Via Consolare - anno II - n. 3 - marzo 1941

avevo saputo che il .mozzo del piroscafo era stato sbarcato per un furto che si era ostinato a negare. Questo non potè dimenticarlo mai e il volto del ragazzo, intravvisto appena quel giorno del viaggio, venne a turbarlo spesso nelle ore in cui si è più soli ... Ma era più forte di lui quel desiderio improvviso! E non aveva importanza che la casa, nella quale entrava, fosse amica o sconer sciuta. Era come una voglia cieca, incontrollabile, che lo spingeva, che lo ponava avanti, che gli faceva allungare le mani. Bastava che il suo desiderio si appuntasse sopra un oggetto. fosse anche una scatola di cerini, perch.è dei fremiti Io percorressero, perchè una fonda inquietudine si impadronisse di lui. Le mani non erano più le sue. Si staccavano dal suo comando e dalla sua volontà. Parevano esseri che agissero per conto loro, indipendentemente. Calde le sentiva, lunghe, retrottili. Ogni poro della sua pelle pareva eccitato da una sensibilità morbosa e le dita erano come tentacoli di una piovra che, attirati dal bianco, stiano per abbattersi sulla preda. Allora si risvegliava una strana forZ3 di calcolo in lui, una specie di raffinata astuzia. Teneva desta l'attenzione dell'ascolt.1tore con un discorso vivace - anche la parola lo aiutava - e quando lo riteneva distratto, con abile mossa, rapido che aveva del prestigio, faceva sparire I 'oggetto. Ad operazione finita, ecco che tutto si placava in lui, anche il rombo del fangue e subentrava una calma dolce che gli illanP.,uiJiva i nervi e aveva In sensazione di essere una serpe sotto il sole di primavera, sturefatta da quel ~ono di calore. Così, a poco per voltn, tutta la sua vita era stata assorbita da quel vizio, padrone di lui, ed egli non viveva che per soddisfare alle esigenze della sua prepotenza. Tutto il resto non contava. Trascorreva le sue giornate trasognato, assente, distratto. Tanto che tutti cominciarono a crederlo colpito da una di quelle ingu..1ribili malattie psichiche e cercavano gli amici, i parenti, di racconsolarlo, spesso sotto la forma di discorsi velati, reputandolo ormai perduto. Venne anche il tempo che neppure la notte aveva pace, e un solo tipo di sogno gli frequentò la fantasia e popolò la sua mente. Era in una grande sala, una specie di sala di riunione; sul tavolo e·era un oggetto che egli non riusciva a definire, ma sapeva - di questo aveva cer scienza - che da esso dipendeva la sua vita ed egli ad esso tendeva con tutta la sua volontà. Le mani si protendevano in cvanti, lunghe erano) immense, quasi dei filamenti. ma non giungevano al tavolo. Ed egli tentava di avvicinarsi. si sforzava. Impossibile! I suoi piedi erano ser lidamente attaccati al pavimento, per quanto facesse, non gli riusciva di smuoverli. Come se fossero di piombo e i muscoli nello sforzo gli si enfiavano. dolevano. turgidi, tesi come la corda di un arco. Niente! Il sangue batteva alle tempie, der lorosamente, con .fitte acute. Il suo corpo era tutto proteso. Tutto inutile. Maledetto sonilegio ! E si tendeva sempre più fino a che sentiva la spina dors.1le che si spezzava... Allora si svegliava. e il dolore perdurava acuto, ma interno, nel petto, e 1 ·arfanno non si sedava neppure nello schianto di lacrime che gli apriva il petto. mentre lui se ne stava abbattuto sopra le cer perte che. nei moti del sonno, erano metà scivolate sul pavimento ... FondazioneRuffilffA!! 1Pèfflì MARuss, Le Ire signore prendevano il /è nel giardino, e, discorrendo, si stuzzicavano un poco. Ovvero la signora Bianca, madre di Carlo, doveva sopportare le malignità pilÌ o meno velale, che le sue amiche Anlonia e Carolina, coalizratesi, le rivolgevano. Ma la signora Bianca, sebbene soffrisse, riusciva a nascondere il proprio dispiacere. Le allusioni di Antonia e di Carolina, la colpivano spesso nel vivo, per tanti sogni falli sul conto del figlio. il quale, per lungo tempo, era stato il migliore amico della signorina Lia : ed ora, a sentire le amiche, era stato da lei trascurato. Le signore ne discorrevano in un tono e con parole tali, come se anche lei non potesse che condividere la loro opinione. Lia non era figlia di gente ricca, nè finora aveva dimostrato grandi pretese : ma pure grazie alla bellezza e sopratutto per