J-\ UTOftl DE!.TEt\ ~r ftO ITt\!.lt\ì'I O Pubblichianw nel presente numero la commedia inedita di Ugo Betti "Una bella domenica di settembre " ispirata ai sentimenti dellct più autentica poesia. La pubblicazione bettiana del lavoro da parte della nostra rivista, organo dei Teatri• Guj; oltre a costituire un' ennesimct presa di posizione dei giovani per un teatro di poesia, è una concreta partecipazione all' opera di ricostruzione del nostro teatro, mediante l'indicazione dei motivi e degli ideali umani, ai quali esso deve ispirarsi. l' ULTIMO BETTI Un anno fa, parlando della drammatica di Ugo Betti, ,ni trovavo d' accordo con E11.rialo De M'ichelis nel dire che tanto I nostri sogni quanto Una bella Domenica di Settembre erano "poesia minore in confronto alla pitì vera e dispiegata poesia del Betti,, (1). Allora le due commedie portavano i segni dolorosi di due disgraziate prove sceniche: Una bella Domenica di Settembre era " caduta,, a Roma, all'Eliseo; e Benassi aveva proposto, con scarsi consensi, all' attenzione di q,wlche teatro di provincia I nostri sogni. Il successo recentissimo di I nostri sogni - ripresentato dalla Comp. Tofano, Rissone, De Sica - e la nuova "edizione,, di Una bella Domenica di Settembre, che si pubblica in questo fascicolo, mi inducono non già a cambiare opinione, ma a riprendere il discorso. Poesia minore, avevo scritto, e 11011 volevo dire: poesia deteriore; tant' è vero che ritrova·vo nelle due commedie "placati, diluiti . . . alcuni motivi prediletti al poeta,, ; quelli, per intenderci, che costituiscono la più intima intelaiature, dei drammi della " simpatia nmana ,, : Un albergo sul porto, Frana allo sca• lo orci, 11 cacciatore di anitre. Allora: ciò che si placa e si dil1,isce è, non tanto la q11alità, quanto la pregnanza del contenuto; è l'impegno del poeta che diventa meno rigoroso e più ind1tlgente, meno volitivo e più spontaneo. E pur è sempre lo stesso occhio che guarda, ma sposta, adesso, la distanza della sua at• tenzione. Come chi si togliesse - per un bisogno di riposo - dal guardare da vicino (dal viverci in mezzo) ima mischia angosciosa di personaggi e, senza staccarsene con l' occhio, continuasse a rimirarla a distanza, più dall' alto, panoramicamente. Le cose entrano così in una nuova prospettiva. Una prospettiva più larga e spaziata, riposante e riposata, con tenere Fondazione Ruffilli - Forlì inframmetenze di chiare velature, di echi quotidiani (come voci sentite in fascio da una finestra alta; e non sai se siano portate su dalle, strada o se giungcm dal cielo a cui spontaneamente guardi alzando la testa q1,asi per nieglio :iscoltare); una prospettiva che suggerisce più liete conclnsioni, non meno coraggiose, ma soltanto un po' gratuite. Ma è proprio questo diverso suggerimento (che così com' è ha ancora venature di grcituità e perciò di labilità) q11ello che più conta perchè pi,ì. indica. E' l' indizio di un vedere in modo nuovo non già ,m altro mondo, ma lo stesso mondo di ieri con altri occhi. Come se gli occhi del poeta avessero mtitato colore e le cose gli si associassero, ora, dentro le pupille in nuovi aggruppamenti, con altri discorsi, an1111nciando diverse speranze. L'impressione di gratuità che talora ·viene respi• rando questo nuovo clima bettiano (nuovo, ripeto, non per cambiar di paese, ma per 11mtar di stagione) nasce dal dubbio che il poeta subisca troppo docile o accetti troppo indulgente quel mondo così nuova• mente configurato ; non chieda più, come ieri, con indomito rigo,e, perchè ?, perchè alle cose, perchè agli uomini. E se giungeva a non vedere in nessuno una vera, personale colpa, la parola pietà che sgorgava alla fine come 1m coro di uomini che hanno finito la loro giornata e ritornano, era però gonfio di tanto dolore che s' aveva il sentimento di un'ingiustizia incombente (anche se era un dolore non capito, sentito, sopportato). Voglio dire che in confronto a questo dolore così compatto le buone luci consolatrici che si dilatano stt I nostri sogni e su Una bella Domenica di Settembre come su cilcune recenti novelle, sembrano più desiderate che cred1tte dal poeta, frutto più d' una fede gentile e ingenua che di una fede totale. (Per questo si parlava di poesia minore). Ma il snggerimento, come dicevo, resta indicatore. Indicatore di un altro contenuto e perciò di un altro stile. C'è un momento nel secondo atto 'di Il cacciatore di anitre in cui l'alto Revisore domanda improvvisamente a Marco : " Credete nel Paradiso ? ,, , e Marco : " Da ragazzo, signore. Qualche volta, sognando, lo vedevo,, - "Ma ora?,, - "Ho altro da pen• sare . . . ,, - . Da allora il pensiero del Paradiso - un ricordo incerto, una vaga aspirazione ? Un avvicinamento lirico - accompagna sempre più f requentemente i personaggi bettiani; e forma non solo "" nuovo colore di sfondo, ma addiritura un altro " spirito ,, ; costiiuisce per il poeta un nuovo modulo 17
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