Via Consolare - anno II - n. 3 - marzo 1941

~~~ lginio Ugo Tarchetti, di cui cade proprio in questi giorni il centenario della nascita, appartenne alla Scapigliatura. Ma esprime, questo estroso artista, un carattere particolare nella corrente, di cui fece parte? Si sa che la Scapigliatura, pur essendo essa stessa una diretta filiazione del Romanticismo, volle dissolvere l'idealismo pratiano ed aleardiano, e, in un impeto di ribellione estetica, rinnovare completamene l'arte. Ma il rinnovamento rimase per gli Scapigliati solo nel loro cieco desiderio; chè al momento della concretizzazione. essi ripeterono i fenomeni del primo Romanticismo europeo, immettendovi in più qualche cruda colorazione del realismo venuto dalla Francia. Gli Scapigliati avevano avuto dalla sorte il triste retaggio di dover vivere in tempi artisticamente sterili, ed essi, pur aspirando ad un'arte pura, impediti dall'invadenza della ·loro vita, non seppero da essa staccarsi quel tanto per raggiungere la purezza e la serenità dell'arte. Il Tarchetti esprime in pieno questo contrasto della Scapigliatura. Se altri ebbe la forza di tentare di risolvere artisticamente il dissidio constatato, nel Tarchetti questo contrasto rimase sempre allo stato di lotta, egli intorbidò la vita con una continua insoddisfazione ed un continuo scontento. Riprendendo l'individualismo romantico, egli lo spinse al di là d'ogni esperienza umana. Goethe e Foscolo avevano creato due figure, che erano le espressioni della loro vita spirituale, vale a dire del loro sogno artistico; il Tarchetti, ripetendone le esperienze andò oltre. Per essere da più dei suoi precursori, non volle fermarsi nel campo dell'arte, ma realizzare nella vita pratica il sogno poetico, e vivere non come il Foscolo ma come Ortis, non come Goethe ma come Werther. L'individualismo romantico diventava in Tarchetti egotismo. Questo suo assurdo proposito lo caratterizza fra i compagni di corrente. Giova chiederci davanti a tale singolarità (negativa quanto mai e esplicita verso una sua mediocrità poetica e narrativa) s'egli abbia lasciato traccia o meno nella letteratura nostra. Insofferente d'ogni norma, si dibatteva con scosse violente per raggiungere una meta qualsiasi. Ma ad ogni salto spiccato verso i regni del! 'inconoscibile, ricadeva pesantemente sul terreno della realtà. Per questa sua sincera ~isposizione d'animo, anche se ripetè toni e figurazioni già da altri cantati, egli seppe incidere nelle sue opere il fuoco della vera sofferenza, il marchio della sua esperienza. Tutti i suoi eroi, passati da noi in rassegna, sono figurepretesto, create soltanto per esprimere i tormenti e le ansie dell'autore. Dal misantropo di « Una nobilefollia », dal transumanato protagonista del!' « Innamorato della montagna », dai musicisti pazzi di « Amore nel!'arte », dalle spiritate creature d'incubo dei « Racconti fantastici » - tentativi di evadere da tutto ciò che è realtà umana - fino alla tragica « Fosca » - dolorosa confessione della propria insanabile inquietudine - il Tarchetti ci appare degno di considerazione solo quando si abbandona a trasporti lirici, analizzando con tormentata sensibilità i propri stati d'animo, e penetrando così in quel mondo tenebroso che si chiama subcosciente. Egli stesso si riconosceva questa caratteristica ed affermava .in « Storia di un ideale » : « vi sono uomini che ·una avidità irresistibile di sapere, spinge ad indagare ogni vero, che vedono tutto, che esaminano tutto, che discendono nelle più ascose profondità d'ogni piaga ». - ln questi momenti lirici dell'animo, teso verso intuizioni ultrasensibili, egli segna la sua nota caratteristica nella nostra letteratura. Certo il Tarchetti fu un precursore di una importanza ben diversa, per esempio, del Baudelaire : la generale e scolorita monotonia dei suoi racconti tàrpò di molto i suoi intenti. Se si tien conto, tuttavia, delle particolari condizioni della letteratura d'allora e del carattere di molta fra la produzione poetico-narrativa del nostro secolo, si può concludere che l'opera del Tarchetti non fu del tutto vana. Non per nulla G. P. Lucini, l'epigono estroso della Scapigliatura, nel 1908 si lasciava andare a questi entusiasmi : « Tarchetti, sopra tutto, ci aveva affascinato ... egli aveva incominciato a gridare: - all'aperto! all'aperto!. - ... Tarchetti, per virtù postuma, ci aveva apparecchiato a ricevere, nell'impeto di un rifacimento estetico ed ideologicò, dopo le ebrietà delle sue corse veloci, delle sue distruzioni avventate, dopo di averci mondati di molti pregiudizi, pei quali l'espressione della nostra bellezza rimaneva inferiore al senso che ne avevamo, un più sicuro coraggio di noi stessi ... Tarchetti aveva meglio di ogni altro... allargato il nostro volo oltre i confini dell'uomo della piccola terra, foggiando l'uomo di tutto il mondo; cioè, dal gretto uomo cittadino-borghese, l'eterno uomo artista » (« Il verso libero ». pag. 522-26). Anche se oggidì s'è costretti a diluire assai l'enfasi FondazioneRuffilli- Forlì "Donna che legge", àipinl/l di Leonardo Spreajìco Pag. 13

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