Sotto sotto, oggidì, invece stanno a significare due diversi temperamenti. Talchè il Tecchi, nebbioso rnmanziere ne « I Villatauri », si mostra polito narratore in « Amalia » e ne « La Signora Ernestina ». Si credeva, veramente, che il Tecchi avesse con un sol tentativo scontato il richiamo della sirena « romanzesca " (« I Villatauri " uscirono nel '.:15e l'anno dopo seguì « La signora Ernestina » come segno di ritorno su sè stesso, confermato poi definitivamente dalla ristampa isolata di « Amalia » nel '37 e quindi da « Idilli moravi » nel '39). Giacchè è quasi certo che le insidie tese alla sua arte dal romanzo disteso e polposo, prima di tutti le abbia scorte e temute l'autore stesso. Il Tecchi critico ha occhio fin troppo appuntito e . !'esperienze fatte in anni passati e per certa letteratura straniera pur nel tempo presente, ha sempre dato prova di saperle, innanzi tutto, mettere con disciplina a profitto proprio. C'era - almeno nella mia mente - convinzione che il Tecchi al romanzo non si sarebbe più accostato, avrebbe invece seguito gli avvii tanto chiari di « Amalia ». In fondo questa composizione narrativa, semplice di personaggi e d'avvenimenti, trattenuta in poco più d'un centinaio di paginette, esprimeva, colla sua finitezza d'arte, il raggiungimento d'un ideale narrativo caro alla coscienza artistica moderna, sempre tesa a costringere la gran messe dei sentimenti in sintesi lirico-intellettuali. Certo i gusti contemporanei in fatto· di narrativa non convergono soltanto lì; pure a quel punto molti fan capo, o, perlomeno, vorrebbero. Invece il Tecchi col libro d'oggi (« Giovani amici » - Ed. Garzanti) torna al romanzo. E se nel taglio delle scene il lirismo e la chiarità narrativa non van perdute, pure il libro - soprattutto nella seconda metà - s'infittisce romanzescamente di trama.- E' pur vero che " Giovani amici » a confronto di tanta letteratura corrente, risulta un romanw liscio e invitante, da cui l'occhio si stacca a fatica; tuttavia è evidente che una piacevole lettura conta, in fatto d'arte, per certi limiti ristretti. Così è che un libro, ad esempio, apparso quindici anni fa i contemporanei lo scorrevano divertiti, ora al contrari!i riprendendolo in mano, quello stesso volume lo troverebbero sciapito o peggio. Sicchè per " Giovani amici » - dovendo il suo autore nella nostra storia lasciar traccia - vale la pena d'usare altra misura. Il romanzo (ch'è lo svolgersi di un'amicizia di due fanciulli divenuti ragazzi, poi giovani e uomini) sta bene osservarlo rotto in due, giacchè fin quando Ra,ffaello e Fabrizio restano nella loro casa di provincia l'andatura conserva una precisione di particolari rivelanti un mondo provinciale poetico nella sua grigia realtà. Siamo - per chi ha l'orecchio fatto ai toni tecchiani - nell'atmosfera semplice de " La signora Ernestina », di " Amalia ", di « I grassi "; vale a dire alla sorgente prima dell'arte di Tecchi. E si gode davvero nel constatare la lucentezza ,di tante piccole scene, più vicine assai per la fresca e breve pennellata, al quadretto lirico. Si veda l'idillio della Dinì con Raffaello : i due ragazzi son posti di fronte e lo scrittore li staglia sul fondo agreste incidendone - delicato, ma netto e preciso - i contorni. Ed è notevole come al Tecchi riescano vive soprattutto le .figure femminili. Non è chi, vedendosi sott'occhio la Dinì, non si sorprenda a riVIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì pensare certe scolare di « Idilli Moravi ». Tanto vere e vive, che a tendere l'orecchio parrebbe di udirne lo scorrere del sangue. Senonchè la seconda parte del romanzo, accelerandosi la macchina degli avvenimenti, s'incrina in sconnessure. Vien fuori il difetto che qualcuno in Tecchi ha già scorto: egli non s'adatta a narrar per disteso i casi d'una intera vita. La costruzione vasta mal s'accompagna con la sua arte, piuttosto incline a contrappuntare con bravura motivi brevi, e in parte solamente allusi. La vita dei due amici diventa a poco a poco la vita di uno so)o, di Raffaello; pure la sceneggiatura, quantunque variata e snellita da mano accorta, tradisce il difficoltoso equilibrio e soffre nell'affastellarsi degli avvenimenti d'una precaria armonia. Ma in questa seconda parte una figura che dapprima s'era tenuta ai margini, piglia spicco ed evidenza illuminando di sè il complesso dibattersi della trama : la signora Gentili. Anzi vorrei giungere a dire che lei solo aleggia nella memoria dc,l lettore, a libro richiuso. E tutto questo non per quell'afrore di carne femminile di cui lo scrittore circonda la sua figura di bella e misteriosa donna. E' che, non dovendo ella come prim'attrice tener di continuo la ribalta, il Tecchi ha potuto prenderla in mezzo all'obbiettivo suo d'artista, tracciando di lei, con un costrutto fine di ombre e luci, di realtà ed allusioni, una immagine che se non proprio sorella di Amalia e della signora Ernestina, la mostra almeno parente vidna. Da quanto s'è detto, trarre la conclusione non dovrebb'essere difficile per nessuno. Tanto più se si aggiunge un giudizio pur frettoloso [e varrebbe la pena invece di arrestarsi attenti e riflessivi] sulla prosa di Tecchi. Qui, in qualche modo, è presente la sua cultura; e non certo per imbrigliare !'aire suo istintivo. Se la cultura può aver generato dissidi e interferenze nell'anima del Tecchi, ciò è da vedersi nell'impostazione dei soggetti e nel loro sviluppo. La prosa invece vertebn:ta com'è su una chiarità classica, si snoda fresca e ripulita senza tema mai di lasciar dietro a sè una pur lieve gibbosità. Giova, a proposito, tener presente che il Tecchi ha un vocabolario per nulla quisquiglioso o perlomeno aperto ad arcaismi o neologismi vistosi; si direbbe, il suo, un frasario dei più semplici; eppur la sintassi ha un suo giro particolare, per cui i periodi risultan sempre freschi anche se i vocaboli son quelli di sempre. Soprattutto il segreto del Tecchi sta nel saper evitare le fronde dell'aggettivazione e del fraseggio in genere (e ognun sa quale carico di retorica abbia in sè ingrommata la lingua nostra!), e d'uscire al contrario con una prosa levigata e contenuta. Va da sè che uno scrittore ·siffatto può· conceder.si la soddisfazione di tentare i generi più rischiosi. Anche se la via del suo capolavoro è altrove, avrà sempre compiuto (come nell'odierno « Giovani amici ») opera considerevole. PAESF: EZIO COLOMBO. V,,11to e luna: ai mcli dieci lune per rifiorire. Mci urm.ai le fanciulle tranquille sogruino sotto i dolci 1c11i. ,FRANCO LUPARIA 9
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