IL PORTIERE: Nulla. CARLO: E pensare che io ho rischiato di soffocare, là dentro, quel seme misterioso che è in noi, e da cui deve sbocciare, come u11 fiore, la nostra personalità I E' terribile. Sapete che io ho promesso a me stesso di fare un viaggio in India ? IL PORTIERE: In India? CARLO: Jn India. Che c'è di strano? Ma guarda 1111 po' che animo piccolo. Ci sono centinaia di vapori che vanno in India. lo a\'evo tuno preparato, avevo letto dei libri, i templi. Brhama, i tramonti sul Cange. Avevo persino abbozzato il mio diario di viaggio, ce l'ho a casa. Suvvia, ridete, perchè non ridete? IL PORTIERE: Non rido affatto, signore. CARLO: Preparandolo prima, con calma, si è molto più completi. Vedete questi fogli? E" la relazione delle cannelle. Volete sapere che cosa ne faccio? Ne faccio una pallottola,. signore I E la scara,·ento al diavolo. (b11tta a terra la pallottola, le dà anche tm calcio; dopo uu silenzio, con tutt'altra voce): Oh, 11011 abbandonatemi, signor Portiere, non abbandonatemi I IL l'ORTJP.RE: Farò del mio meglio. Vado sul posto. Guardate quella finestra. Se quella tenda si alzerà, vorr..\ dire che tutto non è perduto. In tal caso correle ed invocate l'indulgenza del consiglio e del consigliere Nol'buri. Se! al contrario quella tenda scenderà abbassandosi fino al davanzale... in tal caso vorrà dire ... che tutto è perduto. CARLO: Sono nelle \'OStre mani. IL PORTIERE (esce). SCENA SETTIMA CARLO (raccolta premurosamente la sua relazione di sollo una pan• china, siede sulla medesima stirando i fogli uno ad, uno sulle ginocchia; vede che ha perduto un foglio, si guarda iutoruo per ritrovarlo; ed ecco i suoi occhi cadorw su una borsetta da si• gnora dimenticata sulla panchina; cerca intorno la proprietaria, esamina l'oggetto, fa per aprirlo; sussulta). IL SERGt~NTE (che l'ruserva da qualche istante, con una affabilità che non promette niente di buono): Che fate lì? CARLO (cerimonioso, timido): Nulla, nulla, signore. lo sarei ... IL SERçENTE (c. s.): Non è da ora che ,,i osser\'O. Che a,·ete li ? CARLO: La mia relazione, signore. lo sarei il vicearchivi. .. lL SERCEN rE: Non irnercssa. E quella? CARLO: E' una borsetta, signore, una pura borseua. IL SERGENTE (sempre con melliflua pocateiza): Non rate lo spiri• toso, giovinotto. Lo sì vede a occhio nudo che è una borsetta. Mi interessa appunto cli sapere che fa in mano vostra; e che fale ,·oi eia un'ora e \'enli minuli in questi paraggi. Le ,·os1re manovre sono strane, misteriose, caro giovinotto. (arrabbian. dosi percM Lusta, amic/1è guardar lui sta fissando le finestre del palazzo): Giovinotto ,dico a voi. Che cosa avete da guarScenografia itaUa,ra Pacuvio Giulio: teatrino "'Frana allo scalo nord" di Betti Fondazio~Ruffilli - Forlì dare lassù, alle finestre del palazzo? Giovinotto non [ate il il sordo, il vostro contegno non mi piace affatto. CARLO (che evidentemente ha ved11to alla finestra del palazzo un segnale funesto, si lascia ricadere sùlla panchina; poi, senza una parola, volge uno sguardo alla relazione, comincia melodicamente a lacerarla). IL SERGENTE: Sicchè? Dico: sicchè? Che cosa avete da dire? CARLO (minaccioso, sillabando): Che mi avete seccato. IL SERGENTE (interdetto): Eh ? Che cosa? CARLO: Seccato. IL SERGENTE (abbastanza sicttro di sè): Vi fo sapere che sono una guardia, signore. CARLO (violento): E io vi fo sapere che ne ho abbastanza di voi e di tutti i poteri amministrativi e politici. (finisce di /ace• rare la relazione, spargendone intorno i pezzetti). IL SERGENTE (grattandosi il mento e poi tentando di recuperare q11alche brandello di carta): E se io vi dicessi che voi avete l"aria di distruggere dei documenti compromettenti? (so/enne): Insomma, che fate qui? CARLO (violento): Il comodo mio. Questa è una pubblica panchina, signore. (si toglie la giacca, accenna a metterla sulla panchina come un cuscino): Vi passerò anche la noue. Sono un vagabondo. Andate. IL S~CENTE (intimidito, suo malgrado): Ma ... ad ogni modo ... quella borseua ? CARLO: E' mia ... E' ... di mia moglie. Oh infine, non v'immischiate, non annoiatemi, levatevi dal panorama ... IL SERCfNTE (perplesso): Sicchè ... (s'interrompe). SCENA OTTAVA ADRIANA (rientra cercando con gli occhi la st1a borsetta; la vette, si dirige sicurn verso l'oggetto, lo t>rende). lL SER.CRNTE: Vostra? ADRIANA: L'ave\'O dimenticata. IL SERGENTE: L'ho sorpreso mentre vi frugava. Sta\'O appunlO anc• standolo. Ha avuto il coraggio di dire ... Signora, lo cono,-;cctc? (Un silemio). ADRIANA (evidentemente impietosita): Si. IL SERGENTE (stupefallo, sospettoso): SI? ADRIANA: Sì. CARLO (macchinalmente): Sì. ADRJANA (Per allontanare i sospetÌi del sergeute, che non si muove, siede sulla panchina accanto al giovanotto): Proprio cosi, si• gnore, lL SERCEf'\.'TE (si allontana, volgendosi ogni tanto indietro, gra"an• (tosi il mento e borbottando fra sè): Borsetta ... moglie ... bene bene ... Benissimo. SCENA NONA ADRIANA (fruga nella borsella, porge a Carlo qualche cosa): forse vi sar.\ utiJe. CARLO:Danaro? ADRIANA: Poca cosa. CARLO (scarlatto): Perché ... io ne ho, signora. Ne ho. A ORIANA: Non ,·ole,·o offendervi. C\RLO: E' la guardia, signora; ve l'assicuro, è la guardia, che è Ca• cluta in uno spiacevole equivoco. Io leggo Omero del testo, vo• glio dire che ho srndiaro, sono una persona per bene. La guardia ... ADRIANA: Attento. Ci osserva. Non è troppo sicura che io sia davvero vostra ... Che cosa sono? CARLO: Moglie. Oh, Vorrei essere sottoterra. ADRIANA: L'incon\'eniente è questo: che se ora do,·cssimo separarci la guardia tornerebbe ad arrestarvi. CARLO: Non importa, signora. Sarebbe la mia giusta punitione. \"oi siete stata persino troppo ... nobile d"animo, generosa. ADRIANA: Ma forse arresterebbe anche mc. CARLO: E' terribile. ADRIANA: Bisogna restar qui. E ... parlare. Parlate. Dite qualche cosa. CARLO: Capisco la ,ostra repulsione per me, signora. Uno scono• sc.iuto. Anzi, peggio... E tuttavia vi supplico di credermi: io sono veramente ... io non sono ... ADRIANA (bonariamente ironica): Oh! Si vede. CARLO (sospettoso): Che cosa si ,·cde, se è lecito? ADRI.AN\: Che \'Oi siete una persona completamente per bene. (con
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