A leggere certa stampa straniera in queste giornate che si proiettano tra la luce e l'ombra d'un avvenire indefinito ma certo, vien voglia di domandarsi se taluni gazzettieri hanno mai capito nulla della nostra storia, Proprio così. Certe sorprese, certi mal celati stupori, certi amari riconoscimenti che gemmano, al tepido raggio della primavera, dai quotidiani e dai periodici « più seri» della vicina Repubblica non fanno altro che confem1arci nell'opinione che oltre Alpe non si è mai compreso, nella sua effettiva luce, ciò che noi abbiamo sempre voluto, Ma forse è la logica della storia che impone codeste offuscate visuali, codest_iottenebramenti cronici, Forse siamo noi, con la nostra inconfondibile individualità, con il nostro marcato «Io» a favorire talune incomprensioni, Di ciò non ci preoccupiamo eccessivamente, sicuri che i giorni che verranno saran proprio i più adatti a rivelare la nostra personalità di popolo e d'Impero non come gretta e meschina capsula di egocentrismi sibbene come sistema pervio in ogni sua parte. Ma intanto che la volontà delle genti di questa tribolata Europa insieme col sangue darà il movimento alla ruota sonante della storia, cerchiamo di ripetere a noi stessi VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì 1»1tolio perchè noi rifiutiamo ogni eccessiva familiarità con gli um e con gli altri, con questa o con la tal' altra civiltà. Quando il Duce, in un discorso orma.i memorabile, disse che era finito il tempo delle « sorellanze e delle fratellanze » in rea1tà non fece che porre il suo suggello di fuoco su una verità sempre viva almeno nella coscienza più genuina degli Italiani di tutti i tempi. L'Italia invero è rimasta sempre Italia. Nello splendore della libertà e del progresso o nel grigiore dell'asservimento e della stasi, l' ltalia ha sempre avuto un suo singolare aspetto, un suo ruolo, una sua missione. Diciamola pure questa parola, pronunciamola alta, senza pudichi velami e ingenue ritrosie. Credere nella missione di un popolo non è sentimenl1!lismo, non è retorica : se la storia non è una corona di mistificazioni e di bugie, la missione è anzi una realtà, la più inconcussa delle realtà. Sappiamo sì che ancora nidificano purtroppo anche tra noi i pipistrelli del passato, gli intabarrati laudatores temporis acti, che alzano caste grida, che cianciano, gracchiano, squittiscono al solo sentir nominare la parola « missione ». Ne conosciamo uno, per esempio, venerando tuttavia sotto mille aspetti, che è riuscito perdi 1iel).i(J, 111,a,tteini fino a gettar giù queste parole: « Bisogna criticare e rifiutare il il concetto stesso delle missioni speciali delle quali i popoli dovrebbero caricarsi. In effetti, i popoli, non diversamente dalle persone, non hanno altra missione se non quella generale che è di vivere umanamente, cioè idealisticamente la vita, operando secondo le materie e le occasioni che loro si offrono e riportando di continuo lo sguardo dalla terra al cielo e dal cielo alla terret » • Con le quali considerazioni non è chi non veda come senza Mazzini, Gioberti, Rosmini,- senza tutta la corona dei grandi, disinteressati, generosi profeti, il Risorgimento sarebbe lo stesso ; senza Crispi, Oriani, Carducci, D'Annunzio, Mussolini il Fascismo, sarebbe ugualmente nella sua realtà di coscienza e d' Impero. Ma ]asciamo codesti relitti alla riva della storia finchè il tempo, con la sua inflessibile legge, non li abbia ravveduti o, che è più facile, non li abbia annichilati. Quel che ora c' interessa, quel che noi vogliamo sopratutto imprimere nel nostro spirito, incidere quasi materialmente nella nostra carne è l'ispirazione della razza a cui apparteniamo, la civiltà di cui siamo i depositari, i portatori, soli artefici, i soli custodi. 9
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