Chiacchierata "de uctoribus,, L'anno oomico 1940-1941 già si 'f1T'Oflla a.li' oriZzonte: le compagnie sono quasi tutte /orm.ate, gli attori più o me11-0 sono tutti sistemati. Si pensa al reperario. C'è in Italia verantente chi tralascia i sonni per questo assillante problema ed è Gherardo Gherardi, redattore teatrale di Film, autore ronvintissi,no del 'f1T'O'f1T'ÌO eecezÙ)11alevalore com.e tutti i su,oi colleghi ro,nani. A Roma, negli oscuri circoli della birreria Dreher o dei caffè orribili ma mondani di via Veneto, vegeta e prospera lo stato .maggiore del teatro italiano. Capa ne è Viola il quale ha anche il nome da condottiero (Cesare Giulio), componenti ne s011-0Cantini, Gherardi, De Ste/ani, segretario Catal<ù>. Nicola Manzori 11-0nha ancora (a quanw sappia1no) l' onore di vivere in famigliarità con questi colossi di lnteUigenzo. Se Viola è il capo riconOScìUtO, Gherardi è il difensore di ufficio di questo odiosissi1no gruppo di « autori romani», che, organizz.ati in vera e propria cricca, hanno si può dire ,nonopoliZzoto nelle loro mani il teatro italiano. Ora il Gherardi, con cifre statistiche dati e bilanci, viene a dim.ostrare che la produzione italiana (co1ne se si trattasse di scarpe o di formaggi ...) non copre il fabòisogno delle nostre formazioni di prosa. La risoluzione è semplicissima: aprite le porte ad altri autori ed ai giovani, invece di ridurre il « teatro italiano» ai soliti dieci nomi di persone che, pur essendo intelligenti, lavorano molto spesso più per il buo11-0 del Tesoro che non per l'Arte. E' ora che nel nostro teatro ad attributi quali «fama», « pop,Jilarità » sia11-0 sostituiti altri oome « valOre » • nobiltà » ecc. Ha fatto chiasso nella 11-0strn Nazione il successo cla,noroso di « Piccola città» di Thornton Wilder. Si tratta di un lavoro americano, daUa tecnica nuova e arditissima, che ricorda in alcuni punti Pirandello e Molnàr, ma che arriva a significati di altissima poesia. Per la sua struttura formale, in completa antitesi a quella che è l'impalcatura millenaria del teatro, per il linguaggio sca.mo e immediato, per la nobiltà e l'umanità a cui è improntata, « Piccola città» di Wilder fu il classico pug,1-0 nello stOntaco ai cervelli borghesi che reagir011-0 vioZentem.ente a questo tentativo di alta poesia. E nOi giovani che a Milano ci bat• VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì temm.o _in sala a urli, a inotteggi, a instùti, a pugni per decretare il giusto trionfo a questo capolavoro, sappia111-0quanta ostilità aveva incontrato. Ma i giovani « tewtranti » di Mila· 71-0 tributar011-0 oommossi 31 chiamate al terzo atto di « Piccola citl;à », men,. tre i troppi fessi che circolano indisturbati per il nostro bel Paese uScivano mortificati ed astiosi. Si ebbero, a Milano e a Roma,aecine di repliche a teatri esauritissimi. Molti 11-0nJur011O convinti; tutte le sere i oontrasti affiorarowo, ma il grande trionfale successo ci fu e si concretò in un magnifico esito finanziario. L' entusias111-0puro e vero si verificò al sabato ·teatrale: l'umanità semplice e i1mnediata di Piccola città scese al cuore degli umili laooratori. u,i operaio elettricista, venuto a riparare il telefono in casa mia, sentendomi difendere « Piccola città » al microfono, finita la conversazione, mi disse che l'aveva vista anche lui e che gli era inolto piaciuta. Aggiunse in dialetto meneghino: « L' è inutile... 