Via Consolare - anno II - n. 1 - gennaio 1941

DISTACCO Fuor dall'oscuro sottefratteò, brusdàmente la banchina ci appare, nuda, sotto lo sgocciolio delle tettoie. Lo squallore ci -raggela improvviso come una ventata che ci frughi in fondo alle ossa. Le labbra di lei han trasalito, La guancia sbiancata si ~,ega §otto 1 'òttd~ del èàpe!II e mi sfugge. Per un anìmo torse, I'ombrà di una rivo!• ta, muta, ha sfiorato la sua t'assegttation~. Ma ella tace, sotto le famose volte opprimenti : e il suo silenzio sconfitto mi tocca e mi disarma; mentre il solitario gelo dell'opaca stazione mi penetra il cervello col sibilo sfocato di un treno in distanza la cui lamentosa eco, pur spenta. tarda a' dileguate. CjuMiappesa a un biancastro sbufto di Fumo. E' in quest'attimo che io sarei nuovamente suo, s'ella volesse : e pavento una sua parola. Mà eèèo - mentre lenti muoviamo - mi scopro assurdo a bramare ciò che più temo. Oh. non ricercati argomenti l Solo una parola d'invocazione a restare, vorrei : e m 'indispone il rassegnato umidore del suo ciglio. La vorrei afferrare per i polsi sottili, freddi e inerti come le sue labbra. e scuoterla, scuoterla perché mi gridasse ciò che ho bisogno di udire, é che pure so inutile : forse soltanto per il gusto tormentoso di risponderle sul viso - gioia crudele e insincera _, eh 'ella più non mi tiene. Ma lei sembra sfuggire al lavorio del mio pensiero : ecco si ferma, a un tratto, sicura ed elastica, mentre l'acqua le spruzza il viso bianco, puntiglioso, su cui rosse le 18bbra si ravvivano nella promessa di una carezza umida che tropp•J bene conosco. Sento il cuore arrestarmisi un attimo tanta è l'insofferenza della realtà immediata di ciò che sto per perdere, certo per sem· pre : percezione forse per la prima volta così nitida. E ho orrore di pensare che quella sua sensualità morbida. quasi incosciente, sarà da me concessa ad altri desideri : forse alle labbra inesperte dell'adolescente dal pallido volto butterato che la divora cogli avidi occhi, senza nasconderlo - o piuttosto alle mani lascive del- ! 'uomo dalle tempie grigie che la studia di sottecchi, come pesandola esperto. Un concitato bisogno mi afferra di sentirla, di mostrarla mia, per l'ultima volta, come per un retaggio di possesso da lasciarle impresso di fronte ad ogni altro essere : un 'avidità di tormentarla avvicinandola per subito riscostarla ; un voler tentare di rivivere in questi pochi istanti tutta la nostra assurda passione. Una febbre che m'agita fino a farmi tremare le labbra. smanioso di pronunciare parole mordenti e amare. E già con sommessa foga l'avvolgo nelle mie paradossali accuse, nei miei tormentosi arzigogoli cui già so che non potrà nè vorrà ribattere; e mi torturo nelI·attesa spietata e ipocrita di una parola equivoca che possa sfuggire, contro cui sfogare il mio bisogno di violenza. Ed ho coscienza ad un tempo di odiarmi e di aver compassione struggente di me stesso. Creo immagini e pensieri grotteschi che le attribuisco e pretendo ella confessi ; ricostruisco a mio modo atteggiamenti, scene, il /ì'IA CONSOL,4.RE; FondazioneRuffilli- Forlì RACCONTO cui ricordo mi è penoso, ma che rivango con voluttà perfida contro me stesso : a queste addosso motivi inevitabili del nostro distacco. Smanioso di punirla per ciò che ella ha rovinato senza rimedio e che ancora potrebbe essere, le afferro un braccio e lo torgo, lo stringo - fino a sentire le unghie affondare nella morbida carne, intima. Ecco, le ho strappato un lamento e perfido esulto : è in questo momento che mi disprezzo come un carnefice. Mi guardo attorno circospetto, co:ne se d'altro non mi premesse che di sapere che altri non sanno : ma tutti gli occhi sono rivolti là dove il grigiore è più denso : ecco l'oscura mole del treno ci sorpassa con un improvviso tonfo dell'aria che cede. Ancora la teoria dei grigi vagoni uniformi segue con uno stridio di freni lesi e già Ja fissità dei visi assorti dietro i vetri rigati di pioggia si scuote come per improvvisa comune decisione. Gli sportelli gocciolanti si sono aperti, si sbattonomentre la gente s'assiepa ad ogni uscita estraniandoci e premendoci, come !''umidore fumoso che si sprigiona insieme ali 'insito che il metallo scandisce. Il mio braccio s 1intreccia rude col suo e sento il suo fianco timoroso aderire al mio mentre la mia mano sfiora il morbido seno : lei quasi si volge. Resisto alla voglia di circondarla col braccio per sentirla più vicina, più piccola, rimida cosa mia : non cedo neppure al profumo sottile e intimo che emana dai suoi morbidi capelli castani, tra cui s'intravede patetico un biancheggiare tenero del collo. Mi avvio brusco senza lasciare il suo braccio e muovo verso uno sportelt'o; con uno strappo mi segue trascinata : sento