A.-riv•i al paese di Cisa alle nove di sera, due ore dopo il tramonto. Tra le macerie fumanti di una cascina appena digerita dall"incendio, rinvenni, nuovo ed intatto come una salamandra, il manuale deJla mia filosoria. Qui lo trovai, quasi piovuto dal cielo nero e infocato, in un pensiero esaltante e paradossale, un pensiero che mi rimase attaccato alla pelle per mesi e mesi, sottolineato a mezz'aria nel mio cervello come un cerchio fosforescente, duro e te,. stardo come quel Baccio che l 'ave,va generato. 'Dio l'abbi(l in gloria. Ma che idee strambe mi ha fatto nascere. Tutt'attorno al paese, sdraiata in ascolto e in attesa nei fossi e nelle aie dei contadini, s'era ammassata la folla dei braccianti, che aveva portato nella notte. accanto all'odore dell'aria bruciacchiata, il suo sapore di sole sudato e di polvere di grano, piccante ed acre. S'udiva un bQrbotrnre lento e un sospirare nel buio, ,per l 'incubo di una giornata imminente, calda e fastidiosa. S'io fossi giunto prima, un paio d'ore soltanto. avrei trovato certamente la cascina ancora ritta in piedi, non mi sarei sconvolto la testa a imJT118ginasrcene assurde. Ai piedi del noce, vicino alla stalla. ci avrei trovato il vecchio Baccio a conversare con Rossa, il garzone più giovane, ambedue a rimisurare la loro saggezza dimenticata durante il lavoro dei campi. L'antica pianura si raccoglie, si chiude come un involto, e appende le falde dei suoi alberi alle mani del cielo. Non c'è più nulla di sospeso nell'aria: tutto .piatto, disteso. Sospeso era soltanto, in quell'oro il pensiero del vecchio Baccio. « Il bovaro dei Prin è morto », dice il giovane. « A che cosa pensa dunque la tua testa. a quest'ora ». gli ribatte l'uomo. u E' morto senza che nessuno se ne sia accorto - sospira l'altro - e fino a ieri tutti parlavano di lui, e lo chiamavano a ca.ntare e a raccontare storie. Pareva che non sapessero farne a meno, pareva H. « E non era contento neppur lui, in vita. Non gli bastava la s(la allegria a disperdere il sogno di questo giorno, che finalmente è venuto». · « Ohi Baccio, volete dir male di un morton. Il discorso aveva preso. un tono imprevisto. Un 'arietta le-ggerae improvvisa parve alzarsi come per dissiparlo. Chetatesi le fronde della vecchia noce, Baccio gemette: « No. non è questo. E' che io invece voglio imparare per •tempo a morire». Uno stupore infinito, in chi aveva parlato e in chi ascoltava, si raggelò a mezz'aria. Un così grosso sproposito non era mai stato profferito a Cisa. tna il vecchio noce e la stalla. Pareva che la tromba del giudizio avesse squillato. (« Camerati della campagna - come se avesse suonato il gran rappono - chi non ha i nervi a posto, dopo una giornata di sole, vada subito a letto : il lume di luna scopre le malinconie n). « E quando v'è capitata in testa questa bella idea? » disse Rossa. u Da un pezw ». L'altro vedeva in Baccio una inquietudine, come una fantasia anormale. L'aria fresca di sera può sconvolgere il cervello, e il vino·, i1 vino bevuto a mezzogiorno, a digiuno, sotto il sole a picco! Tutte le stelle cadenti che si movevano in cielo p~revano scaturire dal cervello di Baccio. « Da un pezzo. Ma per saper imparare a morire, dovrei scordare le cose di questo mondo. Poesie ». « E' difficile, Baccio, quando il granaio è pieno, le botti ribollono e le vacche son colme ,1. u Difficile, ma a settant'anni è l'ora che ci pensi u. «Che bella sera - aggiunse - senti l'uva che gonJia nei tralci. Oh, l'uva, il grano, il bestiame! Mi chiedo che cosa ne faccia, ma non me li posso cavare di testa, Non so imparare, non posso. Ieri è morto il bovaro dei Prin. lo per la rabbia mi ucciderei )> • Poi s'era alzato di nuovo, ed era sparito dietro alla