SESTANTE VIRTU' DELL'ATTESA L'attuale svolgimento della guerra nord-europea più che una forte pressione delle strutture spirituali di individui e popoli costituisce una specie di rarefazione dell'elemento ossigenato ; è l'impressione dei tremila metri che si ripercuote direttamente o per via di reazioni riflesse su tutti i· popoli di Europa, impri-. mendo ad essi un'ansia dell'avvenire, un senso di imprecisione per il presente, un desiderio di risolvere l'aleatoria situa'zione. Viviamo nel bel mezzo dell' impasto da cui domani verrà fuori la nuova costruzione europea, ma per noi contemporanei è, in certo senso, buio e silenzio. Buio e silenzio sono manifestazioni naturali delle più terrificanti e spingono gli uomini di non forte costituzione al bisbiglio sommesso, tanto per farsi cuore, non è fuor di luogo ammonire i pavidi contro simili effetti che questa situazione potesse inge• nerare. Virtù del tempo d'attesa è quella di sapere attendere, cioè tacere e pensare; non vin• colare la propria azione con prese di posizione meno opportune, non irrigidirsi in preventivi ed anticipati pronostici. L'Italia deve ricordare una volta di più quello che il Duce le disse, di considerarsi un' isola. Immersa nel mediterraneo ed assai poco connessa al continente; siamo già un'isola di pace, non idilliaca ed imbelle pace, ma pace operante, costruente ; dobbiamo esserlo anche negli spiriti. Si agitano nel nord dell' Europa sorti che per ora non sono le nostre ; i fini di guerra conclamati dalle democrazie non possono trovarci VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì consenzienti perchè la nostra po• sizione ideologica è chiaramente e fin dell'origine segnata e chiunque potrebbe ricavarla dalle nostre premesse e dalla nostra dottrina. Dobbiamo ricordarci che siamo immersi nel mediterraneo, che questo mare è per noi via e vita e che in fondo, solo in questo mare potrebbe essere giocata la grande partita di significato per noi profondo e comunque universale. Per questo ci interessiamo tanto a1 Balcani ; per questo osserviamo senza impazienze, ma anche senza veli sugli occhi, l'attività misteriofila dell'esercito d' Oriente guidato da Weygand. Petrolio? Anche petrolio. Ma il nostro primo obbiettivo è un altro, più umano : civiltà romana. Nei Balcani tutta la politica - azione e reazione - è sotto lo stimolo della diplomazia romana. La Russia non deve accostarsi al Danubio, baluardo del nostro mare ; i popoli del1' Europa sud- orientale hanno compreso quanta decisione fosse nel nostro monito e forse vanno comprendendo che solo con Roma, la quale vuole giustizia e pace per tutti, che non fonda la sua politica nelle contrapposiziont fra blocchi di potenze, può rinvenirsi anche l'amico fi. dato che consenta di liquidare in pace le vecchie pendenze revisionistiche fra stato e stato, consentendo alla Balcania quella tranquillità che gli uomini di occidente, usi a volerla quale alibi delle loro mosse di guerra e di pace guerreggiata, le avevano tolta imponendole il ruolo di « polveriera » d' Europa. Stavolta la Balcania ha dato prova di sangue freddo. Le garanzie londinesi e parigine non hanno eçcessivamente dato a sperare agli uomini d'arme o a quelli di stato. La novità della esistenza fra di loro di una potenza di prima grandezza, che vivesse della loro stessa vita, della loro tradizione, della loro storia, attorno alla quale fosse possibile riconoscersi e raggru• marsi, ha avuto questa singolare potenza chiarificatrice. Roma non è per l'egemonia nei Balcani, come non è per l' ingigantimento di un popolo a spese del!' altro. Essa chiede solo che si superino le artificiose barricate create dalle montagne di carta dei fascicoli dei trattati. Vuole, l'Italia, che ogni popolo si rappresenti dal vero la realtà dell'altro popolo e comprenda in virtù di un ragionamento di profondo realismo, come non sia possibile mantenere uno di questi in durevole condizione di minorato. Questo come punto di partenza. La legge dura che l' Italia imperiale impone è quest'altra : vivere in pace, smobilitare le barriere opposte ai reciproci traffici, ascoltare la voce millenaria che fa Roma risuonare nelle terre e nel sangue dei popoli balcanici per tutelarsi contro l'inciviltà bplscevica, per garantirsi contro i «garanti» di oggi, di cui uno è un popolo arrivato, di altre tendenze e di altra sostanza da quella dei popoli del v1cmo oriente, e l'altro è un popolo fuori della nostra civiltà e della nostra sensibilità mediterranea. Vedremo ora quali e quanti saranno i popoli affacciati al mediterraneo che sapranno valicare le onde dei malintesi, dei falsi timori e dei falsi pudori e sapranno sbarcare a quest' isola di civiltà, la grande madre, Italia. ADSUM 7
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