su di me lo sguardo mite di un rimprovero ormai rassegnato. Eccoci dinanzi allo sportello : c'è già quel distacco vago ma decisivo che è sceso tra i visi dei partenti e dei restanti. Ormai due lingue diverse son quelle che parlano chi parte e chi resta, quando il sottile filo d'unione è spezzato dal tonfo senz'eco dello sportello. La partenza è nell'aria. I volti dei restanti visti così dall'alto sono lontani. hanno un aspetto ignorato e pur ramiliare ; gli occhi un volgersi umiliato come per pregare. Tutto questo mi passa davanti in un attimo. mentre avverto che è giunto il momento decisivo. Gli occhi di lei sono· schivi dei miei ; sembrano voler sfuggire !"attimo temuto, quasi fosse possibile ignorarlo e passargli accanto senza fermarsi. Allora io le prendo le spalle e la costringo a volgersi di fronte a me. Eccola. incerta, con la fronte bianca troppo alta, gli occhi scuri dietro cui io credo ~empre intravedere un 'ombra di implorazione, la bocca socchiusa e trepida. Le scorro un lento minuzioso sguardo sul viso tenero e pu~rile, da cui sembra sprigionarsi un profumo ancor tepido di latte. Per u·n attimo la stringo ancora lontana, umile, mentre la sua figura sottile, flessibile si piega sotto la stretta. Poi cedo ali 'invocazione dei suoi occhi e le sfioro con le labbra i capelli al sommo delle tempie, quasi per attribuirle una realtà meno cruda. In questo istante il treno alle mie spalle ha un sussulto : ora si muoverà. La mia decisione di freddezza d: confrollo su me stesso, la rigidezza fin~ ad ora mantenuta con la forza dei nervi cede in questo istante quasi incosciament~ e sento qualcosa fondersi nel profondo e salire tepido alla gola. Le prendo tra le palme il viso che si offre : per un attimo i nostri occhi si sondano, si ritrovano, giù, giù, dove non è possibile fingere. Ecco la forz1 che ci ha attratti un giorno, che ci ha tenuti uniri contro la nostra volontà. che ha fatto di due nemici due complici nel! 'amore, assurdamente infelici. riprenderci, afferrarci, costringere un avido cercarsi le nostre labbra. in un 'ansia contro il tempo che sentiamo martellare implacabile alle tempia. I nostri corpi aderiscono impudichi e sinceri, in un bisogno di reciproca confessione di debolezza. di scambievo1e necessità. Mi distacco ora. brusco. sulle gambe incerte e salgo con un balzo sul vagone che già oscilla. Eccola. quando mi volgo, vicina ma già sfuocata, tra i restanti. Vorrei riprendermi ora le parole infuocate e tenere che le ho sussurrato smanioso ali 'orecchio. Parole che mai più avrei voluto pronunciare per lei. Mi richiudo nella mia espressione più ermetica, quasi avessi già dimenticato la mia debolezza e volessi imporla anche a lei. Ancora qualche parola indifferente. quasi svogliata. mentre gli occhi scivolano sui nostri visi senza posarvisi. In una pausa, un segnale che fingiamo di non percepire. Il segnale è lamentoso. In attesa, con uno strappo subito rilasciato, la partenza. Automaticamente i nostri sguardi s'incrociano. Lei•solleva il braccio in un saluto, mentre il vagone sotto di me mi porta ormai via. Rispondo incerto al saluto; la sua mano sfiora le labbra e m'indirizza ora un bacio cui vorrei rispondere, ma il vagone ha bruscamente ceduto nell'opposta curva ; dov'era lei un attimo prima vedo soltanto la rapida sagoma dei vagoni curvarsi dietro il mio. Ormai gli scambi rotolanti sono passati e son passati i segnali, i caselli. i ponti rombanti sotto cui la città periferica si stende aperta e melanconica. Ecco già svolgersi i campi geometrici, su cui incombe una tristezza brumosa, correre rapidi i filari, le colline, le case, i primi lumi freddi nell'opaco crepuscolo. La vita ignorata si offre ai nostri occhi indifferenti e indiscreti. Perchè pensare. inutile illusione. che la vita non esiste lontano da noi? Perchè immaginare l'esistenza solo nel vortice delle grandi città luminose dove troppi esseri sono simili a noi. ugualmente inquieti? Lassù. forse, dove i primi lumi si accendono su una massa di verde più cupo. sul fianco della collina ignorata, nella quiete dell'ora che lenta si svoige. noi vivremmo felici. o donna che così male ho amato, Non più il tormento della smaniosa incertezza di possesso, non più le mie dita perfide sulle tue braccia tenere e ambigue. Ecco, noi sederemmo in quest'ora al desco. muti. La lampada pioverebbe la sua luce blanda sui,e nostre mani, che sanno !"ardore del sole. E spezzeremmo il pane. vicini. lo sguardo assorto nell'ombra della sera. E sentiremmo lento il tempo scorrere uguale sulle nostre teste ... Ma forse, a notte, il 'T"0folio rapido di un treno in luminosa fuga tra i faggi, ci urgerebbe il sangue di un disperato struggimento. BEPPE COSTA 13

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