ciascina. Queste furono le ultime parole di Baccio. come mi furono poi riferite. Sparire dietro la cascina, che cos·avrebbe risolto? Togliersi così dalla luce, troncare la propria voce, mettersi in silenzio, ascoltarsi, per trovare entro di sè La pacatezza della mone, come quella rena fine e soffice che è sulla soglia dei cimiteri, almeno da queste parti : la quale come l'ingresso ad una verità cui si va incontro piano piano, senza fnastuono, maturata nella Jeggere.:zadelba nostra coscienza liberata da tanti pesi. Che cosa poteva risolvere? Trovare la morte? Prima? Non ci arriverai mai, e quando sarai giunto di là sarà come se avessi cominciato allora, non concluso. Ma è triste lasciarsi trascinare così giù, a rotoli, fino a quell'inizio, giungerci al1'improvviso. Mettersi al passo, si doDisegno di Renato Birolli Fondazion vrebbe, entrare n~I ritmo. Ma come pu6 essere così abile Chi ha pieno il granaio, gonfie le botti e le vacche colme? Forse tentando un esperimento, uno spavento di morte? Arrivarci vicino, vicino, così da coglime un"immagine che s'imprima dura e assoluta nel cervello, nel cuore, nel sangue. Basta un nulla, e si potrebbe essere limpidamente desti, ascoltarsi il battito del cuore che giunge di lontano, come da un tempo remoto. Sarà come entrare in un lungo tnapasso, che non s'esaurirà in un'ora, come spiare dietro al velo che la ,preghiera a Dio nemmeno giova a dissipare. Rossa sente, nell'aria, che la tranquilla s'era s'avvelerua: forse è l'odore dei tagri freschi nei campi. E' solo, Baccio lo ha lasciato. " Baccio - pensa - Baccio che cerc.:i le sue cose e cerca la morte, e non sa avefie nè runa nè l'altra u. Appena comincia il crepuscolo, pasrn a volo con gli occhi fissi sull'orlo rosso del tramonto il ragazzo della Chica, e grida in corsa che c'è il fuoco. " Sarà matto - dice - Rossa raril Id mietitura : A quell'ora i rossi com'r.c• no a parlare. le raganelle si svegliano. i pipistrelli saettano: tutti, a quell'ora sc'lc, un po' matti. Ma un grido a un tratt( suona. come un allarme. Tutte le cose d'jntorno si schierano come in ascolto : la gente, scaturita dagli angoli silenziosi d~lla sera, fa adunata e si precipita verso la cascina. Ma qui brucia sul serio : non è il tramonto, è il fieno che s'incendia. Un fuoco liscio liscio, silenzioso, molle, scorre sulle erbe sottili e secche, le congiunge e le beve. Si sente una voce : « Guarda il fuoco, come fa presto a fare il raccolto n. La cascina, al piano terreno, dov'è ammassato il foraggio, è tutto un rogo. Allora a un tratto s'illumina il piano di sopra, dov'è il granaio, e là in cima si vede Baccio brancolare come un ossesso: si affaccia al finestrone, dà un gemito, e butta giù un sacco di grano; si gira su se stesso come una trottola e fugge via, tutto lucido in viso (gli occhi n.on si vedono : sono buchi neri, le gote infocate) e ritorna con un cesto colmo di patate, che lascia andare il suo carico, il quale precipita secco e rapido come una mitragliatrice. Nessuno dice nulla, nessuno si muove, chè il caldo sofifocante non consente di avvicinarsi di un passo. "/Perchè poi patisca tanto - dice uno - per un sacco di patate! Non potrebbe gettarsi giù lui, l'imbecille?». « Mi fa ridere - risponde un altro - e intanto gli si brucia la casa ». Ma la casa precipita. S'ode un crollo, e sprizzano scintille che tutto avvolgono e inondano, E tra la cenere ardente del fieno bruciato son precipiati Baccio e il su.o grano e le su.e patate, Baccio che per imparore a morire voleva distruggere le sue cose vane di questo mondo, e che per salvarle - pentito sulla soglia della conclusione - è morto sul serio. GIAMBATTISTA VICARI
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