Jo, il padione del mio cane Dall'alto scendeva un fioco giallore di luce che dilagava in una macchia chiara sul pavimento del gran corridoio. La lampada era piccina, 11uasi nascosta entro la vela della volta, dove i tubi del calorifero e i fili della lampada avevano disegnato nere macchie affumicate. Le porte del corridoio erano tutte .semichiuse ed entro il silenzio buio -che affogava lo sparuto cono di luce, .si sentivano incrociarsi sommessamente bisbigli misteriosi che trapelavano dalle fessure degli usci. Dietro di essi gli uomini forse discutevano o leggevano ad alta voce. La porta di fondo si aprì a un tratto -e, mentre un uomo uscì, si vide di ·scorcio un'anta di un'enorme scaffale ricolmo di libri. L'uomo sbattè la porta e, agitando nel passo le ·ali' bianche del camice, passò rasente al muro, sotto il tenue chiarore del lume. I suoi passi avevano una cadenza frettolosa e lieve, mentre la sua figura pareva un fantasma, nel gorgo bianco del camice ,che gli si gonfiava nel dorso. Essi ·si fecero più cupi, quando egli scomparve nell'altra camera dal pavimento di legno. Si senti il clic dell' interruttore e una luce più forte si sostituì nella stanza al grigiore che pioveva dal lucernaio, appannato dalla nebbia di quella sera autunnale. Come un colpo di tosse ribelle, dal cortile un grido di un c~ne ruppe il silenzio sommesso: un abbaiare curioso, inutile, sciocco. Seguì un latrare caotico, come di un'orda di lupi, che si spense poi in pochi •colpi sporadici come singhiozzi. Un lamento strozzato che parve di un bimbo uscì forse ancora . dalla gola ,di un cane e quindi tutto tacque di nuovo. FondazioneRuffilli- Forlì Il dottore tornò a ripassare dal gran corridoio e poi tutte le porte si aprirono. Quattro o cinque uomini, vestiti di bianco, uscirono e i loro passi si confusero in un chiasso pieno di scricchiolii allorchè entrarono nella stanza dal pavimento di legno. Il cane era legato al tavolo di contenzione e aveva una posa umana, con le zampe strette dal cuoio robusto delle cinghie. Dormiva. Ma i suoi occhi chiusi avevano un'espressione di sofferenza, mentre di tanto in tanto il suo petto si sollevava in un respiro più ampio che quasi pareva dovesse arrestarsi al sommo della sua elevazione. Uno degli uomini dal camice bianco si era rimboccate le maniche e con la mano gli palpava il torace. Qualcuno tossì a un improvviso odore di cloroformio e il cane si lamentò allorchè gli misero la maschera, ed ebbe un debole tentativo · di strappare le cinghie. - È un riflesso. Ha già una buona dose di morfina. - A un tratto il respiro della bestia cessò e si sentirono i battiti dei cuori degli uomini sospendersi in un attesa vigilante. Uno di loro battè un pugno sul torace della bestia, che rispose con un singhiozzo ma riprese a respirare. Il suo sonno era tranquillo. Gli rasarono la testa e poi gli scalparono il cranio. Si sentì il cigolare sordo di un trapano che pareva non girasse a suo dovere. L'uomo che lavorava prese un paio di grosse e robuste pinze e ne introdusse una punta entro il foro e con un colpo secco allargò la breccia nell'osso. L'animale sussultò spasmodicamente, ma gli occhi degli astanti non si mossero. Il cervello, macchiato dal sangue dell'emorragia, era ora scoperto. L'operatore si fermò. - Speriamo che non muoia, altrimenti bisognerebbe principiare da capo con un altro cane. Ora vedrete l'esperienza. - "Trasse dal tavolo dei ferri una spatola d'osso e con una mossa rapida la infisse entro la polpa molle. del cervello, la roteò e con essa recise l'encefalo in due pezzi spappolati. Il cane ebbe sussulti epilettici, guaì, urlò un grido soffocato e poi ricadde silente in un sonno accasciato. Gli uomini lo fecero preda di macchine e di ferri e alla fine gli recisero la carotide. Il sangue colò in nn secchio e si raggrumò coi peli e con lo scalpo. Un uomo vi gettò dentro un mozzicone di sigaretta, che crepitò un attimo nel sangue ; poi il corpo slegato e ormai disarticolato del cane fu gettato entro la pozza del suo sangue. Gli uomini se ne andarono vociando. La campagna era buia e la strada ci correva incontro simile a una serpe nera, brillante sotto la luce dei fari dell'automobile. A un tratto la serpe parve piegarsi in una contorsione rapida. Sentii lo squassare della macchina frenata e il mio cuore palpitò nel silenzio e il suo rumore dominò il motore. Il mio cervello si agitò mentre il mio corpo immobile si affidava alle mani del guidatore : ripassai con la memoria tutta una vita, pensai a mille nomi, volli Dio vicino. Il fascio di luce dei fari girò come una falce sulla campagna, illuminò in un getto roteante di splendore VIA CONSOLARE
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