Via Consolare - anno II - n. 1 - gennaio 1941

corda in casa dell'impiccato. Intatti, che si ia in una rivista se non mercato di parole? E certe riviste che van per la maggiore, diffuse e diffusive, che altro sono se non accomodante compenaio di facile, anche Ee ben adorno, pensiero per scatolette craniche profumate e dai capelli ad onda? In questo i tempi hanno preceduto il nost.ro secolo che sarà per la storia quello delle specializzazioni. La specialità dei pensanti, detti .,_nche pensatori con un'etichetta non sempre appropriata e rispondente al contenuto, iu sempre in auge e i'u una necessità per le società ·ben organizzate, come se la fatica per questa più umana fra le umane l:0ndaune, dovesse ai troppo pesare a coloro che già aovevano stentarsi un pane col sudore della 1ronle. Le plebi si tolsero sempre di bocca un tozzo di pane che offrirono pel tramite di un principe o di un'accademia a coloro cne dovevano pensare per esse, percuè, in ronda, gli uomini han questo di buono che mal tanno, ma si vergognano ai mai ,are, aecid.ono ai essere igaoranti, ma si tormentano di esserlo. Il discorso va per 1e lungile. Io vorrei concludere che anche oggi è a pochi amaato di pensare e di parlare a tutti e per tutti e questi pocni non debbono tradire l'ufficio loro; "orrei dire a quelli che nanna vocazione di artisti, di non dimenticarsi mai deli'artigianato, ciò cne ha virtù ai riscattare qualsiasi co1pa e insumcienz.a ai ispirazione. Vorrei dire ai gran sacerdoti della parola di non lasciarsi :<;orprendere da troppe estast nel loro santuario e di dare ascolto alle turbe cne vogliono comessare le proprie necessità e hanno desiaerio ai parole ai co,11orto. Si ricordmo che, se gli uomini hanno ad essi attidato, come un brigoso sovraccarico, il magistero della parola, essi non debbono farsene un vanto stolto e chiudersi nel proprio adorno robbone, pciichè, se ancora una speranza di salvazione per questo oifuscatissimo mondo esiste, essa è nelle forze dell'intelligenza, mai forse stata cosi viva come oggi. Lascino il cesello all'orafo, l'intrigo di forme al leguleio, le complicate sagomature all'architetto, l'esprimersi sotto velo alle pitonesse - da Delio ai templi democratici ; lo so che, nel parlar nascosto e nel sottile ragionare di cose non a tutti sensibili, l'umano ingegno può trovare nuove gioie, come in ogni astrazione c'è il germe di una nuova poetica, ma gioie c'erano anche nella costruzione del Labirinto, in quel fare prigioniero lo spazio in paurosi meandri ideati da una pazzesca fantasia, ma il costruttore rimase rinchiuso. Si può dar vita ad una parvenza di mondo - un mondo fatato, fiabesco, di strane consolazioni - anche con le ombre cinesi; ma chi può veramente pensare che la vita di quelle ombre abbia alla fine il potere di attrarci più di quella degli uomini, coi suoi molteplici atteggiamenti, con la sua ricchezza di soffrire e di sentire? u Parole, parole, parole » ci ammonisce dal castello di Elsinore un pallido principe che non muore mai e che si è fatto fratello a ciascuno di noi attori della moderna commedia. La parola è un veicolo; le occorre una certezza da trasportare. La parola è uno strumento; le occorre un fine. La parola è un soffio; le occorre un'alta ispirazione per diventare uragano di poesia che schiomi le dure capigliature delle passioni selvaggE-. E un dis<iegno del mondo contingente che ci prende talora e che ci ispira la volontà di allontanarci artificiosamente, aeandoci un sopramondo dove si stia bene in pochi, una surreallà fittizia, una atmosfera da elisiache contemplazioni nella quale restare sospesi? Ma ci pare generoso questo? Uomini della parola, fatevene uno scudiscio mai un piattello per raccattare le· elemosine. Discendete dal canestro che vi preparò quel giorno lontano, a mezz'aria, il sardonico Aristofane; ricordatevi delle voci sublimi che si sono levate nei tempi a dare senso all'esistenza, parole che hanno sostanziato la civiltà che viviamo e che, dal Vangelo alla Commedia, dai classici al Leopardi, costituiscono una sola inconsutile tessitura. · Vorremo noi lasciare questi poveri uomini che sono discesi, come le vipere, nel bagno abbandonando a riva il meglio di loro stessi, la loro prerogativa di bene e di male, senza una guida che li richiami tra le acque, senza un pensiero che li I icordi in avvenire, nella continuità delle generazioni? Le parole sanno talora p1omuovere grandi fatti, talaltra sono esse stesse più alte e più necessarie allo spirito di qualsiasi azione di mano carnale. ARMANDO RAVAGLIOLI 2 FondazioneRuffilli- Forlì Presentare ad un ampio pubblico una rivista, nata un anno fa modestamente come palestra di esercizi intellettuali di un gruppo di giovani e poi allargatasi fino a raccogliere decine fra gli scrittori di più fresco respiro, è impresa ingrata. Arido è tra,~ciare degli schemi per l'avvenire, borioso fare dei giri cli orizzonte impegnativi, specie per chi parla per la sovrabbondanza del sentimento, nel pullulare delle prime reazioni ai fermenti spirituali. D'altronde una rivista di giova• ni, non essendo un organo statico, non va puntellata con troppo energici àpriorismi. VIA CONSOLARE si presenta da sè, con un suo tono cordiale, aristocratico, aperto a tutte le esperienze. Se noi cresceremo - siamo giovani, e abbiamo ancora il diritto di sperarlo - essa crescerà con noi. Ma di alcune nostre certezze e di alcuni pùnti fermi della rivista possiamo fin d'ora garantire: la serietà morale della nostra ricerca, la nostra sensibilità alla poesia impreziositrice dell'esistenza nelle piccole e neJle grandi cose, la totale donazione delle energie al popolo italiano che noi possediamo nel nostro cuore usufruendone di tutta la impareggiabile tradizione, che fiancheggiamo nella sua avviata rivoluzione sociale, al quale intendiamo essere in testa nella decisione di riconquistarsi il Mediterraneo. Anche la nostra anima e la nostra cultura hanno sete di Mediterraneo, fulcro della nostra geo-eticità. Per giungere a questa riconquista dei valori tradizionali della cultura italiana, senza retrocedere di secoii e senza ignorare quanto il mondo europeo moderno ci ha dato, occorre molta sincerità nel definire i termini della nostra interiore inquietudine, molta spregiudicatezza nell'accogliere la parola di fede e d'ingegno da qualsiasi parte proveniente, senza irrigidirsi in rigorismi ~enza senso o magari nel giovanilismo di anni di un sapore ormai 'più che stantio. E bello che, iniziatore di quesfa gravosa ma signifkativa impresa, sostenitore rii qi;esta volontà di dare un timbro di una tonalità inconfondibile al pensiero giovanile, di offrire alle 1mgliori forze il mezzo di incontrarsi e nell'incontro affinarsi, non :;ia un qualsiasi sporadico gruppo mtellettualoide, ma sia un Guf, un vivacissimo Guf che, sacrificando c;erte esigenze organizzative, offre simpaticamente queste sue pagine a tutti i giovani d'Italia. Ottimismo per l'avvenire? Senza dubbio. Fede ce n'è; qualche idea anche. Il pubblico dei lettori e degli amici non mancherà. VIA CONSOLARE

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