Via Consolare - anno II - n. 1 - gennaio 1941

Cff/ARIFICAZIONE Ogni guerra importa un processo di chiarificazione. Perchè ogni guerra pone l'individuo a contatto con i suoi problemi e con quelli di tutti, lo obbliga a trovarne la soluzione mediante quella lucida indagine introspet• tiva operata dagli animi che sbocca sovente in arricchimento di spiritualità e in un costrnttivo progresso morale. La lotta è quasi sempre il risolvere nelI'azione quelle che sono le esigenze del pensiero, le premesse vitali di una teoria : è conclusione di attese e superba risposta di quesiti. Il conllitto mondiale fu così per noi. in un piano strettamente militare e politico, la riconquista delle province irredente, ma da un punto di vista più largo, da quello spirituale cioè (e di questo è indice la nostra letteratura di guerra) esso fu il ritrovamento di quei valori di socialità e di popolo che l'esasperato individualismo romantico e i residui del regionalismo negavano. E ru anche un repentino e violento ritorno alla realtà, a quella concretezza nella vita che si era dimenticata per inseguir chimere d'estetismi decadenti. E' utile richiamare la colossale lezione di stile che ru quella guerra agli Italiani di allora per capire quale l'insegnamento che alla nostra cultura e al nostro spirito possa derivare da questa di oggi. Oggi (le nostre polemiche su questo punto sono state intransigenti e ardentissime) s'è venuta affermando e ha messo radici, specie in ristretti e aristocratici crocchi d 'intellettuali, una concezione ideale della vita condizionata dall'esistenza d'una u seconda realtà». Intendiamoci. Qui non si parla strictu sensu dei poetini arcani solamente o di certi pittori surrealisteggianti, ma di tutta una falsa maniera d'origine gallica, di tutto uno stile inverato appunto da questa necessità senza giustificazione di creare un sopramondo sognante di mistero e d 'abissali fantasmi. Molti giovani vivono e producono nell'orbita di questa moda, credono a questa fittizia esistenza eh 'è in verità solamente dolorosa inazione e vacuità nostalgica. Non è questa dei molti culturali del nostro tempo (povero Tempo maiuscolo quante te ne tocca vedere !) la « seconda realtà )) del cristiano eh ~è religiosa conquista d'un premio ultraterreno alle vicissitudini dell'esistenza, coronamento felice e folgorante d'una trascorsa attività terrena, ma réverie in atto, abbandono al sogno e alla cerebralità proprio al momento di vi4 FondazioneRuffilli- Forlì vere. fumo uzzurrognolo e nebuloso di droga paralizzatrice e malsana da surrogare al chiaro lampo dinamico dell'agire. Chi ha respirato l'atmosfera di queste zone della cultura, di questi ambienti frigidi e astrattamente inerti che contrastano palesemente con I ·ardenza di fede e di vita del nostro vero spirito imperiale, comprende subito quale sia l'insegnamento che dalla lotta, dall'azione, dalle armi brutali e materiali poss1 ricevere spiritualmente la nostra cultura. L'ansia dello strapiombo e il turbinar~ infocato dei proiettili ricorderanno ali 'impareggiabile mosaista di parole che vita è ardimento. rapidità, scatto, e che l'Arte, la vera, la pura e meravigliosamente nuda. non quella ritinta e ingioiellata, è latta prima di tutto di sentimento, di fiamma interiore, di canto immediato e sincero. non di giaciate cincischiamento su verbi e sillabe che invadono gl 'impassibili fogli della letteratura o di cerèbrali accozzi di oggetti volutamente sgorbiati e storpiati su le tele pittoriche. Il gioioso rotare delle eliche nello sfavillio alto del sole e la vorace corsa delle chiglie corazzate su le onde lucenti e innumerevoli grideranno allo stanco e sottile bulinatore di tristi paesini chiusi nel giro astuto d'un 'analogia insolita e d'una rima civettuola, che c'è tanta materia d'arte nella nostra esistenza guerriera e dinamica, tanto rigoglio di luci e di voci da riplasmare