Via Consolare - anno II - n. 3 - marzo 1941

mondo e. deglì uomini in Panzini non è cosmica e nemmeno universale : circoscritta invece, riservata entro le siepi del proprio orto - tutt'al più - al perimetro della borgata di campagna; ma quanto intensa e meditata! A pensar bene, anche in « Il padrone sono me » il protagonista è uno solo : il Panzini saturo di buon senso. sempre in bilico sull'assicciola che unisce l'antico al moderno, brontolone filosofeggiante, che non può ad ogni tre passi non metter fuori una sentenza, ma che inaspettatamente davanti ad un particolare che gli richiama la fralezza dell'uman genere, si commuove e s'intenerisce. con una purezza d'adolescente. mentaria delle impressioni di chi quel tempo visse. Sicchè, a voler concludere, anche se il discorso potrebbe e dovrebbe essere di maggior respiro, l'accusa al Panzini di aver scritto romanzi per far piacere alla moda, mi par si sostenga solamente su l'incomprensione e la malevolenza di alcuni critici. Che un autore che ha dato vita a più di quaranta opere, ne abbia alcune dormicchianti ed incerumate, non è poi cosa tanto scandalosa. Quel che conta è l'aver scritto qualche libro che agli anni resiste e che - a nostro modesto parere - fa fare un passo innanzi alla storia del nostro romanzo. Eppure tra lo svariare ininterrotto di nostalgie e ironie, .il libro prende corpo, l'ambiente si colora e si anima, le vite dei personaggi confluiscono in un unico quadro. L'epoca della grande guerra che ebbe a descrittori schiere innumerevoli d'artisti, qui viene inquadrata da un angolo visuale direi eccentrico, eppur tanto umano e vero. « Il padrone sono me » è senza dubbio il romanzo della guerra, non già la ripresa framUn presupposto dovrebbe essere alla base di ogni giudizio: d'uno scrittore, quando ha cose veramente belle, la zavorra si può (e direi : si deve) lasciarla andar giù nel vuoto del tempo. Purtroppo a far così - e qui non s'allude certo a Panzini - molti romanzieri si dovrebbero cercare chissà in quali abissi, e non già sulle vette di Parnaso. M!ALTUS PRESENATZIONE DI ANGELI Pre:,cntazionc. e dovremmo dire <lJJPUI!• IG, non solo in un pacifh·o signifit·•1lo nrncmonico ma anche in uno più c~1>lit·i1amcn1e polemico, anzi purticolarmcnlc in qucslo. L'.imicizin che abbiruno per Angeli e sor,rnuuuo l'amore per la verità •·i faranno J}crdonnre presso il giovanissimo autori! quelle l·ose non vere (·he evenlualmente 1:1 talliva sori.:: ci avesse spinto a dire; e per queste uhime valga infine la St"W•a, (ledsiva, «·i pare, ,·he csòe sono state :-it:riltc in buona (edc. Da un certo tempo seguiamo Siro ~\ngeli in quel suo tormenlulo tirocinio cli poel:t (la parola tirocinio suona male mo., ha l'efficacia di implicare una t:01wlusiune 8UIIJ sua precedente ed attuale produzione) alla rker(•a <li uno stile. Scrivevamo alcuni mt:- ~i fa <'he non una ricern1 tutta esteriore di stile hensì una tentarsi morale pr'-!sup• posto ncces,rnrio per lui di sirwcrità poeli• l'a, costituisce il punto cli i~pirazionc nel quale avviene la s,·elta del tono. Que~to dicevamo e per or:, non c'è nessuna ragione, aggiungiamo, purtroppo, per ,·ui 11.i debha modific:.ue il l;iudizio. Per <luel che t'Ì riguar<lu non b.aremo ,·érto noi a far s,·onlarn ml A11geli il suo mornlismo, i·onvinti t·ome €iamo t·he l'arte nuova sarù im• poslatn su una prc,·ipuu interiorità eti('a, nè oseremo di esortarlo inl· una scorpaniata cli leueratuni modern:.1; come suggerimento di principio ~'intende, m,a vorremmo da luì una JJÌÌI derisa coal<'retczza, una umidità ,·he però non fm:se sensualismo. Ma (,ra ci a,·rorgiamo di avere smagliato usando la parola !-cnsualismo; se t·'è una parola thc non può :i;iovare nei riguardi di Angeli, (' appunlo questa. La sua imnwgine, quando è lale, si svuota terribilmente di ogni riferimento alJa materia, da divenire un t·1tmlc·osa cli vuoto, uno scheletro 1.1s1rat10, una ,·ostruzione archi1ettonil-a rana cli linee sempli(·t:rnente, affilale, freclclc, i;:enz•1 superfi(·i nè volumi. L'abitudine dei nostri oret·thi fornwtai-i, per una tcmu·e let1m·a sul prevnlenle St!nsualismo di mo,lerni è 1·ostrell:.1 ad uno sforzo di adat1;.1111ento di fronte alla platonh·ilà poclit·a cli ((UC!