APOLOGIA DELPAESAGGIOITALIANO Se penso alle azzurrine dolcezze dei laghi lombardi, o.cl alle ;,cabrc Jiguri roccic dietro Jiele case 1·osale~ od alla .flava luce di Uoma ugualmente ambrata a vestir della ,Lessa etenrit~t le ancor viventi rovine e le fresche opere nuove, od alla C'ampagna 10s<!ana, modulala come un sonello, od alla partenopea, che cstat ica guarda al sog11anlc, nrn non addo,_·nJcnlalo, Vesuvio, •- dinanzi allo spcllacolo, vivo nel ricorclo, di tanti e così mirabili volti del nostro Paese, sono preso da un trepido incanto, cli cui 1ni vorrei renJer ragione. La co1.11ntozione cs!ctica, -- tanto più rara e profonda della commozione sen1in1cn1alc, -- ini afferra e 1ni {a tre1nat· J'aninrn co1uc una Coglia nel filo tlcl vento. Ma 11011è, questo palpito, solamente ammirnzionc o slupore per la visla d'un bel golfo curvato dietro un compiacente stonnire di resinosa pineta, non è solo gioia purificante di alzar l'occhio a<l alpe, sull'azzurro, nitidan1c11tc dentata: 11cJ piacere di un bel paesaggio c'è un segreto pill inti1no. L'armonia cli ,111 voho pcrfollo, sia umano che terrestre, ha un sofM fio pii1 che terreno. 'Ti pare, guardandoJo, che una celeste a1ano ti scuota, e che quell'accordo cli fattezze non sia cicca ventura, 1na nasca da una legge clic pur li ooverni, da una voce che <utcora ti 1nu li. Nello splcndoi-e intatto cli 11n'alha, 11el l'Ossorc affocato di un Lramonlo! diuanzi ud una onclulnta clislcsa cli colJ i meridiani, o di on<lc inquiete nel• l'argento lunare, n1i prende sovcnt3 l'll rel·igioso stupore. A queste, pili vaslc, ragioni si accornpa~na, - se guardo uno dei ruille volti perfolli d'Italia, - una comi.nozione più fan1iliarc, una doci.lc fidu<'ia che, 111<'-lodiosa, si linge di affcllo tig!iale pei 1.nalcrni aspetti della mia Lcrra. Quei contemplali li1Jca111c11! i cli terre o d'accjlte assumo• uo una cadenza arnica e scn1bra110 dirti, anche se austeri, o :,olcnni: non ti spaurire, siamo di casa ... C11 1nolo di fìc,.czza si acco111pagna a"llora all'incanto, e penso - poichè, ,1uasi sempre, nei volti della nostra Lena, l'opera secolare clelJ'1101no ha 1rastìguralo i do1Ji pri111i1ivi della natura, - alle ondate tenaci delle g011erazioni, che han scol• pilo la loro :impronta vitale su questa tci'ra familiare cii anlic·a ç ve• siito ]o sperduto primigenio silenzio di case e di messi. 10 FondazioneRuffilli- Forlì CosJ, tra 1ne ahnauaccando, 111i chiedo, -- dato che eèistano argomenti per rispondere a tali domatt· dc, - sollo qual JHll)to di vista, per lJ_uali suoi particolari doni, od uniche graz.ie, I' J.1.a·lja sia, - cou1c sono fcnna1nentc persuaso che sia, - il più bel paese del mondo. Si dirà: ma lo hai poi giralo lulto, -il rnonclo, per riscontrare la tua convinzione, - che può anche• nascer da filinl cecità, - alla prova dei confronti? 1o; 111a neppur credo sia necessario. È vero, che io JJOll conosco per averci dircllan,entc vissuto, e sia pur di sfuggita, che un po' cl'Enropa, un po' d'Asia ed un po' d' A Cri ca; 1na &on persuaso, u · guaJmcntc, (è forse, 1111. tiro t.leJla n1ia e, vocazione 1nediterranea )) ?... ) che i pii, bei scenarii del mondo non possono trovarsi che tra noi, o 11011 mo.Ilo lo1)la110 da noi. Da appassionato irnbonitorc io ra• giono così: perchè i voli del nostro pianeta raggh111ga110 una cotnpiuta bellezza occorrono, ollre a doni abbondanti che il cielo, - o, l)er gli scellici, un fortunato accidente, - abbiano elargito, due atlJ·ibuti, che si trovano più vivi e frequc111i nell'atmosfera nostra mediterranea: 11n1anità e 111isura. Uno scorcio di campagna senese, unn prospettiva di 1at:,'1.Jna ve11cziana, lua1.no già in sè il taglio e i.l respiro dcll'arle: sobrietà, proporzione, arwonia. Una