Via Consolare - anno II - n. 2 - febbraio 1941

là in un canto, per metter in mezzo al teatrino della sua opera chi più gli andava a genio. « Se il lettore desiderasse di tener dietro alla povera contessa Clelia, per conoscer tosto le sue risoluzoni e le conseguenze di esse, noi ci troviamo nelle necessità di non poterlo accompagnare, perchè siamo invitati da altre persone, per esempio dalla ballerina Gaudenzi, la quale in quella sera in cui il pubblico delirio toccò la sua massima espressione a. di lei riguardo, si trovò in camerino l'usciere del Pretorio "· divagare sui motivi più labili e capillari, di esercitare il proprio egotismo sul filo teso del paradosso. Il modernismo del Rovani è tutto qui. Parrà poco a qualcuno, e niente a chi lo confronterà alla narrativa odierna. Ma è sempre un gran passo innanzi, se si pon mente al principio di invadenza dell'io personale nella materia del romanzo. Qui in Rovani la cosa pare uno scherzo, un divertimento di artista fanciullo. Perchè, pur divagando e ciarlando egli volentieri, la materia che ha il sopravvento è sempre quella dell'intreccio storico. E non è poco, se si considera che siamo all'inizio della li metà dell'800. Ma il Rovani non fu solo romanziere. Fu critico d'una fecondità strabiliante. Ed è forse da vedere se la sua importanza sia da ricercarsi più nei suoi romanzi o nei S'lloiscritti critici. Certo è che a leggere oggidì « Le Tre Arti in Italia nel secolo XIX" si prova un senso di meraviglia non paragonabile a quella provata intorno ai suoi romanzi. Idee alle quali ancor oggi si deve faticare per abituar il senso e l'intuito, egli le aveva già dette allora. La sua teoria delle arti comunicanti, anche s'egli non seppe applicarla in pratica nelle sue opere, tuttavia apri un orizzonte a ricercatori morbosi di cose nuove come gli Scapigliati. Egli per primo « ha colto e dimostrato l'intimo legame delle tre arti - la poesia, la musica, le arti plastiche - fra loro, e i loro rapporti con la vita " (« Tre Arti ..). E nei « _Centoanni ", nella pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, aveva usato questi termini : « Sinfonia di romanzo " invece di prefazione; « Secondo intermezzo " invece di avvertenze ai lettori. Parrà cosa ovvia, ma ha il suo valore. E lo si vedrà poi in Praga, in Boito, in Dossi, l'importanza della frase pittorica o musicale! Eppure i colossi basta scalfirli alla radice perchè poi quelli che seguono con quattro scrolloni ben assestati li facciano precipitare. E i romanzi del Rovani alla mente comune insegnavan solo le frasche del tenore Amorevoli, gli intrighi del conte X o marchese Y, ma a quelli che guardavano a lui come a un nume tutelare, Rovani insegnerà il modo di narrar di sè, di ECO. M o R E D'A R T E A guardar bene la moslr!l di Giacomo Marnù, alla Rarbaroux, il meno che si possa dire è che 11 nostro scultore è una delle poche fame in Italia che non siano siate l'effe/lo di "montat111e" artificiali. Pitì volte mi sono espresso sul/'arte di Ma11z.ùe sempre ritrovo in lui quP,/ felice i11controtra s,enlimeno uma110e sentime11tod'arte che condiziona l'approdo ad un mo11dodi fantasia intima ~ vissuta come quella di qneste cere. marmi, bronzi. Manzù non. è più un giovane, come alcuni ancor oggi vorrebbero, e sopratutto 11011 è di quelli disposti a fare il giovane tutta la vita. La sua arte è giunta a 1111 grado di estrema maturità; proprioperchè ManzlÌ has celio la strada più sicura per raggiungerla. quella che scava in profondità. Il gesto stesso delle sue figure lo dice. tm gesto raccolto, persi110rattrappito, come se questi personaggi (immagini futte di una fantasia vicina, quasi familiare) si se11lisserodislurbati in un sogno e voiessero continuare a sogrrare. Facciamo il pu11to su Manzù. La questione dell'influenza di Medardo Rosso su M anzù è risolta nel senso di una tradizione lumirristicanella scult11ra. Manzù. non ha bisogno di archeologia per attaccarsi a una tradizione; -essa è lì che attende circonf11sadi una invitante "aurq poetica". Rosso è pitì immediato. più fresco, più primordiale di M anzù: il nostro scultore fa tesoro di quelle ricerche di luce che egli consuma servendosene per "formare" con FondazioneRuffilli- Forlì preocwpazioni di "form{l" che Rosso non aveva nel senso in cui parlo. La materia di Manzù si risolve quindi i•1 una plastica sduttata, cQme h4 detto bene un critico, che dà alle sue immagini un aspetto "flirré" di tenere fragiiissime creature. Man:nì non accenna neppure alla crisi d'imitazione di se stesso nella quale sono avvolti tanti artisti moderni. La sua pacata avventura fantastica ~ continua di sviluppo. Co1J1e il fiume che scorre e che si compiace di modellare ogni ciottolo nuovo per uniforme impulso d'acque, cosi questo arCistasi rinchiude nella sua visione pur affro,ttandola ogni volta con spirito nuovo. Dal fluire di un'uniforme e continua corrente d'ispirazione su terreno nuovo, in ambiente nuovo, sorge la novit,l della scultura e dei disegni di Manzù. Le ultime sculture di Manzù s'impongono come monumenti della se/rsibilità moderna. Nessuno infatti è an• dato così avanzi nel rifiutare il decorativismo del nuovo secolo (che tutti prendono per arte moderna) per mantenersi fedele a quel complesso mondo di sensazioni che gli aU-risecoli non hanno esperimentato come noi, nella r.ostra "fo~ma" e "modo" Manzù le raccoglie e le compone. Gli artisti moderni sono molto pochi. Giacomo Manzù è0 un artista moderno. ❖ Su Brunò Cassinari s'impostp un discorso nuovo. Chi ,era Bruno Cassinari? Bruno Cassinari è un giovanotto piuttoso basso e ben piantato, con l'aria di furbo-buono che gli sfugge dal volto e dagli abiti. Ha gli cechi spalancali e parla lentamente ma non col tono cattedratico (che ci volte assnme anche chi non vorrebbe). ma con l'aria di chi l'ha falla grosas e ci ride su per conto suo. Rrnno Cassinari ha l'argento vivo addosso ed ~ nato per dipingere. Di pingeva nature morte arabescate su tele e assicelle che crepavano di colore: polipi tentacolari e sciarpe e tende a nappole e fiori che giocavano al trapezio tra i vasi. Dipingeva anche nudi rosei e accarezzati; ma 'anche là dietro tende e coperte a ramagi che facevano invidia alla pittura orientale Era un poco il piccolo Matisse di Corrente; dei drammi dei compagni se n'in_fìsc:hiava ssai. Ma gli scherzi del temperamento sono infiniti. A Corrente Brimo Cassinari espone alcuni paesaggi che hanno uno smalto cézanniano e l'insistenza coloristica di chi vu!>lconcludere un ragioname11foin pitt11ra·coi puri mezzi della pittura. Si sale da 1111 primo pia no scritto con tre toni tra uno svariare dt tonalità giocate in rapporti stretti fino ad aperture di case e di cielo dove il tempo si cristallizza e lo spazio si rovescia sul ,quadro. Si pone un bel piano Cassinari e c~edo che darà occasione a lunghi discorsi. RADÉG Pag. 13

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