Troppa gente sottovaluta ancora il cinematografico come mezzo di affermazione artistica. C'è il passatista che in buona fede riesce a farti la concessione che tutt'al più nel teatro si possa fare dell'arte e che non si tratti più del solito spettacolismo del funambolo ; c'è anche chi per indolenza o per gretta adesione alla te,i del proprio tornaconto ti dice chiaramente che fàre del cinema un'arte è una chimera e che il cinema è ittdustria, noleggio, commercio tutto ciò che si vuole, ma che mai e poi mai potrebbe darsi che il regista, quest'uomo legato all' impresario da un banalissimo rapporto d' imptego, si debba prendere la rivincita di fare del film itna cosa sua, sì da legare il proprio nome alla posterità. Sarebbe eccesso di poteri; un'ingiustizia. Una lettera mandata da un amico al nostro Canessa ha provocato una chiara risposta. V e la facciamo conoscere perchè, volemlo, possiate dire anche voi la vostra e per• dimostrare che c'è aw.:ora al mondo qualcuno che scrive epistole diverse da quelle classiche che cominciano: « Ti scrivo questa lettera per farti sapere che sto bene e così spero di te..... ». Carissimo Canessa, In fondo il problema dell'estetica cinematografica è nella fissazione del. .... responsabile. Voglio dire : !n arte - nelle altre arti - noi lo individuiamo subito: l'autore, l'artista. Ma al cinema ? Il regista? Chi è in fondo che si serve e trasforma (e annulla, cioè, in sede di valutazione artistica) soggetto, attore, fotografia, montaggio per dar luogo all'unità, al clima, al significato fi. nale ? Il regista. Mi pare lui il poeta. Ora si tratta di vedere come lo si deve considerare, questo singolare poeta nei confronti dell'Estetica. Rientra nell' Estetica d'arte? O non è necessario crearne una per lui, di estetiche ? Vedi che gli interrogativi sono incalzanti ! 24 FondazioneRuffilli- Forlì una, letteia, di {J,ad-to.ne{!,a,ned-d-a Bisognerà far vedere come la tecnica - pur essendo prevalente al cinema con le altre arti - è, anche nel film, al servizio dell'intuizione poetica. Per esempio, mi citi : « Sei ore di permesso ». D'accordo. E me lo citi per la tecnica. D'accordo, dico. Ma in sede poetica io boccio il film. E per un motivo prettamente este• tico. La materia frammentaria non fonde per un grossolano amor della tesi e per una mancanza congenita di capacità di scavo - mancanza spirituale. Le sequenze più liriche sono quelle più ingenue. Se lo confrontiamo con quell'altro esempio di film frammentario che è : « Carnet di ballo », abbiamo la misura di certe defiéienze sostai;iziali, cioè poetiche, cioè d' ispirazione_. Tuo F. Carissimo F., Io non credo affatto che per il cinema si debba parlare di particolare estetica, con propri principi e propri canoni, tino a quasi diversificarla, come è stato fatto malauguratamente, dalle altre arti in ciò che appare in esse più apodittico : l'unità della personalità creatrice. Dunque, e questa è verità assolutamente indubitabile : nella « natura del mezzo •, per così dire, nella tecnica particolare cioè, va senza altro ricercata l'origine di ciò che costituisce la- novità e la peculiarità del cinema in confronto delle altre arti, e quindi negli elfotti nuovi e impensabili che questa te• cnica ha reso d'ora in poi possibili ; effetti però che perdono qualsiasi significato estetico se non rientranti in quelle, ormai universalmen1e definite, qualità, che si richiedono per fare di un lavoro uscito dalla mano dell'uomo - e, nella sua parte spirituale, di un sol uomo - un'opera d'arte. Ora, è per la sua inusitatezza le• cnica e per le talvolta sconcertanti applicazioni che questa 1ecnica - o meglio, in questo caso, la scienza ottica e meccanica - ha permesso, che il cinema è apparso arte sì, ma in modo diverso da tulle le arti tradizionali. E per la complicatezza di realizzazione dell'opera cinematografica, così come se ne è andata sviluppando la formula, (misto di teatro, di valori pittorici, di situazioni romanzesche, di intuizioni dovute al moderno progresso psicologico e scientifico, e, ora, anche di pout-pourri mu~icali), si è creduto che un uomo solo non potesse arrivare a soprassedere alla creazione di una tale opera - complessa, ma multipla solo se e~teticamente non riuscita - e che invece diverse menti vi dovessero avere una funzione distinta e coordinata, nessuna preminente. Ma tale complicatezza, dovuta alla tecnica e forse più ancora alla complessa organizzazione industriale di cui non si è saputo per ora fare a meno, non può non apparire a chiunque ne abbia la minima competenza, un elemento precario, e non essenziale e connaturato alla vera entità estetica del cinema. Sì che quotidiana è l'emancipazione da tale com-. plìcatezza e continua l'evoluzione e quindi la semplificazione dei mezzi meccanici accessori alla creazione VIA CQNSOLARII:
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