Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

ATTESA DI MAGGIO Un sole abbondante fluisce quest'oggi sul mondo nel lento fremito d'un vento che non piega .gli alberi, ma gonfia solo le gonne; scende sulla terra da quel globo che non è poi tanto lontano - ci saranno si e no venti metri di aria .fina e chiara -, s'adagia sulle colline, abbevera le zolle, le pervade, le plasma nell'improvviso turgore che sembra lievitarle. Scende per le tracce dei carri sulle strade, per i solchi, per le vene dell'acqua a fior di terra, vibra nelle polle, rischiara le minuscole gore dei fossati, tremula nel primo germùy,ared'erbe, spuntate stamane. È un' e.ffiuvio solo, un cantico, che so? Sento il palpitare del sangue, di questo sangue che mi alimenta e che sempre tace, ma che oggi folleggia nelle vene e grida in un corale di masse, di generazioni. Sul mare, mentre veloce cammino con questo treno che chissà dove mi porterà, il sole tinnula, sobbalza sulle onde sprigionandone lampi, scie metalliche, daghe fantastiche e lunghi pennelli intrisi d'ogni colore. Sui tetti di questo paese l' improvvisa venuta del sole batte La marcia della primavera. Oh, gente, gente, fatevi sull'uscio ; gente fra il mare e la campagna più verde fra quante ce n'è, ecco il tuo re. Ma le barche penzolano la prua, con la vela abbattuta, nel minuscolo porto, il grande viale si allunga lentamente, inutilmente affiancato d' insegne sbiadite, di tende di negozi, di specchi cui l'inverno ha roso l'argento. Due innamorati soli, potrebbero godersi la strada, ma passano invece in silenzio, alla moda di quelli di città, sotto un bianco palazzo novecento, troppo grande e troppo fastoso per loro. Dorme, questo paese, il neghittoso sonno del ghiro ? Le .finestre sul mare sono però tutte spalancate e invitano a capriole frenetiche con tutti i materassi sciorinati alla luce. Chi le abbia così aperte non si sa. Cammina, cammina, il trenino, e il paese, allungato con appendici di palazzi e di villette, pare che non voglia più terminare. E tutto è in silenzio. Ti vien fatto di pensare se abbia un'anima questo gran corpo. Dall'angolo di una casa sbuca fuori un uomo in camice bianco. Oh, è semplicemente il barbiere locale ; eccolo difatti che s' ingegna di ritoccare con un po' di colore il fianco stinto della sua bottega. Adesso ci penso e mi spiego come il paese non mandi la sua gente alla festa del sole, perchè di ragazze e di giovani non siano affollate le vie. Stanno tutti, indaffarati, nelle grandi case sul mare, o nelle penombre delle botteghe, a rimuginare avidi piani di battaglia, a ruminare quei manifesti multicolori di cui vedi gli ultimi brandelli abbandonarsi ancor oggi, da quest'estate, sulle cantonate. Perchè, gente, non vi godete questo primo trìpudio del cuore? Perchè arrovellarvi l'anima con conti lambiccati e pensare alla nostra gioia, di noi forestieri, domani ? Troppa industria su quel po' di pazza a_llegria della calura estiva. Troppo calcolo. Penso che la mia stagione non è questa dell'agosto in riva al mare. Penso che tra poco ..fioriranno nelle campagne tutte le mie piante, quelle che da anni amo ; penso che nessuno le pa~erà a festa, eppure saranno coperte di lucenti colori, penso alle strade gelose che portano ad uno smarrimento verde di filari e di siepi ; penso alle stelle che si spalancano come gli occhi del cielo. l'er la mia gioia basta così poco. Per questo, gente, io aspetto che arrivi maggio, nelle aperte campagne, sotto il pro.filo delle colline. ARMANDO RAVAGLIOLI J7IA CONSOLARE 17 FondazioneRuffilli- Forlì

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