in forme eterne per chi sa leggervi dentro profondamente, per chi -è poeta autentico senza modelli e senza lenocini. Lezione di realismo dunque ; (anche qui taluno potrebbe equivocare : realismo ve!'o, s'intende, poesia attuata e oggettivata, non riproduzione positiva e fedele d'una pretesa natura immobile e fotografabile : non ritorno all'assurda posizione estetica dei Veristi); lezione di sincerità e d'onestà sentimentale, disfatta d'ogni strattagemma e d'ogni camuffatura. Questa guerra sarà poi - come ogni guerra - il riavvicinamento delle solite minoranze intellettuali, della cosiddetta u alta cultura >) col popolo. la fusione di pochi schifiltosi con quella che nei cenacoli letterari vien chiamata u 1'amassa n. Di fronte al pericolo nasce la gioia del sacrificio collettivo e il bisogno d'unirsi : si sente allora veramente che vita è missione per il soldato come per l'artista, per il dissodatore di campi come per il costruttore di sillogismi. E da una guerra possono sbucar fuori dei veri talenti artistici. Tutti sanno che Ungaretti s "è levigato su le petraie del1'lsonzo e molti altri (lo stesso Poeta del u Notturno n) han trovato nella guerra ina-- spettati sviluppi. Chi la affronta ~on serenità di coscienza e lucida consapevolezza la penetra intimamente e ne trae davvero la più alta lezione d'Arte e di vita. Abbiamo assistito alle ore balenanti e sanguigne della disfatta francese, della Francia di Valery e di Elouard, di questa raffinatissima Francia inte11ettuale che è crollata rovinosamente sotto il maglio della Germania maschia e realista. Mentre in Inghilterra si affretta la crisi sociale (la crisi di Shaw come di Galsworthy. lotta fra tradizionalismo aristocratico e modernità proletaria, tra capitale e lavoro, tra pregiudizio e azione, tra statici conservatori e dinamizzatori), muore a Parigi una forma : il Decadentismo. L'ultimo. quello dei seguaci di Bréton che fin dal 1924 nel manifesto del movimento surrealista si proclamavano pronti a tutte le rivolte. spregiatori della Religione, della Patria, della Morale, francamente atei ed anarchici. Compiègne ha avuto le sue più intime ragioni nella sfiducia alla vita accusata dai poeti di Francia, nel pessimismo dolorante degli scrittori come nel gioco della carne e degli esilaranti d'ogni cittadino più vizioso. Dopo la grande rase della Decadenza simbolista che fu senza dubbio il momento aureo della moderna cultura d'influsso gallico, la Francia si è chiusa in un vicolo cieco, sfinita, assottigliata dal languore. gemente all'ultimo chiaro di luna. Ciò non vuol dire che Valéry non sia un poeta o Cocteau e Giraudoux siano degli analfabeti, ma lì fra le nebbie e le magie dei sogni (brancolano ancora le larve di questi sparuti solitari) la Francia muore. Tutto il suo <e-esprit )1 e la famosa <eclarté >) non le hanno potuto illuminare di salvezza l'inesorabile via della tomba. Nel divenire ideale della Sto.ria, questo momento della cultura europea è per i popoli che tramontano la stanchezza sottile dell'Individuo solo che si era aggrappato come ultima speranza di vita al sogno, e il trionfo invece della coralità forte e sincera nei popoli felici di agire. La HSeconda realtà )) degli onanisti è stata uccisa dalla Realtà dei fecondatori. E il coro, in più vasto senso e in ogni èspresione d'arte, canto degli jndividui che han sorpassato il piccolo limite della loro individualità per ritrovarsi aggranditi nel corpo vivente d'un'ldea sociale e nazionale, e il realismo, forza romana dei costruttori, restano le nostre forme, quelle italiane e imperiali. ALESSANDRO PATERNOSTRO POSTILLA Anche se non possiamo sottoscrivere a tutte le virgole dello scritto di Paternostro, non è stato un ozioso desiderio di documentazione quello che ci ha convinto a pubblicar/o; ma ci è sembrato che la sua VIA CONSOLARF:

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