Via Consolare - anno II - n. 4 - aprile 1941

~~~ Giova rispolverare le pagine d'un dimenticato: Camillo Boito, fratello d'Arrigo. Fu per gran parte della sua giornata critico pontificante d'arte: architettura e pittura in ispecie. Libri di tali argomenti ne lasciò molti e, a quel che i giornali del tempo e qualche vecchio milanese ci ricordano, i suoi giudizi dovevano essere sulla bocca di tutti. E forse questa notorietà ombreggiò alquanto l'altro suo volto: di scrittore e prosatore. Presso i posteri però; chè ai suoi tempi le pochissime opere sue andarono a ruba, e di « Storielle vane » se ne tirarono sette edizioni e « Senso » giunse alla quinta. I critici dei giornali d'allora si scervellarono a rinvenire forme nuove di lode. Ora invece tutto è silenzio. Eppure C. Boito ancor oggi - e forse più d'ieri - sarebbe adatto alla lettura. Anch'egli segue la corrente degli Scapigliati, di Tarchetti e Praga, poichè di essi era coetaneo. Certo - avuta la fortuna di vivere intiera la vita - andò più innanzi di quei due, che la morte aveva stroncati a ventotto e trentasei anni. Arricchì la sua prosa di colorazioni più raffinate. e di forma e metodo d'indagine più contenuti e invigoriti. Sentì gli influssi di Francia, è vero; ma restò sempre nell'anima lo scapigliato che nel bacio sensuale della crestaia sentiva lo scricchiolio dello scheletro e in fondo ad ognj esperienza di vita lo scontento e l'insoddisfazione. E' importante notare come anch'egli - similmente ad Emilio Praga - fosse artista oltrechè scrittore, e come la pittura e l'architettura abbiano influenzato la sua prosa. La novella « Un corpo » recante la data del 1870 ben rappresenta la prima maniera del Boito. Tutto preso dalla morbosità degli Scapigliati, ne ricalcava gli errori. C'è in quelle pagine la disperata constatazione di non saper vivere la vita e la bellezza come ci son date da Dio. E' il Boito in un momento psicologico comune a tutta la Scapigliatura : voler essere un angelo e aver d'altra parte tanta sensibilità da riconoscersi debole e caduco come un verme. Tenebre e luce, bianco e nero : sono i due poli intorno ai quali gli Scapigliati ruotano, fino a stramazzar distrutti a terra. E' - in questa novella - l'esperienza tarchettiana portata all'estremo limite. Differenza: in Tarchetti c'erano in più certi fronzoli romantici; qui, caduti questi, vengòn sorgendo i particolari veristici. I quali finiscono sempre così: col metterci sott'occhio, in tutte le posizioni, cadaveri ora nel cimitero, ora in sale anatomiche, ora già decomposti. Ambiente d'incubo, spettrale. L'artista dopo aver invano lottato per spiegare a se stesso l'inquietudine del suo spirito, cade spossato sul baratro del mistero. Vita o morte? Direi quasi che s'aggrappino, questi scrittori, allo scheletro della morte con una disperazione sadica. Siamo alla necrofilia. Ecco come son fatti : « . . . una profonda paura della morte; un immenso ribrezzo dei cadaveri; una sensibilità di fibra ch'è una vera malattia ... »; eppure una persona che si riconosce una simile natura va nelle sale mortuarie degli ospedali, striscia contro il lenzuolo bianco di trenta cadaveri. Questa compiacenza del Boito per il macabro non si arresta alla sola novella « Un corpo ». Si trova un po' dovunque; anche FondazioneRuffilli- Forlì Pag. 14 in quel libro : « Gite di un artista », che vorrebbe essere di ben altra natura. Nel capitolo « Ossario » - e, si noti, è del 1877 - serpeggia lubricamente lo spiritello necroforo. Ma ho detto in prineipio: questa è la prima maniera di Boito. Poi le mode vigenti e gli influssi d'oltralpe smussarono un po' gli angoli. E la vena dell'autore tornò - pur tenendo il suo cammino - nella città comune. Ma se nella storia della Scapigliatura Camillo Boito segna l'esaurirsi della sfrenatezza egocentrica, funerea, splenetica, per un lento ma sensibile acclimatarsi dell'artista all'ambiente della mentalità comune; la sua prosa ha, pur oggi, risonanze e insegnamenti di un certo e vivo interesse. Negli Scapigliati - dopo Rovani - si nota una incapacità di produrre ancora il romanzo di gran mole. In Tarchetti affiora il frammento, in Praga si scopre l'impressionismo pittorico della prosa. In Camillo Boito questo impressionismo è così perfezionato da giungere al vero diario-taccuino, libro-tavolozza, com'è venuto di moda nel secolo nostro. Spunti di prosa pittorica ce ne sono un poco in tutte le novelle di Camillo•Boito. Anzi direi che questa sia la sua forma base, da cui partire. Il fatto stesso ch'egli non scrisse romanzi ha il suo valore. Egli era un uomo vagante: o in diligenza, o in vaporiera, o a dorso di mulo, l'Europa l'andava girando cantuccio per cantuccio, con lapis e foglietti in tasca, pronto a schizzar impressioni o riprese dal vero anche fra il dondolìo d'una vettura. E poi era architetto, critico d'arte; e certi quadri di natura li ritraeva così, come se il mondo fosse stato una gran galleria di pregevoli dipinti. Per f,orza il frasario della tecnica d'arte, la maniera critica di guardare un paesaggio o una figura, avevano il loro peso nei suoi componimenti letterari. Così gli sfondi delle sue novelle uscivan tutti a un modo: « ... lo specchio del lago, secondo i riflessi, era verdastro, era celeste, era roseo, e dove brillava di gaie striscie di fuoco, dove si perdeva in una oscurità misteriosa » (« Dall'agosto al novembre »); « ... svolazzavano i fogli dell'albo, che avevo aperto con la intenzione di schizzarvi un ricordo del paese. Le nubi di polvere nascondevano tratto tratto la campagna ... Nel fondo, lontan lontano, scoprivo ancora la cupola di S. Pietro: pareva il vertice d'un tumulo enorme» (« Baciale il piede e la man bella e bianca »): « nella via si vedevano uno alla volta i lumi rossastri, quasi cupi dei fanali; ma la nebbia fittissima era circonfusa di un chiarore scialbo, bianchiccio. che si faceva più vivo e insieme più denso accanto alle lampade» (« Notte di Natale »). Ma l'impressionismo di Camillo Boito non è più dilettantesco e un po' ingenuo come in Praga. Si vien maturandò nello scrittore di « Storielle vane » quel senso d'introspezione pittorica, che spinge un artista a miniare in due o tre paginette (o due colonne di giornale, come si preferisce ... ) una scenetta, che al comune mortale passerebbe inosservata. Una spiageia battuta dal libeccio, un sentiero percorso da un ciuco impiaghito, un caffeuccio con le tazzine corrose e sbeccolate : son tutti motivi che fino ad allora servivano ai narratori per dar risalto ai gesti dei !oro personaggi. Sfondi erano. non soggetti di primo piano. In Camillo Boito invece è la preannunciazione del saggio giornalistico, dell'elzeviro moderno. Trucioli di prosa, ricavati dal genio svagato e impigrito, che si sofferma oer ore ad ammirar cose sfuggenti all'occhio comune. E un esempio qui calza bene. Io venivo leggendo in questi giorni le pagine soarse di Camillo Sbarbaro. Non v'è chi ignori il posto ch'egli occupa nelle Lettere oggidì. Frammentista, prosatore

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