l'intelligenza, meritava un marito di prima qualità. Carlo pur avendo delle doti non disprezzabili era ben lontano dal rappresentare per Lia un partilo conveniente. " Ho parlalo giorni fa con la mamma di Lia u disse la signora Carolina « Essa non vedeva di buon occhio /'assiduità del vostro Carlo : ora però è tranquilla siccome i due giovani s'incontrano di rado"· Il volto della signora Bianca avrebbe conservato senza sforzo un'espressione indifferente, se proprio in quell'istante non fosse avvenuto un /alto nuovo, molto singolare. Dalla finestra aperta della stanza di Carlo cadde un libro, che s'aperse sul cornicione della finestra sottostante e fece volare un cartoncino in grembo alla signora Antonia. " Oh» fece Antonia e rimase senta parole accorgendosi che il cadoncino non era altro che un bellissimo ritratto di Lia. Anche le amiche allungarono il collo per vedere e Anlonia, imbarazzata, lesse ad a/- tu voce la dedica, che, del resto, si vedeva senza difficoltà. La dedica diceva : « A Carlo. pere/tè non dimentichi la sua Ua che /'adora"· Dedica esuberante, che impressionò Antonia e CaroUna. La signora Bianca guardava la finestra. curiosa di sapere se fosse stato Carlo a gettare il libro. Le sarebbe spiaciuto che fosse stato ad origliare i loro discorsi. La signora Carolina pensava la stessa cosa e per togliersi dall'imbarazw in cui si sentiva. malignamente osservò : "La dedica sarà autentica, non dubito. ma risale forse ad un anno fa : non c'è nessuna data, forse c'era, ma Carlo /'avrà prudentemente cancellata ». Antonia. che teneva il ritratto disse, abbass,indo il tono di voce : " /o mi domando se non sia il caso di restituirlo alla mamma di Lia : è molto compromettente. Dal modo come lo lancia dalla finestra è chiaro che Carlo non ci Uenc più a conservarlo n. Detto questo ardi chiudere il ritratto nella borsetta scambiando con Carolina uno sguardo d'intesa. « Vorrei prima sentire Carlo" propose Bianca e subito ad alta voce chia1116 il fì.- glio, certa di vederlo affacciarsi. Ma invece nessuno comparve alla finestra. " Voglio vedere quel che gli passa per la mente a quel ragazzo" esclamò Bianca alzandosi, nell'intento di salire in casa. Ma dopo pOchi passi dovette sostare, chiamata dal figlio che giungeva dal cancello. Si voltò, e si volsero anche le amiche. Carlo entrava dando il braccio a Lia, e tutti e due sorridevano. Carlo disse con disinvoltura: " Vi presento la mia fidanzata : io veramente avrei atteso ancora un poco, ma la mamma di Lia nnn scherza : o prendere o lasciare; ed io s'intende, ho preferito prendere "· La signora Bianca abbracciò Ua: le due amiche un po' confuse, si rallegrarono vivamente con Carlo. Ma in quel momento un altro libro cadde dalla finestra e nuovamente battè sul cornicione, senza che questa volta nessun ritratto uscisse dalle pagine. Pure Carlo guardò sorpreso, vedendolo cadere accanto all'altro libro rimasto sull'erba che cresceva intorno alla casa. " Che succede dei miei libri., " esclamò preoccupafo. Ma ebbe subito la spiegazione. sentendo la cuoca gridare nella stanza : " Ah birbone d'un Mario. è qui che ti sei cacciato " Ppi la donna g'affacciò alla finestra e scorgendo i libri sull'erba si mise te mani nei capelli. chiese scusa e volle subito sculacciare il figliolo; ma si fermò sentendo gridare la padrona con voce insolitamente energica : " Non lo toccare, non ha fatto alcun danno "· Carlo. raccolti i libri, li aveva posati sul tavolino. Avrebbe 110luto sfogliarne uno ricordando d'avervi messo il ritratto d: Ua. Ma non potè farlo siccome le amiche della mamma l'avrebbero visto. Del resto il ritratto poteva essere caduto sull'erba. Subito Carlo si mise a cercarlo. La signora Antonia approfittò di un momento di disattenzione generale per toglierlo dalla borsetta e per rimetterlo cautamente nel libro. Poco dopo le signore si congedarono. Bianca le accompagnò fino al cancello e la signora Antonia la avverti della restituzione. ENRICO MOROVICH caos I I sole nrdc,·" ;,, silenzi,, ,In,lru ,,,,/ ch•lo. Fumo si al::.<"'" rlni fr111glii, ,, gli alberi ft<,111n11do si faceV(lllO chiuri. Si aprivano le rampagne dulia cl'rwre. Il mate h>nlo ,, 11ialinconicu si lllllOVeva. C/U/.1O 1'RASANN4

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