steppa se1)za confini, inYece, - e ricordo ili averne !luravcrsate, nel Caucaso, verso la Persin, corse selvaggiamente da grandi ù1ccndii al galoppo~ - ti dà, a guardal'la, un primo senso di Jargura, che diventa poi. wbilo 1111 senso di sgomento. Senza dubbio fa 111) cerlo ,·!fello, oli re le piramidi egizie ed i I Mena Housc, affacciarsi alJe prime, bionde .duue del deserto: ma è come guardare il mare. E una libera io1111ensità d'acque, - sia corsa da pecorelle sferzale dalle raffiche, o piallamcnle venala da placide alJun1acature d'argento, - non è ancora un voi lo. Quella che io cerco, e che pii, ~alda mi parla, è una bellezza civile, rivissuta, respirala dalla presenza umana. Per far volto - per far c1uadro, direbbe un pillore, - occorT0110, accanto, allorno al 1nar..::~]e coste, le ,·igne; occorrono ,cl ieri dalle· sartie dot)dolanli: e ra• gazzi, che }j guardino, fantastican• rio. colle dita nel 11a;;o... L~ civiltà mediterranea è il fiore pii, pe,·[etlo che sia nalo dalla p1·ese11,a dell'uomo stdla lena. Qui l'uolllO e la nal111·asi guardano negli occhi, da pari a pari. Più in su, o più in ~iù, verso il gcJo o verso l'arsura, nelle nebbie iperboree o JJegli ardenti tremolii d'aria in cui nasco• 110 le Fate Morgane, l'uomo perde lJ.Ueslo lc!ice equilibrio dei suoi rapporti 1:olla Lena. Nella scarsa luce, sollo nordici cieli estenuati, la fredda natura è una mordente 11enùca; nei lropi<'i, aJ contrario, essa è a1:t,w cor troppo avvampante, per lasciare all'uomo il suo giusto posto. I miti delle foreste nordiche sono paurosi, i feticci dei deserti 11011souo anco.-a 111naui: da cntra1nbi echeggiano bra .. mili cli feri11itù: mentre il c,inlo di Orfeo an11mt:,,a le belve. In Estremo Orieulc (dove 110n so110 111ai stato) regnano scuJe di va• lori per noi incompi-ensibili: le geni.i vagheggiano cli passar que5ila vita in trasognato nirva1)a: rua noi non ,·o:,lia1110 essere stupefalli, vogliamo avere la ·rncnle sgontbra: ed €essere presenti a noi ste6si, · ·e · continuare l'opera della creazione nella nostra luce nitida ccl ami-r.it, Una limpida coscicuza ntnana, un. senso lc:;nno, ma musicale, <lclla 1·ealtà, una alliva sobrietà, cd il .dono perenne della misura, strcllo parente del buon senso, sono grazie nostre. La bellezza d'Italia è anche una lczio1te di stile: sobrietà, 1:iiusicaliti1 e limpi: dezza si ritrovano feclplmet)Lc, nei Yohi stupendi del nostro paese. La presenza e l'opéra dell'uomo - e 1toi siamo una delle contrade pii, fillameule popolate del mondo, - danno sole al paesaggio c1uel pulsare di vene che lo rendono nostro e cordiale; senza il biancore randagio delle viouole, senza l'àliLo rli fu. mo che esala daj casolari come un rnspirv amico, gli 'aspelli della campagna non ti entrano a fondo nel cuore. Quando si predica il cc,·iLorno alla terra », quando si comballono le degenerazioni del"l'urbanesirno, non è già per spiuget·c gli uoinini ad una solitudine selvaggia, nè per sforzarli a risa lire i I corso de~ secoli verso forme di vita rudimentali: ma per richiamarli a quel senso di nalurnlezza e sanità che la vita campagnoJa - di una ca1npagna cohivala e sparsa di casolari - sponlatJcamenle suggerisce e comanda. Auche fuori d'Italia - non sono così invasalo della mia lesi eia negarlo - il nostro pianeta offre a• spelli molto belli, giustamente fa. 1nosi, n1a... ci sono due « n1a »: u sono di una bellezza 1101)ancora malurnla ed assimilala dalla civiltà e dalla ~loria, ed appartengono piul• Losto allo sconfinalo, al selvaggio: o sono accordi di compiuta bellezza isolata e non raggiungono, Lulli insieme, l'incomparabile conce,·Lo italiano. VIA CONSOLARE
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