LA RAZZA: UN PROBLEMADA NON DIMENTICARE Neslan~ituaelianovnisontaor~ear~aric Una bestemmia, que1la deLl'ebreo Cesare Lombroso, serpeggi.a ancora più o meno evainescente, più o meno falsamente iridata nei ,manuali scolastici: « la razza latina in decadenza completa nel basso impero non riuscì più a rialm.rsi se non riteunpra.ndosi con le vigorose r.az1ie barbariche >. Il temibile vezzo di considerare col Gebhardt l'Italia come una pista percorsa da Ga,lli, Spa,gnoli, Greci, Africani, Goti, Longobardi, Slavi, Tedescn1... arfeòti da un estetismo geografico, insinua una mostruosa idea d'un imbastard:imento g,enerale la cui falsità storica vogJiamo dimostrare richiarmandoci agli studi di c. Balbo, che già altrove illustrammo, e a quelli più recenti e sistematici di C. Cipolla. A. Fouilié ftantastioo un'Italia ecumenica ,nella quaie nel tempo si è dato « un reruct,ez-vous sécuilaire de tou,t:es les races humaines> per cui «du sang des Qui-ri<tes il ne reste aujourd'hui à peu près rien >. Attorno al superficiaUs,mo di quest'ddea si polarizzarono molti altri scribtori stranieri e nostrani che non osarono in vero negare una nostra continuità ideale, ma questa si concretizzava in un senso nazionale sperdentesi in un mareggi.tare di evanescenze. Questo atteg,gLamento antistorico 1ivive, purtroppo, ~n alcuni anfibi d'oggigiorno sebbene non abbia mali avuto cLttadinanza tra noi. Per esialta11ela terra sempre rifiorente con le azzurrità del suo cielo e del suo mare, secondo oleografie, vi si chiarmano i barbari delile steppe, delle turudr,e e delle foreste e si ripete la storia a orecchio. X La rivoJta di Odoacre, che ailcuni frettolosi necrofili hanno voluto narrare in pagine listate a lutto, non si compi senza spargimento di sangue. Ma la guerra nè lun,ga nè disastrosa 1110nmutò la nostra fisionomita etnografica. La tradizione che descrive la trasformazione del 476 come l'effetto di un'invasione forestiera è tarda: Eruil, Rugi, Turcilingi, formava4 FondazioneRuffilli- Forlì un'accozzaglia di genti germaniche il cui numero 1110npoteva essere moJto forte poichè si trattav,a di gen;t,es assoldate e non di popolazioni trasmigrate. 11 Dahn e J'Hasenstab ~imitarono, per il periodo della conquista a 250.000 anime circa, tutta intera la popoLa:zione che, per testimonianza di Procopio non si fuse per via di matrimoni con La stirpe indigena. Nella politica religiosa di Teodorico si trova la negazione del concetto di fiusione: questo imperatore infatti, mai propenso .a.d .alcun proseUtismo, desideroiva che i due popoli se- ,guissero le loro rispettive tra.diziond. La clvHtà romana che si insinuava tra i Goti era. da questi riguardata come un attentato alla Joro nazionailità: le loro violenti reazioni ai tentativi di romanizzazione pro=o come essi conserva;SSero la loro .autonomia civile e il loro lsolarmen.to etnico. Teodorico aveva sl espresso che i suoi • Romanorum prudentia.m et virtutem ,gentium possiderent > ma poi dovette seguire una politdca d'opposizione che però non appagò il malcontento ostrogoto che divenne generale e s'approfondi quando Amalasunta volle dare ad, AtaJarlco un indirizzo romano. Atal,a,rico g~unto al potere, ten111edivisi i due popoJi dal quali esigeva un ,giuramento in fomrnle diverse. Qu,esto spirito nazionaile g·oto che vibrava aincora in una compagine etnica resa possibile per una ,lunga pollitica dsolazlonistica s'arroventò ai1la elezione di Viitige. Quando l Goti, alla loro volta, dovettero assapora.re l',amaritudine della scon-fitta, pattuirono con Nar.~,e•te di uscire tutti d'Italia. Questo esodo goto accennatoci da Procopio, cl è confermato da un .anonimo latilllo: « tobius Ltaliae rpopulos, expulsis Gothis, ad pristinum red•ucit (Narsete) g,audium >. Sicchè dall'invasione e predominio dei Goti in Italia fi,no a1'1a loro uscita, pressoché totme, non ci fu e non cl poteva essere una tale mescolanza di sangue di PAOLO GUIDOTTI }tali.ano ed ostrogoto da lasciare traccie nell'etnografia nostra. Ragioni militari, religiose e clvili che mantenevano un assoiuto diistacco d'imparenta.mento. Subentrata 1(). dominazione bizantina, questa, che per il suo carattere militaTe e non colonizzatore e per ila sua fugace apparizione, non potè minima.mente influire sulla nostra fisionomia raz:>Jiale,fu sostituita da quel.Ja 1 longobarda. La gente longobarda, scrive il Baibo, fu senza dubbio poco numerosa, come apparisce ct,aLnon aver mai potuto occupare tutta La Penisola, non Ravenna, non Roma, non Na,poli e parecchie altre città minori all'intorno di queste tre magg,iori; d,al non aver potuto cacciare mai i Greci, daJ non ave·r mal potuto resistere alle scorrerie dei Franchi. A. Manzoni nel « Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda in Italia> dimostra come tra Italiani e Longobardi divampasse un grande odio :e nega ai! Muratori che i Longobardi s'imparentassero coi Romani. Nell'opera citata non ,accenna se la fusione potesse essere a'Vvenuta qu,ando non c'eraJIJ.opiù vindtori e viniti ma gli uni e gli altri obbed,ivano ai Franchi. Nell'Adelchi però dà implicita.mente una risposta neg,ativa poichè parlaindo alla Nazione italiana le d1ice: l"un popo.o e l'altro che insieme si fusero: i! forte si mesce col vinto, sul collo vi sta. La fusione delle due stirpi germaniche intuita ilnicament,e dal Manzoni, fu un !atto stor:co come la separazione matrimoni.ale di queste con gli italiani. Dalle testimonianze di Paolo diacono che nel cap. 11 del I lib. deJ,la sua Historia Longobardorum ne ricoraa la paucitas exercitus e neJ 13° afferma come essi assai presto ut beUorum possint annpliare nttme:rum plures e servi/.i ingo creptos ad libertatis statum perducunt e da altre considerazioni storiche possha!mo concludere come ilil rea1tà: i Longobardi non .costituissero quella fiumana di popolo che comunemente si suol credere. Le tesbi:monianze di Tacito che nel cap. 40° delVIA CONSOLARE
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