1nolti la capissen no ! L'è conte la 1nUSica classica ... » Avrei abbracciato quelZ' operaio, co1ne invece avrei preso a s01wrissimi calci quegli optùenti co,n111,1Jndatori che, durante la scena del cimitero cosi suggestiva, agitavano mazZi di chiavi a mo' di scongiuro. Tornando a bomba, si è parlato di successo fina11ziario di « Piccola città » e questo noi vogliaino. E' giunto il ,nomento che le opere d'arte diano il giusto premio ai loro geniali creatori e ci auguria,no che un sim.ile lieto evento si verifichi l' anno prossimo per un lavoro italiano. Perchè ciò accada bisogna epurare le nostre scene dai lavoretti meschini e borghesi, dalle commediole pseudo-rosee e com.merciali, da tutto ciò che è ins01nma o il risultato di cervelli impotenti o rammolliti o la scusa per guadagnar quattrini, sfruttando la Jacilità con cui il pubblico abbocca. Occorre asrolutam,ente defenestrare i venditori di oommedie per Jar posto agli artisti. Impedire cioè il continuo abu.sivo lavoro degli Adami, Mazzolotti, De Stefani, DeJlo Siesto, cataldo, Ma11zori ecc. per rappresentare invece Betti, Landi, Meano, Duse, artisti nell' a11ima e nelle opere. W necessnrto far largo ai atovani, tra i quali ve ne sono molti degnissi11•i tra i quali Pi!fClli, Angeli, Zardi, Fabbri e poi Rebora, CentazZo, Muraro e altri ancora, intelligenti e geniali, simpaticamente fantasiosi, inesperti /orse ancora, ma nobilissimi nelle conceZioni e negli intenti. Non è detto che la parola sia ai capoc011!ici o al pubblico, che il cervello sia in mano loro o altro di simile. Basta unirSi, stringersi insieme e fl· schiare, fischiare, fischiare senza pietà le opere Jormologiche, laide, ripugnanti, banali, instùse, false che et vengo11-0 ammannite dalle ccmpa.- gnie. Basta silurare con energia la ripresa af fiorawte dell'insopportabile teatro r011iantieo e ottocentesco. Basta impedire le riprese dei Nìccodemi, dei Praga, degli Adami, degli spacciatori di inonete false. Basta infine, a una com.m.edia nuova, agite, bella, poeti.Ca, umana, ar.tistica, spellarsi le mani, anche se è italiana, perchè a1tche fra noi vivono i poeti e gli artisti veri. Uoliardi di tutta Italia, unitevi con slancio giovanile e iniziate una violenta azione epu.ratrice. Solame11-te con mezzi draconiani si può recidere il nodo gordiano che hanno creato i « soliti quattro autori » e le cricche inevitabili. E sarà un servizw reso aU' Arte, quella vera e immortale, quella che non deve tollerare più oltre gli instùti delle oentinaia e centinaia di repliche aUe • Fe-- licite Col01nl>O ». « Roba da cestino!» l'avrebbe dichiarata A/Ceste, ovvero « Il misantropo» per dirla col grande Molière. BocdceaLleone Opinionisulla Radio A Bologna, agli ultimi Libtoriali, forse, bisogna confessarlo, non siamo riusciti a metterci d'accordo. Eppure si dice che il nostro comegno di Radio sia stato uno dei più proflcÙi. Eppure in fondo si era d'accordo, noi sostenendo che la nuova fisionomia. estetica particola.re della radio doveva esser sintetizzata nella parola « cinern.atafoma » cioè abolizione dell' azione scenica per il trionfo dell' azione fonica, gli a,ltri sostenendo un genere di teatro distante dalla ribalta e più vicino aJ-Je possibilità espressive tanto diverse della radio. Eravamo d' accordo nel fine da raggiungere: affrancare la radio dai falsi preconcetti e farne una espressione artistica, una forma. d'arte diversa, tanto diversa èal teai',ro, quanto questo è diverso, n. almeno dovrebbe esser diverso dc.I ciner.,a. Solta!1t<> considerando questa espressione artistica radiofonica nelle· sue pc6Sibilità propagandistiche le avevamo con-cesso di diffondere per 21
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