-IO autore. E tuttociò ci autorizza acl una spe• ricol:ua previsione, ,·he cioè in lui sono g.li elementi es"enziuli cli una nuova arie. Nè Fondaziof,),~_B.uffil-li Forlì il nostro semplit·i~mo si oppone ad una pOSl'>ibile verità. Come temi,errnnento clr:uumatico lrn la fortuna di possedere una indisn11ibile (tanto che a un ,·erto punto diviene disn1!ibile, in ahro senso) paclronan• za l<~cnit·a del teatro, dell'impasto <·os1ruttivo. il 1·hc ,·i porla a ton1·lmlcre lii Angeli (•ome di un effellivo uomo di tcalro. Ma il clii;::<•orso t·i ha co1Hlotti do,'e le no• ~tre intenzioni non volevano e su (( Siro 11, qmrnclo ce ne offrirà la giu:;1ifi,·azionc oct·orrerl1 spendere <Juakhe pal'ola di più: <1ui inlendevamo se111plicemen1e d1iedere, forse più a noi die all'aurore, personalit?t poclic·a in evoluzione, il pen·hè dell'arresto di quella st·.th1li.l t'he doveva portare la sua arie fuori lfoll'c~perienz.t privata e da un c·crlo morali,i;mo cslct izzanle. A MIA MADRE I~ mi ricordo. Dicevi: il pi,ì c"ttit10 e il 11iù buono. Forse per ,,,u:~to ern l,ello; il hene d,e mi volevi così op11i ·volttt era un douo. G. At T. Per q,umto ti /,u tifi.lo fii pene iu d,'ero il 11iù viccolo, quello che t'l,r, succhfoto JJilÌ. lat1e. non t'ho mr,i c/1icMu 11erJ0110: />erchè co~ì tu m'hai fallo. PurP S/>er<wo che un giorno avrei trovato il rar<!ggio. Come t,·,r11ato dn 1111 vfogµio ,lirJ.i tulle le cose che sem/Jr" <wevo taciuto; lu, le parole che mi ~erbllvi, qucllè <:he acl ogni riwruo mi asp(!flavmw troppo cre.'lociuto: gu.llrd"rc quelle tuo m~mi callose. che m'lrn11110 teuuto ruvi<lame111e so<1vi: cercare con µli occhi /ermi i tuoi occhi grnvi di tcm~rezzu, ove tmcurfl ~ocwemenw gli illlNlli sguardi un rimprovero accoru; ,111che .\e mi vergoi::110 perchè così m'hai cresci11l0. dommularti i11 ginocchio perdono, io che /Jet wn10 di peuP t'ho rect110 t'ho tlommulato penlo110 jorse. una ·volu,: ma in sogno. Parlo che 11011 mi senti, cl,,. più di 11ie11tf' hai bi.rn~110. SIRO A CELl ■ Quel che Casimiro Fabbri scrive sul 1, Meridiano di Roma u (u Delio scrivere degli altri " - 26 gennaio XIX) merita d"esser messo in luce, se non altro per la sua schietta onestà re si potrebbe anche dire pel suo virile coraggio l Io che ho seguito assai le sue esercitazioni critiche, conoscendo per esperienza il periglioso mare degli ambienti letterari, mi meravigliavo com 'egli tanto fermamente continuasse nel suo rettilineo cammino di dire pane al pane perdendo di vista i legami con la persona dell'autore trattato. In quel salotto di complimentosi salamelecchi com 'è oggidì ridotta buona parte della critica, Casimiro Fabbri teneva proprio il posto del contadino cogli scarponi e l'alito di grappa. Piaceva però, e non poteva mancare chi onestamente ricon,Jscesse la sua integrità. Vero è che un vecchio proverbilJ [« la verità offende ••I avrebbe dovuto scaltrire l'ingenuità del Fabbri. Sicché oggi eh 'egli si decide a rendere pubblici i suoi dolori di critico troppo onesto, a me non ne viene alcuna meraviglia. Anzi - come più sopra si diceva - meravigliava il contrario. E' pur vero però che certe costatazioni richiamano cortine di malinconia. E' allora proprio vero che ('ambizione può - negli artisti - sopra ogni altra cosa? Per essere accolto con bel garbo nei cosidetti ambienti letterari occorre proprio imparare il u mestiere u alla pari d'un qualsiasi ambiente di C(immercio? Caro Fabbri, io ho letto qualche vostr3 stroncatura veramente spinara. tuttavia mc• glio che nelle belle sale in cui stanno certi suscettibitì e gioveolimpi artisti. preferirei starmene con voi u all'ombra di un pagliaio in mezzo a un uliveto formico/ante di cicale della vostra cara /stria, a specchio del mare eh'! brilla come una immensa perla ». ■ VALLECCHI. - Di prossima pubblicablicazione : « L ·omnibus del Corso " di Bino Sanminiatelli con quindici disegni di Amerigo Bartoli ; u Notturni II di Luigi FaHacara ; u / giorni sensibili n di Alessandro Parronchi ; « Il tappeto verde » di Vaglio che ne!le beli·:: sale in cui s1anno sco Pratolini ; u Le voci>> di Ugo Foscolo. c.

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