei ca• merati che credono .di innalzare il valore della nostra cinematografia sminuendo que.I• lo della straoien, non è per niente usurpata: i recenti film made in. USA che abbiamo visto, salvo pochi scadenti, hanno ancora una volta confermato l'eccellenza delle pellicole americane. Abbiamo notato quel tono medio di buona levatura e quell' equi• libri.o che invano ci siamo finora augur.ttti per la nostra produzione. Si è infatti notato come cla noi gli esteti, gli entusiasti del cinema puro, dimentichino troppo spesso che il cinema è an• che un' industriu: che gli uomini che fan. no i film - per intenderci: quelli che tira• no fuori i quatl.rjni -, non possono, an• che cou tutte le buone intenzioni, mettere allo sbtiraglio, sia pure in nome di quella magica cosa che è l'Arte, i loro capitali. Non facciamo quindi loro un addebito se cercano di realizzare quelle peJlicole che potranno loro fruttare gli interessi, che vengano incontro, insomma, a.I gusto del pub• blico. Il quale gusto del pubblico è quello che è, ne si può pretendere di cambiarlo in quattro e quattr' otto, D'altra parte poi gli industriali, i pro• duttori dovrebbero pensare a loro volta 11 pubblico non si troverebbe così di• sorientato davanti alla produzione italiana. Il pubblico non bada tanto per il sottile: non pensa agli sforzi, ai progressi ottenuti nell'annata, al 61m ottimo che ha visto. Per prima cosa gli rimarranno impresse le brutte pellicole, numerose, e su quelle ba- ~ serà il &no giudizio. In Italia ci sono troppe pellicole pessime di fronte alle poche veramente riuscite: non facciamo certamente una scoperta senzazionale. Per questo lo spettatore ricorda con piacere la produzione americana, che raramente l'ha deluso: anche i film che non avevano assolutamente nulla di eccezionale dal punto di vista ar• tistico, erano tali da incuriosire, per lo meno, lo spettatore. , Il pubblico non è indotto a preferire la produzione americana. O almeno questa espressione adoperata dal giornalista roma• no è vera solamente a metà. É perfetta• mente vero che le pellicole americane sono sttt.te sempre precedute da una campagna pubblicitaria a suon di grancassa, che ha messo in tesla al pubblico i nomi di quei divi e di quelle dive che egli deve assolutamente vedere, ma soprattutto quando è andato nei cinema dove si proiettavano le pellicole americane in questioue non ha quasi mai rimpianto, dal suo punto di vi• sta, i soldi del biglietto. Il film americano, anche quando non eccelle, sa mantenersi in quell'eccellente tono medio che è pre• rogativa della produzione americana e che,

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